La tutela dell’utente nel settore dell’energia elettrica.

 
Pubblicato il 15 luglio 2002

La valutazione sulla responsabilità contrattuale dell’esercente spetta alla Magistratura ordinaria che: deve valutare se la causa dichiarata dall’esercente può effettivamente essere classificata come accidentale e, quindi, sostanzialmente non attribuibile alla oggettiva responsabilità dell’esercente; deve fissare eventualmente la risarcibilità del danno. In alternativa, si potrà ricorrere ad una risoluzione extragiudiziale delle controversie (procedure di conciliazione ed arbitrato), il cui regolamento è in fase di emanazione. Infine, un cenno a parte merita il decreto del 21 novembre 2000 con il quale si introduce il criterio di interrompibilità. In sintesi, il decreto getta le basi affinché il cliente disponibile a brevi periodi di distacco dalla rete elettrica, possa usufruire di una serie di agevolazioni sui costi di accesso alla fornitura di energia. Da qui derivano indubbi i vantaggi in termini di risparmi e incremento di efficienza, da parte degli operatori del settore energia elettrica. Il provvedimento del 21 novembre 2000, inoltre, apre altre numerose e interessanti questioni. Tra queste, il quesito se il criterio di interrompibilità introdotto possa costituire una solida base per arrivare a una quotazione dell’energia elettrica basata sul livello qualitativo dell’erogazione.

Gli aspetti giuridici della qualità

La relazione di Antonio Oddo, docente del Collegio Europeo di Parma e professore presso l’Università di Pavia, specializzato in problematiche legali inerenti le norme nazionali ed europee relative alla sicurezza e alla qualità del prodotto energia, si è focalizzata prevalentemente sulla responsabilità degli Enti Erogatori verso gli utenti finali: uno sguardo approfondito, attraverso la lente legislativa, ad una materia in continua evoluzione verso un progressivo adeguamento al nuovo quadro normativo nazionale e comunitario. In primo luogo è stato rimarcato come l’energia elettrica sia stata definita, dalla legislazione comunitaria, un “prodotto”, quanto meno ai fini della valutazione di una sua possibile difettosità di sicurezza. Nell’ambito della direttiva 85/374 Ce, recepita in Italia col Dpr 224/88, è stata stabilita la responsabilità del produttore per danni causati da prodotto difettoso. Dopo varie dispute si è deciso che, nella nozione di prodotto, rientra anche l’energia elettrica. Si tratta di un punto di partenza importante per una serie di conseguenze la prima delle quali è rappresentata dal fatto che l’Ente Erogatore di energia elettrica, in quanto “produttore”, risponde giuridicamente del prodotto fino al contatore, cioè fino al momento della consegna all’utente del prodotto erogato ma con tutta una serie di conseguenze legate alla “sicurezza che ci si può legittimamente attendere” nell’uso del prodotto stesso. Il fornitore di energia elettrica, dunque, al pari di qualsiasi altro produttore/fornitore, deve rispondere, secondo la legislazione europea, per una serie di situazioni comportanti un difetto di sicurezza le cui conseguenze non possono essere eluse nemmeno in sede contrattuale, quantomeno per le ipotesi più gravi di danno alle persone. Certo la responsabilità degli Enti Erogatori verso gli utenti finali può assumere varie forme, può essere determinata da varie cause che occorre di volta in volta distinguere, ma il nuovo quadro legislativo è da considerarsi certamente un passo in avanti molto rilevante nella tutela dell’utente. Inoltre, è da tener presente che l’attività di produzione e distribuzione di energia elettrica è stata considerata dalla giurisprudenza italiana nella categoria delle “attività pericolose” (art. 2050 del Codice Civile) con la conseguenza che l’eventuale esclusione di responsabilità è ammessa soltanto se l’ente produttore e/o distributore dimostra di avere adottato “tutte le misure idonee”. Non si escludono neanche responsabilità da “cose in custodia” (art. 2051 del Codive Civile). Naturalmente permangono una serie di giustificazioni di cui l’erogatore può avvalersi o tenta sempre di avvalersi.

Tra queste, oggetto di delicata disputa a livello comunitario, merita particolare attenzione quella che riguarda – nell’ambito della direttiva 85/374/Cee – lo “stato della scienza e della tecnica”. Di difficile caratterizzazione legislativa, il concetto relativo allo stato dell’arte, della scienza e della tecnica è stato a lungo confuso con le singole norme tecniche che governano un’attività produttiva. Ad esempio, proprio nel campo dell’energia elettrica, il produttore e fornitore ha sempre ritenuto di essere nel giusto avendo applicato le norme tecniche Cei, Uni etc. Questo comportava, per il fruitore del prodotto Energia, una privazione di importanti strumenti, utili a far valere le proprie posizioni in caso di disservizio e di danni. Poteva cioè accadere che il soggetto produttore di energia elettrica avanzasse giustificazioni avvalorate dall’impossibilità di procedere altrimenti sul piano delle soluzioni tecniche a disposizione nel momento della commercializzazione del prodotto. Oggi l’impasse è stata superata grazie ad una legislazione che chiarisce la differenza tra stato dell’arte, stato della scienza e della tecnica, da una parte, e, dall’altra parte, la prassi, ossia gli standard di sicurezza in uso nel settore industriale in cui opera il produttore. Al riguardo si possono infatti ormai indicare alcune Sentenze leader o Sentenze pilota, a livello sia nazionale che comunitario. Oggi si può rilevare che il prodotto energia elettrica ha ricevuto una qualificazione a livello di legislazione comunitaria, il che ha portato a considerare l’energia un “bene mobile” che, in quanto tale, comporta la responsabilità del produttore quando è un bene difettoso sul piano della sicurezza. Questi nuovi strumenti di tutela per l’utente danneggiato in Italia sono stati poco applicati sia perché poco conosciuti sia perché la specifica disciplina riguarda la sicurezza nel senso della legittima aspettativa dell’utenza contro fattori che possono provocare danni materiali a cose o persone, (non riguardano invece i danni economici per i quali esistono altre forme di responsabilità).

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