Quanto vale la formazione tecnica? Intervista a Valerio Ricciardelli di Festo CTE
La formazione tecnico-professionale è un fattore chiave per aziende, professionisti, manager e lavoratori. Al tempo stesso è lo strumento di crescita su cui poggiano i percorsi di studio, aggiornamento e riqualificazione. La quarta rivoluzione industriale alle porte sta ridisegnando prodotti, servizi e modelli educativi. La sfida per il nostro sistema industriale ed economico è enorme. Ne abbiamo discusso con Valerio Ricciardelli, presidente di Festo CTE, una delle più importanti realtà internazionali nella consulenza e nella formazione in ambito industriale, oltre che primo provider mondiale per i sistemi e le metodologie di apprendimento per la meccatronica.
In che modo la cultura tecnica può sostenere la crescita delle aziende e delle persone?
L’Italia è ancora il secondo Paese manifatturiero in Europa, dopo la Germania, dove l’istruzione tecnica, secondo quanto scritto recentemente da Romano Prodi e da me ampiamente condiviso e argomentato, è in “coma” mettendo a rischio nel prossimo futuro la sopravvivenza delle nostre aziende dei settori industriali.
Allora va da sé che la prima ricetta per sostenere la crescita delle nostre aziende è di poter disporre di quelle competenze distintive, oggi mancanti, che si possono acquisire solamente con una istruzione tecnica qualificata sia secondaria che terziaria.
Cosa serve al nostro Paese per ridurre la disoccupazione giovanile e al contempo evitare che ogni anno decine di migliaia di giovani laureati in discipline tecniche e scientifiche vadano a lavorare all’estero?
Creare nuovi tecnici, con le competenze necessarie alle aziende più pronte per competere nei mercati internazionali e quindi quelle orientate all’export, che fan parte prevalentemente del settore del machinery: troverebbero immediata occupazione. Nello stesso tempo riportare al centro dei dibattiti politici l’importanza dell’istruzione tecnica, ridando dignità alle scuole tecniche ed investendo nelle loro infrastrutture laboratoriali. Fare un piano straordinario di no formal education post diploma, finanziata dal FSE ma fatta realizzare da società di formazione private con comprovata esperienza internazionale nel settore.
Quali nuovi modelli formativi e organizzativi sono necessari per sostenere la competizione internazionale, il Made in Italy manifatturiero e l’avvento di Industry 4.0?
Sono un sostenitore, anche per una esperienza trentennale e per essermi occupato di Industry 3.0, della necessità di costruire dei percorsi di formazione applicata superiore, di durata non superiore ad un anno, ispirati ad un modello di dual education innovativo(non la riproposizione del modello duale tedesco). Va assolutamente superato il modello organizzativo degli ITS, ormai dichiarato fallito, che poggia in gran parte su complessità burocratiche. Le iniziative formative devono essere promosse, affidate e accreditate agli istituti o a società di formazione con le caratteristiche sopra citate.
Che tipo di professionalità e competenze tecniche saranno richieste nei prossimi anni?
Da più parti si sostiene che servono professionalità medium tech e medium-high tech con competenze generali rivolte all’area della meccatronica e in particolare alla componentistica intelligente. Nello stesso tempo sono necessarie ulteriori competenze per dare seguito a processi di innovazione incrementale, integrate dalle ormai tradizionali soft skills. Gli ambienti di maggior riferimento sono da un lato il contesto internazionale dove operano maggiormente le nostre imprese più attive e più pronte alla crescita e dall’altro il dover spesso operare, per le stesse, in una supply chain allargata.
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