Internet of Things, si inizia a fare sul serio
L’Internet of Things (IoT) sarà probabilmente uno dei capisaldi dei nuovi modelli di industria, tecnologia e società. Giulio Salvadori, analista nell’Osservatorio Internet of Things presso il Politecnico di Milano, ha condiviso con noi alcune potenzialità che l’IoT sta prospettando in chiave scientifica, tecnologica e socio-economica.
Può spiegarci in poche parole cosa si intende per Internet delle Cose e quali requisiti tecnologici (attuali o futuri) la contraddistinguono?
L’Internet of Things è un paradigma tecnologico affascinante. Si basa sull’idea di “smart objects” – oggetti dotati di identità, che possono essere localizzati, che hanno capacità di interazione con l’ambiente circostante e di elaborazione dati – tra loro interconnessi in modo che sia possibile scambiare le informazioni possedute, raccolte e/o elaborate. L’intelligenza quindi non si ferma agli oggetti, ma si spinge fin dentro alla natura della rete che li interconnette.
Gli ambiti applicativi sono innumerevoli e molti di questi potrebbero avere impatti importanti sulle attività di imprese e pubbliche amministrazioni, oltre che modificare – in meglio, auspicabilmente – la vita della gente: Smart City, Smart Home, Smart Energy, Smart Environment, Smart Car, eHealth sono solo alcuni dei termini che sinteticamente evocano gli scenari applicativi.
Per restare all’ambito dell’automazione e dell’industria di cui ci occupiamo in questo blog, quali scenari applicativi dell’IoT appaiono più promettenti?
Tra gli ambiti applicativi IoT più promettenti in questo settore è possibile citare in primo luogo lo Smart Car come lo sviluppo di sistemi per la connessione tra veicoli o tra questi e l’infrastruttura circostante per la prevenzione e rilevazione di incidenti, l’offerta di nuovi modelli assicurativi e/o di informazioni geo-referenziate sulla viabilità e sulla situazione del traffico. In secondo luogo lo Smart Logistics come insieme di soluzioni per la tracciabilità di filiera, la protezione del brand e il monitoraggio della catena del freddo. Si trova invece in uno stadio più embrionale lo Smart Factory, ovvero l’implementazione di nuove logiche di gestione della produzione grazie all’uso di macchine sensibili al contesto in cui operano, in grado di rilevare informazioni in tempo reale e prendere decisioni. Tale ambito è infatti caratterizzato da un numero esiguo di progetti, prevalentemente di piccola dimensione e in fase sperimentale o prototipale.
Lo Smart Car, in particolare, consolida il proprio primato numerico in termini di diffusione (il 47% del totale degli oggetti connessi è costituito da autovetture) e registra una interessante crescita anche in termini di fatturato (31% del valore totale del mercato, +35% rispetto al 2012), superando quest’anno in valore anche lo Smart Home & Building (21%). Ci aspettiamo che lo Smart Car sarà uno degli ambiti a maggiore crescita anche nei prossimi anni, anche grazie alla normativa eCall, che prevede che tutti i nuovi modelli di autovetture immessi sul mercato dopo ottobre 2015 siano in grado di effettuare chiamate automatiche di emergenza.
Che investimenti sarebbero necessari nel nostro Paese per aumentare la diffusione dell’IoT e quali benefici ne deriverebbero per il sistema economico?
L’Internet of Things è un paradigma che richiede spesso, per una sua piena realizzazione, l’integrazione di diverse aree e ambiti applicativi che possano condividere una medesima infrastruttura al fine ottenere il massimo livello di efficacia possibile e quindi anche dei ritorni economici significativi. Oltre a questo è necessario un intervento mirato a livello di sistema Paese basato su accordi solidi tra pubblico e privato.
Per fare un esempio lo scorso anno abbiamo introdotto il concetto di Smart Urban Infrastructure (SUI), dimostrando con uno studio analitico che la creazione di una SUI volta a offrire tre servizi (Smart Metering gas, illuminazione intelligente, raccolta rifiuti) a una città di medie dimensioni consente, rispetto a una realizzazione non coordinata di questi stessi tre servizi, un risparmio del 25%÷50% dei costi di investimento e del 50%÷70% dei costi operativi.
Lavorando su questa seconda evidenza, la ricerca ha provato a individuare un modello di cooperazione in cui la municipalità conceda l’utilizzo dei propri asset in forma agevolata al soggetto privato che investe e gestisce la SUI, il quale in cambio riconosce alla municipalità delle tariffe favorevoli per la connessione dei propri oggetti intelligenti. Dal modello realizzato emerge come una opportuna negoziazione di questi parametri possa trovare un punto di equilibrio vantaggioso per entrambi in cui, per il privato, si riducono gli investimenti iniziali dal 10 al 15% ed i costi operativi dal 25 al 35%, mentre per il pubblico si riducono i costi di utilizzo della SUI dal 50 al 70%, con un evidente effetto positivo sulle possibilità di realizzazione di una tale infrastruttura, che poi resta disponibile (e dimensionata) anche per altre applicazioni to Business (Smart Metering Gas in primis) e to Consumer, che sono ora tutte da immaginare.
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