L’innovazione delle Pmi passa dalla digitalizzazione, non solo dei processi

Siamo entrati nella quinta rivoluzione industriale, una contemporaneità che dovrebbe portare l’impresa non solo a produrre, in modo innovativo, sicuro, veloce e sostenibile, ma anche a considerare i propri asset intangibili, ovvero la conoscenza acquisita, e talvolta brevettata, il sapere e la cultura aziendale – come valori essenziali per rimanere agganciati al treno della competitività globale.
Ma i dati presentati ieri mattina, in occasione del convegno di apertura della 16°edizione della Fiera Internazionale A&T da parte dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano, mostrano una Italia delle Pmi a due velocità: su un campione analizzato di 1038 realtà rappresentative, c’è un 53% di piccole e medie imprese che considera la transizione digitale un vantaggio competitivo da perseguire con convinzione, di contro un 47% che si mostra timido, quasi costretto a innovare, perché conviene. Tra questi poi ci sono “gli irriducibili analogici” che rifiutano in modo netto qualunque forma di cambiamento aziendale legato all’introduzione di nuove tecnologie abilitanti.
Secondo quanto presentato nel corso dell’evento Dall’ideale al Fattibile, l’Innovazione Digitale come Leva Competitiva per le Pmi Italiane le differenze sostanziali tra una piccola e media impresa a trazione digitale e una ancora troppo timida rispetto alla velocità dei mercati odierni, incidono sia su una maggiore propensione all’internazionalizzazione, sia su effetti positivi rispetto ai risultati economici. In sostanza la ricerca lancia un messaggio molto chiaro: chi non segue il vento della digitalizzazione, produttiva e culturale, rischia di “scuffiare”.
La fotografia mostra quindi una realtà industriale italiana che, sotto il profilo della conoscenza e dell’attuazione di strategie legate alla trasformazione tecnologica, dei processi e degli asset intangibili, oggi core business tanto quanto la vendita di impianti, prodotti e servizi, risulta ancora molto indietro rispetto al resto d’Europa.
Non è un caso che la Fiera A&T abbia scelto, nell’anno della ripartenza e con le opportunità straordinarie previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, di mettere al centro della propria proposta fieristica le più importanti filiere industriali del Paese, ecosistemi territoriali capaci di guidare le imprese, a compiere gli step necessari per crescere e svilupparsi in modo globale. La manifestazione nei tre giorni ha proprio come obiettivo quello di mettere nelle migliori condizioni imprenditori, manager e giovani rappresentanti dell’industria, di capire cosa e come innovare le proprie aziende, con quali strumenti e competenze. Attraverso l’esposizione delle tecnologie di ultima generazione, i convegni, gli eventi, i workshop specialistici, sarà possibile compiere il passo che dall’ideale conduce al fattibile, perché la maturità digitale si raggiunge non solo implementando processi e produzioni, ma anche cambiando la vision aziendale, dando ciò una rilevanza strategica agli asset intangibili, ovvero alla dematerializzazione documentale, al cloud, alla cyber security, ai processi di vendita, al data analytics.
Questi 5 step sono stati fonte di analisi da parte dell’Osservatorio del Politecnico di Milano: quello che emerge è una accelerazione da parte delle PMI, anche a causa degli effetti provocati dalla pandemia, nella digitalizzazione dei processi di vendita B2B e B2C, considerati un “salvagente” per garantire la continuità aziendale e nel data analytics, con circa 9 Pmi su 10 che hanno scelto soluzioni innovative finalizzate all’analisi dei dati aziendali, approccio analitico che però rimane ancorato a modelli troppo semplici che non consentono operazioni di aggregazione qualitativa. Gli anelli deboli del processo trasformativo rimangono la cybersecurity, dove manca la reale percezione della sicurezza come leva gestionale, testimoniata anche dal fatto che meno di 1 PMI su 4 ha all’interno del proprio organico figure specializzate; il cloud con particolare riferimento all’accesso ai dati aziendali da remoto, limitato e in molti casi inesistente per il 71% delle piccole e medie imprese italiane; l’archiviazione e gestione documentale, con molte piccole e medie imprese che continuano a perseguire modelli di archiviazione cartacea documentale.
Coloro che invece si avvalgono in questo ambito di nuove tecnologie, nella maggior parte dei casi si affidano a formati elettronici non integrabili all’interno di un’unica piattaforma. In sostanza tante porte, tante chiavi: un vero problema per chi si trova nella condizione di dover accedere.
Da Torino, dalla Fiera A&T, partono messaggi molto chiari gli Imprenditori, che devono avere più coraggio e considerare l’innovazione tecnologica non una strategia, ma una lungimirante visione aziendale, e verso il Sistema Paese che deve garantire rete infrastrutturale adeguata e pervasiva su tutto il territorio nazionale; una PA agile e digitale, che abiliti ecosistemi innovativi; un sistema del credito efficiente e funzionale alle esigenze delle imprese.
Il momento è quello giusto a patto che le risorse straordinarie previste dal PNRR vengano distribuite non a pioggia, ma secondo una logica di filiera; che la digitalizzazione del sistema delle piccole e medie imprese italiane avvenga attraverso progetti che coinvolgano trasversalmente diverse tipologie di attori dell’ecosistema industriale; che si investa in modo convinto sulla formazione di specialisti ma anche di figure manageriali capaci di gestire e guidare la nuova rotta digitale delle imprese italiane.
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