Uomini & Imprese n° 16 – novembre 2017
Si sceglie l’Autority, ma l’UE non c’è
Sullo scacchiere globale, politico e istituzionale, l’Unione Europea non è mai riuscita a recitare un ruolo da protagonista. Imprigionata nel giogo dell’antagonismo dei Paesi che la compongono l’UE è riuscita a costruire ben poco di comune: non una politica estera, non una difesa, non una politica fiscale e nemmeno un bilancio. Di importante, in comune si è solo data una moneta e una pletora di normative burocratiche. In questi 60 anni di vita – festeggiati proprio quest’anno – l’Unione Europea non è nemmeno riuscita a creare un ‘sentiment’ comune. A sopperire a questo deficit identitario ci sono però alcune iniziative di politica comunitaria industriale ed economica. Tra le altre, l’aver cercato di individuare una specializzazione industriale comune: quella manifatturiera col cosidetto Piano Tajani, che prevede di arrivare entro il 2020 a un’incidenza della manifattura pari al 20% sul PIL comunitario. Ebbene, una UE che scommette sulla conoscenza e sull’innovazione, sulla tecnologia e sulla manifattura non può assegnare le sedi di due delle sue più importanti Autority – EMA (Agenzia europea del farmaco) ed EBA (Autorità bancaria europea) – mediante un sorteggio. Come diceva una canzone di De Gregori “sono da queste cose che si giudica un giocatore”. L’EMA ha il compito di valutare l’entrata sul mercato di medicinali delicati, talvolta indicando i trend di un settore industriale tra i più ricchi di innovazione. L’EBA gestisce le dinamiche finanziarie che sono sempre di più influenzano i processi economici e industriali. Ebbene, non mi interessa entrare nelle scelte ma nel merito delle medesime. E occorre dire che una comunità che vuole essere tale, due scelte così strategiche avrebbe dovuto compierle su valutazioni di merito. Invece non solo abbiamo assistito ai soliti stantii rituali della politica politicante. Ma abbiamo dovuto essere spettatori anche del gioco della casualità. Anche stavolta, l’Europa non c’è stata.
Luca Rossi