Uomini & Imprese n° 15 – giugno 2017
Sessant’anni d’Europa: serve tornare a sognare
I sessant’anni che l’Unione Europea ha compiuto nel marzo scorso non devono essere solo l’occasione per una celebrazione di un passato glorioso bensì lo spunto per una riflessione su un futuro carico di sfide. Roma è la città che ha ospitato la firma dei Trattati costitutivi e il nostro Paese uno dei membri fondatori di un ambizioso percorso che, alla luce degli scenari geo-politiche attuali e dei processi di globalizzazione, non si può non definire lungimirante. L’introduzione del Trattato di Schengen, con la conseguente abolizione delle frontiere interne, e l’avvio della moneta unica sono solo due esempi di scelte politiche che hanno fatto la storia socio-economica e ne hanno soprattutto determinato le dinamiche. Oggi, però, questa Europa non basta più né ai suoi Stati membri e neppure a sé stessa. Quel progetto ambizioso varato nel marzo 1957 occorre affermare che si è incagliato. Ecco perché è quantomai necessario fare una seria analisi sul ruolo che vogliamo dare all’Unione Europea. Non avrebbero dovuto essere necessari fenomeni quali la Brexit, l’avvento di Trump o l’onda di Macron o il fenomeno migratorio per costringerci a ripensare il nostro futuro comunitario. Ma tant’è. E allora occorre riportare al centro del dibattito i grandi temi che possano contribuire a dare una identità allo stare insieme, come fece quello della moneta unica. A Roma, nel corso delle celebrazioni per i sessant’anni è stato presentato un Libro Bianco, le cui pagine esaminano il modo in cui l’Europa cambierà nel prossimo decennio: dall’impatto delle nuove tecnologie sulla società, in particolare sul mondo delle imprese e sull’occupazione, fino a quelli della globalizzazione, alle preoccupazioni per la sicurezza. Il tema però non è però se questa Europa è in grado ancora di ritrovarsi attorno a dei sogni, ma semmai se ne avrà la forza e la volontà di portarli a compimento.
Luca Rossi