Le linee guida del Politecnico di Torino per la fase 2

Pubblicato il 24 aprile 2020

Misurazione della temperatura all’ingresso in azienda, compilazione di un diario dei sintomi e dei contatti, barriere di plexiglas tra le scrivanie, lunchbox da consumare in ufficio o all’aperto e, sicuramente, uso di mascherine della tipologia più adeguata a tutelare sé stessi e gli altri. Sono solo alcune delle situazioni alle quali ci dovremo abituare nella cosiddetta Fase 2, quella della riapertura delle attività produttive.

Per prepararla, una task force di esperti tecnico-scientifici delle università piemontesi e di altre università e centri di ricerca coordinati dal Politecnico di Torino ha elaborato un Rapporto, pubblicato oggi online, con le linee guida indicazioni precise su come gestire la riapertura. Il punto chiave sarà l’utilizzo corretto di metodi semplici ed estendibili a tutte le realtà aziendali: i dispositivi di prevenzione del contagio, in primis le mascherine, la garanzia del distanziamento, l’igiene e la sanificazione dei luoghi.

Il Progetto coordinato dal Politecnico, che si chiama “Imprese aperte, lavoratori protetti”, ha adottato come slogan l’hashtag #ognunoproteggetutti; il punto chiave è infatti la condivisione e la fiducia reciproca tra lavoratori e imprenditori e la consapevolezza che solo assumendosi ciascuno le proprie responsabilità si è tutti più tutelati.

“È quanto mai importante in questo momento di difficoltà metterci al servizio del Paese con le nostre competenze”, spiega il Rettore del Politecnico Guido Saracco, che aggiunge: “Abbiamo steso questo Rapporto con la collaborazione degli Atenei piemontesi e di un nutrito numero di esperti e tecnici, coinvolgendo il più possibile tutte le parti in causa nel processo della riapertura, per arrivare a indicazioni e metodologie condivise e applicabili, ma anche sostenibili”.

Le linee guida definite nel rapporto saranno applicate in alcune aziende e realtà culturali che si sono già candidate per la sperimentazione, e che saranno seguite dalla task force per garantire misure adatte alla riapertura. Sono già 40 in sole 24 ore le aziende e realtà produttive, culturali e ricreative che si sono candidate a diventare beta-tester del progetto.

Il Rapporto, frutto del lavoro di cinque gruppi di esperti e tecnici, fornisce istruzioni su quattro aspetti: prevenzione, monitoraggio, informazione e formazione per la prevenzione e il contenimento del contagio. Viene indicato, ad esempio, come gestire ingressi, turni e spazi: dalla distanza interpersonale da adottare in relazione alle superfici dei locali – con una maggiore densità di occupazione in aree di transito (corridoio) e meno in quelle di sosta “critiche” come la mensa e l’area fumatori – all’organizzazione degli ingressi e degli spazi grazie anche all’adozione di dispositivi di monitoraggio non invasivo (telecamere IR, telecamere, “intelligenti”) nel rispetto della privacy, alla suddivisione dei lavoratori in squadre.

Anche l’utilizzo delle tecnologie dovrà essere potenziato, in modo coerente e tarato sullo sviluppo tecnologico di ciascuna realtà aziendale. Le tecnologie suggerite vanno dall’impiego di diari online per il tracciamento a metodi di screening diagnostico rapidi, economici e applicabili in larga scala (ad esempio temperatura con visori IR durante l’intera giornata lavorativa, app di autovalutazione dei sintomi, telediagnosi), da attività di formazione online fino alle app per evitare di recarsi in luoghi nei quali già ci sono assembramenti, a sistemi di simulazione degli spazi e dei flussi, fino all’utilizzo della realtà virtuale per la formazione e il lavoro. Tutte le tecnologie suggerite sono tecnicamente ed economicamente praticabili da tutti, le grandi come le piccole imprese.

Un discorso specifico va fatto per le mascherine, sul cui uso corretto c’è molta confusione: le mascherine chirurgiche o “di comunità”, specificatamente proposte dal Politecnico di Torino con un livello di qualità testato, sono quelle che i lavoratori dovranno indossare normalmente come dispositivo di prevenzione della trasmissione del contagio; solo in casi specifici (addetti alla rilevazione della temperatura all’ingresso, guardiania, cassieri, squadre di emergenza) si consiglia l’impiego di dispositivi di tipo FFP2/FFP3, guanti e cuffie per capelli. Ogni lavoratore potrà opportunamente avere a disposizione un “kit” di protezione individuale, composto generalmente da 2-4 mascherine per uso giornaliero e gel igienizzante, che può aiutare a prevenire il contagio anche sui mezzi pubblici.

Il tema dei trasporti è particolarmente delicato: sarà ancora possibile utilizzare tram, autobus e metro, ma con la consapevolezza che la responsabilità della sicurezza è condivisa tra passeggeri, autisti e gestori dei mezzi, ciascuno per quanto gli compete; quindi sì a distanze di sicurezza e minore affollamento, uso di mascherine e sanificazione dei mezzi, ma anche ai controlli sui contagi tra gli autisti.

Una volta tornati in ufficio o in fabbrica, comunque, il lavoro cambierà secondo quelle modalità alle quali ci stiamo in parte abituando. Ingresso a turni o scaglionato per evitare affollamento sui mezzi pubblici e agli ingressi, potenziamento dello smart working, riduzione se non eliminazione delle riunioni in presenza, suddivisione dei lavoratori in squadre – tenendo anche conto della possibile presenza di lavoratori “deboli” rispetto al virus -, metodi di formazione interattiva e impiego della realtà virtuale sono solo alcuni degli strumenti suggeriti dal Rapporto.

Un discorso a parete va fatto per teatri, sale da concerto, musei, cinema e biblioteche. Qui la ripartenza deve tenere conto di vincoli fisici, come ad esempio la difficoltà di sanificare ambienti di valore storico, economici, quali la forte riduzione dei posti a sede a sedere in sala per mantenere le distanze, ma anche psicologici, perché servirà una lunga fase di elaborazione prima che le persone tronino a frequentare luoghi chiusi affollati. Il Rapporto fornisce alcune indicazioni per avviare una riapertura, innanzitutto formando il personale e adeguando dove possibile i locali – come nelle biblioteche, dove è possibile applicare barriere di plexiglas – e gestendo gli accessi con app di programmazione.

Tutte queste misure hanno ovviamente un costo, che deve essere contenuto anche perché ricadrà in parte, in prima battuta, sulle aziende. Per il supporto economico alle imprese il gruppo di lavoro ha elaborato proposte di misure di finanziamento specifico da parte della Unione Europea, lo Stato o le Regioni, al di là di quanto oggi disponibile. Analogamente, si propone un approccio nazionale, con l’istituzione di filiere autoctone per la produzione e acquisto centralizzato per i dispositivi di prevenzione. In questa ottica, il progetto include linee guida per la fabbricazione e la convalida di mascherine “di comunità” all’interno del nostro Paese con un adeguato livello di qualità ed in misura sufficiente per tutta la popolazione.



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