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MAGGIO 2015

AUTOMAZIONE OGGI 381

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Il tutto nella convinzione che si tratti non solo della connessione di

macchine, ma anche della loro gestione, il tutto corredato di infra-

strutture e servizi associati.

L’avvento dell’IoT

Secondo il Cisco Internet Business Solution Group (Ibsg Cisco 2011)

l’Internet of Things (IoT) è nato tra il 2008 e il 2009 quando gli oggetti,

o le ‘Cose’, connesse superarono il numero delle persone connesse.

Il termine Internet of Things integra anche il concetto ‘Webof Things’,

cioè un insieme di servizi web ai quali i vari dispositivi connessi pos-

sono accedere. Un’altra interpretazione del significato è quella

semantica, concetto sul quale si basa anche il web 3.0, in cui si fa ri-

ferimento a un sistema, nel quale un’informazione contestualizzata

viene gestita dai dispositivi. I dispositivi che fanno parte della rete di

oggetti sono chiamati ‘smart object’ o ‘smart thing’, che a differenza

dei normali dispositivi possiedono la capacità di interagire all’interno

del sistema di comunicazione in cui sono inseriti. Essi hanno quindi

un ruolo attivo. Tali dispositivi possono essere individuati attraverso

le seguenti principali caratteristiche: sono degli oggetti veri e propri,

caratterizzati da costo, forma e peso; hanno risorse limitate in termini

di capacità computazionale, memoria, approvvigionamento ener-

getico e routing; sono identificati in modo univoco da un ID (codice

alfanumerico); possono individuarevari dispositivi nella reteedessere

individuati; infine, possonoessere influenzati (sensori) dalla e influen-

zare la realtà che li circonda (attuatori). Grazie allo sviluppo che sta

avendo la tecnologia wireless e agli studi sull’IoT, la comunicazione

‘anywhere, anytime by anything’ non è più considerata un’utopia.

Infatti sempre piùdispositivi, inqualsiasi momento, anche senza rice-

vere degli input da parte di un individuo, possono accedere alla rete

e interagire con i vari dispositivi connessi.

Alcune tecnologie implementate

Realizzare un sistema pervasivo e distribuito di sensori implica l’im-

piego di standard e protocolli di comunicazione comuni a più dispo-

sitivi, interoperabili ed efficienti. L’adozione di un protocollo e di un

linguaggiounicoe condiviso favorisce l’interoperabilità e la creazione

di flussi dati scambiati. Oggi non esiste ancora tale protocollo (unico

e condiviso), ma sono presenti varie soluzioni interconnesse di na-

tura standardeproprietaria. Inogni caso, una soluzionemoltodiffusa

è quella che si basa su IPv6, che rappresenta l’evoluzione del noto

protocollodi comunicazione Internet Protocol IPv4. Impiegando IPv6

verrebbero introdotti nuovi servizi di rete, si semplificherebbe la con-

figurazione delle reti e ci sarebbero a disposizione molti più indirizzi.

Del resto, con l’aumento del numero di dispositivi

connessi a Internet, la capacità di indirizzamento

si sta rapidamente esaurendo. Questo problema

viene generalmente chiamato ‘saturazione’ degli

indirizzi IPv4, che porterebbe a un collasso della

rete. Con l’adozione del protocollo IPv6 i vantaggi

immediati sarebbero legati all’ampia disponibilità

di spazio di indirizzamento (circa 3,4x1038 indi-

rizzi gestiti). La concretizzazione del significato

dell’IoT è resa possibile grazie a tecnologie abili-

tanti come le WSN - Wireless Sensor Networks,

utilizzate soprattutto per operazioni di sensing. I

nodi di unaWSN sono dei sensori, disposti all’interno di un ambiente,

con lo scopo di rilevare determinati dati, inviarli per esempio a un

sensore con capacità di elaborazione, affinché vengano appunto

elaborati. Il Forum Ipso (IP for Smart Objects) ha già emesso alcuni

standardper leWSNbasati su Zigbee e noti con l’acronimo 6LoWpan

(IPv6 over Low-Power Wireless personal area networks). Ipso adotta

il protocollo IP versione 6 adattato al cluster di sensori e specifica il

protocollo di routing fino al gateway (‘edge router’) del cluster verso

Internet. Tale protocollo (di routing) si chiama RPL ‘Ripple Protocol’

(IPv6RoutingProtocol for Low-Power andLossyNetworks). Oggi Ipso

emette standard per varie applicazioni dell’Internet delle Cose, fra le

quali l’automazionedella casa, degli edifici, degli impianti industriali e

dell’ambienteurbano. Per quanto riguarda le tecnologie abilitanti per

l’IoT, è da considerare anche l’Rfid (Radio Frequency IDentification)

inizialmente utilizzato per il solo processo di identificazione e ultima-

mente anche per minime operazioni di sensing.

Un sistema Rfid è costituito da tag, reader e un sistema informatico

di back end che permette di associare a ogni ID l’oggetto fisico corri-

spondenteedeventuali altre informazioni connesse. Un’altra tecnolo-

gia da tenere in considerazione è laNFC - Near FieldCommunication,

che si sviluppa a partire dai sistemi Rfid. La differenza sostanziale

consiste nella distanza di comunicazione tra i dispositivi: essa èmolto

piccola e si aggira attorno ai 10 cm. NFC è una tecnologia usata per

condividere informazioni tra i vari apparati, per accedere a contenuti

Figura 1 - Rapporto tra persone e oggetti connessi alla rete (Cisco 2011)

Figura 2 - Comunicazione anywhere, anytime by anything