Metaverso: ci sono 141 mondi virtuali e 308 progetti realizzati da 220 aziende

Pubblicato il 4 febbraio 2023

Tanti mondi virtuali, ma nessun Metaverso. Sono già 141 i mondi virtuali esistenti, popolati dagli Avatar di centinaia di milioni di persone, con regole, funzionalità e modelli di business differenti. Mondi in cui le imprese stanno compiendo i primi investimenti: si contano già 308 progetti internazionali, realizzati da 220 aziende a livello globale. Nonostante questo fermento, il vero Metaverso ancora non esiste, perché non è ancora possibile l’interconnessione tra i diversi mondi virtuali. Le potenzialità del nuovo universo digitale sono quindi tutte da scoprire.

Lo rivela l’analisi del nuovo Osservatorio Realtà Aumentata e Metaverso della School of Management del Politecnico di Milano, che anticipa alcuni risultati della ricerca che sarà presentata integralmente il prossimo 20 aprile. L’Osservatorio, innanzitutto, ha provato a definire il concetto di Metaverso: un ecosistema immersivo, persistente, interattivo e interoperabile, composto da mondi virtuali interconnessi tra loro in cui le persone possono socializzare, lavorare, effettuare transazioni, giocare e creare, accedendo tramite strumenti di realtà estesa.

“Di certo, il Metaverso sarà la prossima grande rivoluzione dell’interazione online in spazi virtuali condivisi e interconnessi in cui gli utenti possono muoversi, condividere e interagire tramite la propria rappresentazione digitale” spiega Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio. “Ma il suo futuro è ancora tutto da scrivere. Solo alcuni dei mondi esistenti potranno diventare interoperabili e componibili. Di fatto, il Metaverso ancora non esiste, anche se già centinaia di milioni di utenti hanno iniziato muoversi e comunicare in questi spazi virtuali. Sta alle aziende ora costruire esperienze virtuali stimolanti e offrire value proposition significative”.

I mondi

I mondi virtuali per costituire il Metaverso devono avere le seguenti 8 caratteristiche: persistente, accessibile da tutti, immersivo, modulabile, interoperabile, transazionale, consentire il possesso di asset e la rappresentazione tramite avatar.

Secondo l’analisi dell’Osservatorio, dei 141 mondi virtuali esistenti solo il 44% (62 piattaforme) è già Metaverse Ready, ossia è liberamente accessibile da chiunque, persistente (continua cioè a esistere in maniera indipendente dalla presenza o meno di un soggetto), economicamente attivo, dotato di grafica 3D, con componenti di interoperabilità che permetterebbero di utilizzare gli asset digitali in maniera cross-platform. Rientrano in questa categoria piattaforme come Decentraland, The Sandbox o l’italiana The Nemesis.

Il 33% dei mondi è Open World, ossia è uno spazio virtuale aperto, persistente, modulabile e immersivo, che raccoglie progetti appartenenti ad ogni area di interesse, prestandosi sia ad un utilizzo da parte delle imprese sia a finalità sociali, ma senza elementi in grado di supportare l’interoperabilità. Ne è un esempio Horizon Worlds, uno dei prodotti di punta di Meta (che se in futuro decidesse di integrare gli NFT, potrebbe rientrare nella categoria Metaverse Ready).

Il 19% è della categoria Focused World, cioè dei mondi virtuali settoriali i cui progetti sono focalizzati su una particolare area di interesse (gaming, commercio, formazione, collaborazione lavorativa), come Fortnite e Microsoft Mesh. Ci sono poi Showrooming World (il 4% del totale), come Musee Dezentral, vetrine virtuali destinati all’esposizione, ad esempio per opere d’arte di artisti e collezionisti, senza la possibilità di creazione da parte dell’utente e senza la presenza di un’economia interna. Esistono anche spazi temporanei (Temporary Space) creati per uno specifico evento o manifestazione, che non rientrano nell’analisi, perché senza i requisiti per essere considerati veri e propri mondi virtuali.

I progetti

Nonostante il Metaverso non sia ancora pronto, le aziende stanno dimostrando forte interesse e stanno testando l’ingresso in mondi virtuali. Sono stati censiti 308 progetti realizzati da 220 aziende. La maggioranza riguarda i settori del Retail (30%), dell’Entertainment (30%) e dell’IT (17%), ma si trova anche un 9% di progetti Finance and Insurtech e il 5% Food&Beverage. La maggior parte propone servizi per intrattenere la Community dei brand e attirare nuovi target, per aumentare la visibilità o fornire ai consumatori un nuovo touchpoint per l’acquisto di prodotti. Si affacciano anche progetti di Back-End, veri e propri uffici o attività HR, come colloqui e formazione. E in futuro il Metaverso potrà supportare processi industriali, tramite la simulazione delle attività e della progettazione dei prodotti e la possibilità di cooperare e interagire a distanza.

L’84% dei progetti è stato sviluppato sulle piattaforme di The Sandbox (43%), Decentraland (23%) e Roblox (15%), a dimostrazione del fatto che le aziende preferiscono avviare iniziative all’interno dei mondi più conosciuti e maturi. Il 72% dei progetti utilizza piattaforme basate sulla Blockchain e, l’83% di questi, prevede l’utilizzo di NFT.

La maggior parte dei progetti sviluppati nel Metaverso (l’85%) è realizzato in modo da essere persistente nel tempo, mentre il 15% di progetti non persistenti è costituito principalmente da eventi. Il 69% dei progetti censiti è stato sviluppato su una piattaforma Metaverse Ready, il 20% su Open World.

Nella grande maggioranza dei casi (l’82%) è prevista un’interazione tra l’utente e il brand solo nel mondo virtuale, mentre nel 18% è previsto anche un collegamento con il mondo fisico, soprattutto tramite sconti ottenibili nel punto vendita, accessi esclusivi a beni o servizi reali, premi per le sfide.

“Il Metaverso potrà trovare sviluppi in molti ambiti applicativi trasversali e differenti, non solo social e gaming, ma anche, lavoro, formazione, customer experience, vendita e molti altri, in una pluralità di settori” commenta Riccardo Mangiaracina, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Realtà Aumentata e Metaverso. “Le aziende non devono lasciarsi prendere dalla fretta di entrare nel nuovo mondo digitale solo per un ritorno mediatico immediato: per il raggiungimento di benefici concreti occorre identificare e strutturare la strategia più corretta, ragionando sugli obiettivi specifici da raggiungere”.

Fonte foto Pixabay_Riki32



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