Il paradosso di Moravec e l’automazione di fabbrica
“Ripensare l’automazione di fabbrica”: così si intitola un paragrafo del best seller “La nuova rivoluzione delle macchine” di Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee. Per motivare l’invito a un ‘ripensamento’, l’autore racconta una storia che ha come protagonista Rodney Brooks, cofondatore di iRobot (l’azienda che ha lanciato il robot aspirapolvere Roomba).
Otto anni fa Brooks stava esaminando le attività svolte nei reparti di aziende altamente automatizzate e aveva notato che i lavoratori erano pochi ma non mancavano; le loro mansioni erano di tipo ripetitivo e privo di ragionamento, ma erano necessarie per sopperire alle inadempienze dei sistemi automatici. Un esempio piccolo ma eloquente è quello dei vasetti di marmellata: nelle linee di produzione i vasetti venivano riempiti regolarmente mediante macchine dosatrici adeguatamente programmate. Tuttavia, all’inizio del processo c’era una persona che piazzava i vasetti vuoti sul nastro trasportatore. Perché, si era chiesto Brooks, non era stata automatizzata anche questa operazione? Semplice: perché i vasetti arrivavano in set di dodici entro una scatola dove però non riuscivano ad essere perfettamente allineati; ciò avrebbe creato problemi a un braccio robotizzato, mentre per l’operatore umano non c’era alcuna difficoltà.
È il problema noto come paradosso di Moravec, lo studioso di robotica che nel suo “Mind Children: the Future of Robot and Human Intelligence” (1988) aveva osservato: “È relativamente facile fare in modo che i computer forniscano performance a livello di un adulto in un test di intelligenza o al gioco degli scacchi, ma parlando di percezione o di mobilità è difficile o impossibile dar loro le capacità di un bambino di un anno”. Il fatto è che i ragionamenti sofisticati richiedono poca capacità di calcolo mentre le abilità senso-motorie anche di basso livello richiedono enormi risorse computazionali. Insomma per le macchine, come ha detto Steven Pinker: “I problemi difficili sono facili e quelli facili sono difficili”.
Brooks però non si è arreso e ha fondato una nuova azienda dalla eloquente denominazione Rethink Robotics, con l’obiettivo di superare il paradosso di Moravec. E in parte ci è riuscito: i suoi Baxter (così li ha chiamati) hanno acquisito capacità manipolative notevoli, ma soprattutto hanno iniziato ad acquisire una prerogativa tipicamente umana, quella di imparare; e i loro tempi di addestramento sono incredibilmente brevi.
Dai Baxter agli odierni co-bot (collaborative robot) e a tutti gli attuali sistemi per la fabbrica smart, il passo è breve. Ci sono molti indizi, provenienti dall’area dell’Intelligenza Artificiale, che il paradosso di Moravec potrebbe essere sul punto di crollare; e allora sì, l’automazione di fabbrica potrebbe vedere un radicale ripensamento. Con un’ulteriore osservazione, segnalata da Brynjolfsson e McAfee, circa alcuni altre evidenti vantaggi di macchine come il Baxter: “Può lavorare tutto il giorno tutti i giorni senza avere bisogno di dormire, mangiare o andare in pausa caffè. Non avrà nemmeno bisogno della mutua e dell’assicurazione sanitaria o di incrementare il fardello delle trattenute in busta paga. E può fare due cose totalmente diverse allo stesso tempo: le sue due braccia sono in grado di operare indipendentemente”.
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