Assi elettrici – Stato dell’arte e applicazioni industriali..

 
Pubblicato il 13 aprile 2002

Sensori e trasduttori

L’impegno dei costruttori di tali dispositivi è quello del miglioramento della precisione (sono disponibili trasduttori ottici lineari con precisione dell’ordine del decimo di µm) e delle caratteristiche dinamiche, della riduzione dei costi e dell’aumento della robustezza e dell’affidabilità. Tali ultimi aspetti sono particolarmente importanti se riferiti a impieghi in alcuni ambienti “ostili” (i cosiddetti harsh enviroment), in cui cioè le sollecitazioni meccaniche, termiche ed elettromagnetiche pongono seri problemi all’affidabilità o addirittura al funzionamento dei sensori stessi.
Oltre alle tendenze evolutive fin qui analizzate, esiste un aspetto che sarà sempre più evidente nel futuro, cioè il cosiddetto problema delle interfacce. È evidente come l’azionamento schematizzato in presenti tutta una serie di interfacce, di tipo elettrico e meccanico, che ne condizionano inevitabilmente la topologia, l’ingombro, l’affidabilità, le prestazioni e il costo. Gli sforzi più importanti e gli sviluppi più interessanti in tale campo sono perciò dominati dalla migrazione verso sistemi di tipo integrato e nei sistemi cosiddetti “meccatronici”. Infatti, in virtù dell’incremento delle prestazioni dei moderni dispositivi di controllo, la potenza di calcolo attualmente installata all’interno di un azionamento elettrico è molto superiore a quella richiesta per il controllo della coppia, della velocità o della posizione. In tal modo è possibile spostare all’interno dell’azionamento alcune delle funzioni normalmente realizzate dalle unità remote di controllo e comando. Perciò l’azionamento diventa un componente intelligente per l’automazione, soprattutto in virtù della capacità di integrazione con il motore, con il convertitore, con il riduttore e con le interfacce di comunicazione [1, 2, 5, 16].

collaborazione università-industria: motivazioni e modalità di realizzazione

La situazione attuale e le prospettive in rapida evoluzione fin qui delineate nel settore degli azionamenti elettrici per automazione lasciano ipotizzare una crescente esigenza di interazione tra gli enti istituzionali di ricerca ed il mondo delle imprese. D’altronde le motivazioni che spingono ad avviare e a intensificare le attività di collaborazione tra Università e industria riguardano molteplici aspetti che investono non solo il settore della ricerca ma anche quello della formazione e, di riflesso, della didattica.
Dal punto di vista industriale, senza avere assolutamente la presunzione di essere esaustivi, è possibile individuare tre tipologie di collaborazione con l’Università che si differenziano principalmente per il contenuto di progettazione, formazione di base o avanzata e di ricerca ed innovazione. La scelta del tipo di rapporto è chiaramente fortemente condizionata dalle esigenze specifiche, ma anche dal livello tecnologico dell’azienda stessa. Nel caso delle aziende non dotate di un settore di ricerca e sviluppo interno (normalmente medie e piccole imprese), la collaborazione con l’Università assume la forma di ricerca industriale e consente all’azienda di sviluppare comunque prodotti, a contenuto di innovazione più o meno elevato, e di continuare quindi a rimanere competitivi sul mercato.

Il livello del rapporto di collaborazione può evolvere con l’introduzione di connotati di ricerca e formazione (più o meno avanzata) nel caso in cui l’azienda interessata sia già dotata di unità di ricerca e sviluppo al suo interno ovvero desideri costituirne di nuove. In tal caso il rapporto con l’Università può avere il duplice scopo di integrare, laddove ci sono, le risorse interne nello studio e nello sviluppo di nuovi prodotti o contribuire alla costituzione di unità di ricerca attraverso la formazione specifica di giovani laureati. In alcuni casi, ad esempio, le aziende dotate di unità di ricerca interne possono non avere la possibilità di impegnare tali risorse su argomenti o settori non strettamente connessi con le necessità della produzione e beneficiano quindi del contributo universitario in cui l’attività di ricerca viene fatta istituzionalmente. In tal modo è possibile sviluppare nuovi settori con impegno e investimento limitato di risorse. È possibile inoltre che le unità di ricerca presenti non dispongano comunque delle competenze su alcuni specifici settori ed il contributo dell’Università è in tal caso fondamentale per l’acquisizione di nuovo know-how. Tali ultime considerazioni si possono chiaramente applicare e riferire anche al caso delle aziende dotate di un settore di ricerca e sviluppo di tipo avanzato. In tal caso il rapporto di collaborazione assume connotati di confronto costruttivo: l’Università può essere vista infatti come fonte alternativa di attività di ricerca dedicata di base oppure su argomenti specifici allo scopo di confrontare e/o integrare i risultati ottenuti dalle unità interne.
Dal punto di vista accademico, l’interesse verso lo studio e il confronto con le problematiche proprie del mondo dell’industria può essere visto con il duplice obiettivo di sviluppare e approfondire aspetti specifici sia di tipo didattico sia di ricerca. Dal punto di vista didattico è sicuramente importante che l’Università fornisca agli studenti non soltanto la necessaria preparazione teorica attraverso i corsi di base, ma anche il contatto con problematiche reali cui lo studente si dovrà confrontare una volta inserito nel mondo del lavoro. In tal senso la promozione di attività di tesi di laurea o di tirocinio da svolgersi in collaborazione o all’interno di aziende del settore rappresenta sicuramente un’importante possibilità. Molte delle problematiche presenti nel settore industriale possono essere considerate a tutti gli effetti come argomenti innovativi e degni quindi di indagine scientifica. Il rapporto con l’azienda può essere in questo caso bilaterale: problematiche specifiche di alcuni settori industriali, normalmente non completamente note all’accademia, vengono inizialmente acquisite da quest’ultima e, a valle dell’indagine scientifica, possono essere individuati elementi di innovazione di immediata applicabilità industriale. In questo senso la collaborazione può essere vista come una sorta di acquisizione e successivo trasferimento tecnologico.
Nel passato e, parzialmente anche oggi, diversi sono i fattori che hanno condizionato la concreta realizzabilità dei rapporti di collaborazione tra Università e industria, specialmente per quanto concerne la collaborazione nella ricerca. Tra questi è opportuno ricordarne i principali: la compatibilità dei tempi di sviluppo dei progetti industriali, la riservatezza delle informazioni e dei risultati ottenuti, il contenuto di innovazione delle problematiche affrontate, la lentezza o l’inadeguatezza degli apparati burocratici e degli strumenti normativi di supporto a un eventuale rapporto di collaborazione. Chiaramente i ridotti tempi di sviluppo di un progetto industriale sono il più delle volte incompatibili con la disponibilità di risorse, sia umane sia temporali, disponibili nelle strutture universitarie, normalmente impegnate in altre attività di tipo istituzionale (si pensi alla didattica o alla ricerca di base) e, quindi, non completamente impegnabili ai fini della collaborazione.

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