L’importanza delle abilità sociali nell’era dell’Automazione
Un recente studio di David Deming dell’Università di Harvard ha acceso nuovamente i riflettori sul rapporto tra economia, lavoro e nuove tecnologie.
Dal 2000 a oggi la crescita di posti di lavoro altamente qualificati è notevolmente rallentata. Come si spiega questo fenomeno? Da un lato si potrebbe pensare al fatto che le nuove tecnologie sostituiscono non solo la manodopera di base, ma anche le competenze tecniche e gestionali di profilo medio-alto. Si tratta di una spiegazione parziale. Sebbene i riflettori siano continuamente accesi sui nuovi paradigmi tecnologici (Internet of Things, Industry 4.0, Robotica, Intelligenza Artificiale, Additive Manufacturing, Wearable Technologies ecc.), gli investimenti in IT negli ultimi 15 anni non sono aumentati.
Autorevoli contributi come quelli di David Autor, direttore del Dipartimento di Economia del MIT e Michael Polany, filosofo ed economista ungherese, hanno posto l’accento sul ruolo dell’istruzione, sostenendo che sarà quest’ultima a garantire un futuro al lavoro delle persone. Se saranno invece le macchine a prendere il sopravvento, allora il problema riguarderà la redistribuzione della ricchezza.
Lo studio di David Deming introduce nel dibattito un’ulteriore chiave di lettura molto interessante. Negli anni’80 e ’90 le macchine hanno sostituito molti lavori di routine, i servizi ripetitivi e le occupazioni ad alta concentrazione di processi codificati.
In parallelo le nuove tecnologie si sono fortemente accompagnate ai lavori che richiedono capacità astratte, problem solving e creatività.
Hanno invece mostrato la loro inadeguatezza nell’automatizzare i lavori che richiedono abilità sociali e soft skill come la persuasione, la negoziazione, la capacità di comunicare efficacemente e di lavorare in gruppo. E soprattutto nel trasferire la conoscenza implicita e non codificata, quella che gli essere umani apprendono o intuiscono “spontaneamente”. Il saldo tra queste tendenze contrapposte è al momento negativo in termini di quantità di lavoro generata. Peraltro non lo è in termini di qualità del lavoro, in quanto l’intelligenza emotiva e la capacità di gestire le relazioni interpersonali sono sempre più indispensabili per svolgere le professioni più ambite e retribuite.
Ma le prospettive generali potrebbero essere tutt’altro che negative. Se da un lato le nuove tecnologie portano a una riduzione dei posti di lavoro “tradizionali”, dall’altro stanno offrendo una capacità di comunicare attraverso una varietà di mezzi mai vista prima, la possibilità di condividere ogni tipo di informazioni e di collaborare con facilità su piattaforme diverse. Queste trasformazioni stanno amplificando radicalmente le nostre abilità sociali, trasformando il nostro modo di interagire e di lavorare con gli altri. Saranno dunque la abilità sociali le protagoniste della nuova economia del lavoro?
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