L’era del software è già iniziata

Pubblicato il 3 settembre 2024

‘Software is eating the world’: il software sta mangiando il mondo. Anzi lo ha già mangiato. Per Neil Barua, CEO di PTC, il software è l’elemento chiave che si imporrà sullo scenario dell’evoluzione tecnologica e che consentirà alle aziende di aumentare la loro resilienza alle forze esterne

Correva l’anno 2011, lo stesso dell’edizione di Hannover Messe in cui venne coniato il termine Industria 4.0, quando Mark Andeerseen descriveva con lungimiranza nel suo celebre saggio ‘Why software is eating the world’ come le società di software avrebbero preso sempre più peso e controllo di gran parte dell’economia. A 13 anni di distanza possiamo senz’altro affermare che quanto preconizzato allora si è effettivamente avverato. Il software, in tutte le sue più ampie declinazioni e accezioni, è divenuto l’assoluto protagonista della nostra vita quotidiana, personale e professionale: in ufficio, a casa, in fabbrica, in palestra o ancora in aereo o mentre guidiamo. A confermare quanto appena detto a proposito della pervasività del software e del peso sempre maggiore che ‘le linee di codice’ avranno nei prossimi anni è stato Neil Barua, che è stato recentemente ospite in Italia per la prima volta dal suo insediamento come CEO di PTC. Subentrato a Jim Heppelmann, sotto la cui guida la società oggi è arrivata a una capitalizzazione di 20,5 miliardi di dollari, Barua ha portato il suo contributo visionario sui mega trend del futuro, in particolare sul ruolo del software quale elemento chiave per capitalizzare e, anzi, ulteriormente amplificare il valore delle aziende nei loro mercati di riferimento. L’occasione è stato il CXO Summit che PTC ha organizzato al museo Ferrari a Maranello.

Uno strumento di resilienza alle forze esterne

Le prospettive che Neil Barua ha offerto nel suo keynote speech si sono concentrate essenzialmente su quelle che ha definito forze esterne, una combinazione di fattori molto spesso imprevedibili, la cui intensità negli ultimi anni è aumentata rendendo sempre più difficile governarle con efficienza. Tra queste: le turbolenze dei mercati, la crescente complessità dei prodotti, i temi tipici della qualità, i vincoli di compliance e la sostenibilità. In questo scenario, il software si rivela un’arma molto potente per gestire efficacemente tutte queste situazioni, soprattutto in ottica responsiva alle problematiche connesse alla complessità dei prodotti e alla loro gestione. Ben si comprende, dunque, come il software non possa fare a meno di essere considerato un elemento strategico, anzi, una tecnologia strategica. L’efficacia con cui oggi si possono scrivere righe di codice consente al software, e di conseguenza anche ai prodotti hardware, di evolvere a una velocità molto elevata. A tal proposito è molto significativo l’esempio che Neil Barua ha portato: “Pensiamo alla missione Apollo 11. Ebbene, le linee di codice che allora erano state scritte oggi le ritroviamo nelle logiche che governano un’autovettura, la quale, probabilmente, tra 3 o 4 anni evolverà ulteriormente proprio grazie all’apporto di aggiornamenti software e di ulteriori righe di codice, che renderanno la sua elettronica ancora più personalizzabile e performante”. Grazie al software, dunque, la complessità del prodotto potrà essere gestita sempre meglio, con personalizzazioni e funzionalità sempre più intelligenti al servizio dell’utente. Si pensi all’industria farmaceutica e alle attività di ricerca in ambito genetico, sottolinea ancora Barua, che potranno compiere dei passi da gigante nella messa a disposizione di cure sempre più personalizzate, capaci di incidere sui singoli pazienti in modo mirato e, per questo, aumentando la complessità dei loro prodotti addirittura su scala unitaria. Senza l’apporto del software, ciò non sarebbe possibile.

La fiducia nei dati è la base dell’AI

L’intelligenza artificiale è un altro dei grandi temi che sta dominando la scena del software oramai stabilmente. “I progressi fin qui registrati dall’AI sono eccezionali, ma la mia opinione è che questa tecnologia sia ancora in fase embrionale. Diciamo che l’onda si è oramai generata e sta producendo i suoi effetti: le aziende che non sapranno coglierla rimarranno inevitabilmente al palo. Certo, non siamo ancora nella condizione di comprendere bene quale uso possiamo farne per trarre da essa il miglior valore. L’importante però è rimanere agganciati al treno, la cui corsa è oramai lanciata” continua Barua. In che modo, secondo PTC, l’AI può generare questo valore? Focalizzandosi sulle problematiche tipiche che le aziende manifatturiere si trovano ad affrontare nello sviluppo dei prodotti. Si pensi alle sfide che la progettazione e la realizzazione di un nuovo prodotto comportano, alle esigenze gestionali e organizzative, oltre che progettuali, che soprattutto nelle realtà che si occupano di prodotti a elevata complessità è necessario fronteggiare in ottica olistica: materiali, design, test, supporto, vendita, qualità, personalizzazioni ecc. “Prima di arrivare alla BoM (Bill of Materials) è necessario che tutti i dettagli siano chiari, che le specifiche siano compiute, definite: praticamente un Nirvana”. Se a ciò si aggiunge che, di norma, nelle aziende si lavora per processi concorrenti e non sequenziali, e che le informazioni di cui si avvalgono i diversi reparti o team aziendali sono organizzati in strutture a silos, ben si comprende quante siano le difficoltà di poter contare su dati certi, robusti, consistenti. “Nella visione di PTC è proprio nello sviluppo del prodotto che l’AI può giocare la sua maggiore forza d’impatto. A una condizione, però: per risultare realmente efficace, è necessario che l’AI riponga la sua fiducia nei dati di cui l’azienda dispone” precisa Barua. Una condizione piuttosto difficile da riscontrare, considerate le problematiche organizzative a cui poco prima abbiamo accennato. L’allineamento e la consistenza dei dati sono dunque la base indispensabile per poter affrontare con organicità e successo un progetto di AI. Da qui la necessità, secondo Neil Barua, di partire con le idee chiare già a livello di infrastruttura software di sistema, scegliendo e implementando il PLM più adeguato alle esigenze, anche in ottica di collegamento all’ERP, alle altre fonti di dati e, quindi, agli altri sistemi gestionali aziendali. “La scelta di un sistema PLM è strategica, e in quanto tale la decisione di quale sistema adottare e di come implementarlo deve essere presa non dal reparto ingegneria, non dai tecnici della progettazione, non dal CFO, ma dal management”.

Tecnologie abilitanti, verso soluzioni sempre più integrate

L’impegno che PTC, a livello sia economico che di risorse umane, sta infondendo in ambito di AI è elevato. Negli ultimi 6 mesi l’azienda ha avviato una serie di collaborazioni con alcuni ricercatori del MIT di Boston. L’obiettivo, come Barua ha sottolineato, è chiaro: interpretare lo sviluppo dell’AI non come una tecnologia a sé stante, ma come un elemento fondamentale di una visione olistica che, per essere efficace e dare valore a chi la usa, deve basarsi su dati certi. Ecco perché i prossimi sviluppi dell’offerta di PTC si concentreranno molto su quella che Barua definisce “l’integrazione delle tecnologie abilitanti”. “Per molto tempo si è parlato di IoT, poi è stata la volta dell’AR, ora dell’AI e sempre ci si è concentrati su soluzioni specifiche. Il mio obiettivo, e quello di tutti i miei collaboratori, è quello di vedere nei prossimi anni come queste tecnologie possano essere utilizzate in chiave di valore direttamente integrato all’interno delle nostre soluzioni, come Creo, Windchill o ServiceMax, ad esempio, e non più come software che, benché parte della nostra offerta, al momento si configurano come prodotti a sé stanti”. Tutto ciò, probabilmente, sarà favorito dalla crescente diffusione del cloud, nonché dal cambiamento della modalità di erogazione dei servizi software, che vede il modello SaaS prendere progressivamente piede rispetto ai limiti che l’on-premise oramai mostra nell’era dell’interconnessione globale. “A questo proposito, mi preme sottolineare che non abbandoneremo l’offerta on-premise, né forzeremo alcuna azienda a passare al SaaS se non quando ve ne saranno le condizioni ed essa si sentirà pronta a farlo” sottolinea Barua. “Il cambiamento è un esercizio spesso difficile da affrontare, soprattutto se si tratta di abitudini consolidate. Cambiare un prodotto significa cambiare mindset e questa è la nostra missione: accompagnare i clienti nel cambiamento per aiutarli a cogliere nuove opportunità”. Con il potere del software, ovviamente. Che per Neil Barua, oramai, “ha già mangiato il mondo”.

PTC – www.ptc.com/it

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