Uomini & Imprese n° 14 – marzo 2017
L’Italia è incapace di attrarre talenti?
L’Italia è un Paese in conflitto con il proprio futuro. È il quadro che emerge dal Global Talent Competitiveness Index, la classifica internazionale di 93 Paesi che tiene conto della capacità di far crescere, attrarre e trattenere i talenti. L’analisi colloca il nostro Paese al 40° posto nella classifica generale e al 25° in Europa. Rispetto al 2016 l’Italia guadagna una posizione, ma resta comunque dietro a molti Paesi dell’Europa centro-orientale e a Barbados, Cipro e Costarica. Il rapporto ci vede posizionati intorno alla media dei Paesi ad alto reddito solo per quanto riguarda le competenze vocazionali e tecniche e per la capacità di far crescere, in tutte le altre dimensioni l’Italia è posizionata peggio dei Paesi appartenenti alla stessa categoria di reddito. Interessante è notare come la dimensione ‘Crescita’ ci spingerebbe molto più avanti, se non fossimo il 74° Paese per spesa nel terzo ciclo formativo, il 57° nel lifelong learning, il 114° nello sviluppo dei lavoratori dipendenti e il 111° nella capacità di delegare l’autorità. Ma occorre andare al di là dell’aspetto meramente numerico per fermarci in qualche riflessione, anche alla luce dei repentini cambiamenti che la quarta rivoluzione industriale comporterà in tema di competenze, formazione e cambiamento degli skill professionali. La nostra collocazione tra le grandi potenze mondiali, alla luce del perdurare di questi dati, è destinata a indebolirsi rapidamente in un contesto nel quale lo sviluppo dipende sempre più dalla conoscenza e dunque dalle persone. Ai dati negativi sulla disoccupazione dei giovani, si associano quelli sul brain drain: dal 2010 al 2020 si stima che l’Italia avrà perduto circa 30.000 ricercatori, costati al Paese oltre 5 miliardi di euro in formazione e che andranno a contribuire allo sviluppo di altri Paesi che non hanno sostenuto questo investimento, ma che sono in grado di offrire condizioni economiche e di lavoro più attrattive. Il Gtci di quest’anno punta i riflettori sulle competenze digitali: la Commissione Europea stima che in Europa possano mancare circa 750.000 professionisti ICT, di cui 135.000 in Italia, con un gap che raddoppia ogni 5 anni.
Luca Rossi