Droni, un mercato da 100 milioni di euro in Italia
La normativa è in evoluzione, si sviluppano rapidamente le tecnologie e la struttura industriale, crescono le macchine prodotte e le applicazioni sperimentate. In Italia il giovane mercato professionale dei droni entra nella fase più calda: il fatturato del settore è stimato in 100 milioni di euro nel 2018, ancora limitato ma con grandi potenzialità poiché il 55% delle aziende evidenzia un significativo sviluppo negli ultimi 12 mesi e oltre due terzi prevedono forte crescita entro i prossimi 3 anni.
Sono 700 le imprese italiane della filiera professionale dei droni. L’86% sono operatori, ovvero aziende che offrono servizi a terzi utilizzando macchine proprie o a noleggio. Sono 650 le aziende utilizzatrici (principalmente dei media e della costruzione di grandi opere) che hanno chiesto un’autorizzazione all’ENAC per svolgere attività con i droni. Da gennaio 2016 a fine dicembre 2019 si sono registrati complessivamente al portale dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile 13.479 droni, con un incremento medio annuo del 13%.
Intanto, a livello internazionale sono stati finora censiti 258 progetti di applicazione industriale di droni relativi al 2019, di cui il 50% in fase di sperimentazione e solo il 19% già operativi, ma gli utilizzi iniziano a interessare tanti settori dalle utility alla logistica, dall’agricoltura alla sanità. Tra il 2015 e il 2019 sono state prodotte circa 700 pubblicazioni scientifiche dedicate ai droni dalle prime 20 università di ingegneria al mondo. L’analisi su oltre 470.000 campagne di finanziamento sui droni identifica come tecnologie emergenti in particolare quelle dei droni ibridi, che possono operare in diversi ambienti come aria-terra o aria-acqua, e dei droni Vertical TakeOff and Landing (VTOL) con decollo e atterraggio verticale, insieme all’integrazione con l’intelligenza artificiale.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Droni della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno “Droni: pronti al decollo!”. “Il settore civile dei droni sembra avere tutte le caratteristiche per potersi sviluppare in Italia nei prossimi anni – affermano Alessandro Perego e Giuseppe Sala, rispettivamente Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e Direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali -. Stiamo parlando di un mercato emergente, anche se ancora economicamente modesto e con aziende prevalentemente piccole, ma con un grande potenziale di crescita nei prossimi 3 anni. A livello applicativo i droni sono già impiegati in numerosi settori, come ad esempio l’agricoltura, la gestione di emergenze, il monitoraggio di territori a seguito di catastrofi naturali e nel settore delle utility per lo svolgimento di ispezioni e sopralluoghi. Sono invece ancora poche le applicazioni nei trasporti di merci e persone, soprattutto in ambito urbano”.
È stimato in 100 milioni di euro nel 2018 il fatturato dalle aziende italiane nel settore professionale dei droni, isolando le attività svolte in ambito civile. Tra produttori di beni e fornitori di servizi, le aziende del settore sono circa 700, meno dell’1% del tessuto industriale del Paese. Il 55% ha sede nel nord Italia, soprattutto Lombardia (20%), Lazio (12%) ed Emilia-Romagna (9%). Si tratta principalmente di realtà di piccole o piccolissime dimensioni: il 77% ha meno di 10 dipendenti. Il 49% delle aziende è nato tra il 2013 e il 2018.
L’86% delle aziende della filiera dei droni è costituito da operatori che offrono servizi a terzi utilizzando mezzi propri o a noleggio, la tipologia più accessibile che non richiede grandi competenze tecniche o investimenti ingenti. Il 5% sono produttori di piattaforma, il 4% produttori di software, il 3% distributori, l’1% integratori e produttori di payload. Il 55% delle imprese si occupa di un solo ruolo nel settore, ma il 48% non opera esclusivamente nel mercato dei droni e ha in portafoglio diversi tipi di business.
Fenomeno diffuso è l’internalizzazione delle attività da parte di aziende utilizzatrici, giudicato una minaccia per il business dal 65% degli operatori: da gennaio 2016 alla fine del 2019, 650 aziende hanno registrato un drone sul sito dell’ENAC per svolgere un’attività sul territorio italiano. Soprattutto piccole realtà con un solo drone per foto e video a scopi promozionali (il 19% è del settore media) oppure grandi aziende che svolgono rilievi, mappature, ispezioni e monitoraggio in ambito utility o grandi opere (13%).
“Quello dei droni professionali in Italia è un settore nascente con un mercato ancora piccolo, ma con un grande potenziale – dice Paola Olivares, Project Manager dell’Osservatorio Droni -. Nella filiera italiana, però, è da sottolineare come ben il 23% delle aziende dell’offerta non investa in ricerca e sviluppo, che rappresenta un elemento fondamentale per garantire la sostenibilità di lungo periodo e cogliere tutte le opportunità offerte dallo sviluppo delle tecnologie digitali”.
Il 16% delle aziende investe in R&S grazie a fondi pubblici, ma l’80% reputa inadeguato il cofinanziamento nazionale. Il mercato auspica un intervento del Governo, con il 77% delle imprese che ritiene decisamente utile un’azione strategica a livello nazionale. Per il prossimo futuro, oltre la metà delle aziende punterà sullo sviluppo di sistemi di gestione e analisi dei dati e il 39% sullo sviluppo di payload.
Tutti coloro che vogliano eseguire un’attività con i droni sul territorio italiano devono registrare il proprio aeromobile sul Portale di ENAC: da gennaio 2016 a fine dicembre 2019 sono stati registrati 13.479 droni, con un incremento medio annuo del 13%. Il boom di registrazioni sul portale ENAC si è verificato nel 2018, con oltre 4.200 tra dichiarazioni e autorizzazioni. Il 2019 ha registrato una leggera flessione delle iscrizioni, circa 3.900, grazie alla disponibilità di macchine più stabili e sicure, in grado di svolgere un numero maggiore di operazioni, riducendo il numero di droni all’interno delle flotte.
Gran parte delle registrazioni riguarda droni con un peso inferiore a 1 kg (43%) e tra 1 e 5 kg (48%). Solamente il 6% delle registrazioni è per droni con peso compreso tra 5 e 10 kg e il restante 3% per droni sopra i 10 kg. Il 56% dei droni registrati appartiene a 5 costruttori: DJI con il 47% delle registrazioni totali, Parrot (3%), Yuneec (2,5%), DXdrone (2%) e Italdron (1,5%).
Dalla consegna a domicilio alle ispezioni in ambito industriale, dal soccorso al trasporto di persone, sono stati censiti 258 progetti di applicazione industriale di droni a livello mondiale nel 2019, di cui solo il 19% in fase operativa, mentre il 50% sono sperimentazioni, il 12% annunci, il 19% utilizzi una tantum per risolvere esigenze puntuali. La maggior parte dei progetti sono stati attivati in Paesi con una regolamentazione chiara e definita, non a caso il 48% sono in Europa e il 36% in America, mentre sono meno in Asia (9%), Africa (4%) e Oceania (3%).
“Gli ambiti di applicazione più maturi sono costituiti da ispezioni e sopralluoghi, che coprono la metà dei progetti operativi e il 39% delle sperimentazioni, e dal trasporto, in grande fermento ma ancora poca concreto – dice Cristina Rossi Lamastra, Responsabile Scientifica dell’Osservatorio Droni –. Poiché la tecnologia è ancora poco matura è difficile parlare di benefici e soprattutto quantificarli, ma coloro che hanno iniziato le sperimentazioni sottolineano un aumento della sicurezza, una riduzione dei tempi per svolgere le operazioni e una riduzione dei costi”.
L’analisi di oltre 470.000 campagne di finanziamento sui droni identifica come principali driver di innovazione quelli ibridi e i cosiddetti VTOL (Vertical Take Off and Landing), i sistemi per la sicurezza e l’autonomia e la crescente integrazione con l’Artificial Intelligence. Il 72% delle campagne riguarda innovazioni di prodotto (nel 45% dei casi per lo sviluppo di nuove piattaforme e nel 27% di payload innovativi), il 28% l’erogazione di servizi innovativi attraverso i droni.
I droni sono oggetto di studio in diverse discipline scientifiche, in modo particolare di aeronautica, automatica, robotica e informatica. Tra il 2015 e il 2019 le prime 20 università di ingegneria al mondo hanno prodotto 700 pubblicazioni scientifiche relative ai droni, che si sono concentrate in particolare su sistemi di guida, navigazione e controllo (27%), applicazioni (25%) e telecomunicazioni (19%).
“Il mercato dei multirotori classici è ormai pressoché saturo e caratterizzato da diversi limiti tecnologici che non impediscono lo svolgimento di molte attività in cui i droni possono affiancare e sostituire l’uomo, ma sono un vincolo critico in particolare per l’ispezione delle infrastrutture lineari o delle consegne – spiega Marco Lovera, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Droni -. Sul mercato però si stanno affacciando configurazioni alternative, pensate per aggirare i limiti con combinazioni tra la classica configurazione ad ala fissa, adatta per coprire lunghe distanze in modo efficiente, e quella multirotore, adatta invece per il volo a bassa velocità e a punto fisso”.
Tra le varie soluzioni tecniche alternative si segnalano i convertiplani (droni con un sistema propulsivo capace di variare la configurazione come un multirotore per il volo verticale e come un velivolo ad ala fissa per il volo avanzato), i tail sitter (capaci di atterraggio e decollo verticale e grandi variazioni di assetto) e le macchine a propulsione duale (con rotori per la propulsione verticale e di eliche per la propulsione longitudinale).
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