Fare… ‘spazio’ ai nano-satelliti
Che il settore aerospace sia un importante campo di applicazione delle tecnologie dell’automazione e della strumentazione è assodato. Lo è stato fin dagli inizi dell’era spaziale, che ha avuto il suo decollo imponente negli anni sessanta del secolo scorso, proprio mentre l’automazione entrava nella sua stagione più moderna: basterà ricordare che nell’estate 1969, mentre gli astronauti dell’Apollo XI sbarcavano sulla Luna, gli ingegneri della Modicon guidati da Dick Morley progettavano il primo PLC su richiesta della General Motors.
Quando si pensa all’industria spaziale, il pensiero corre subito alle grandi imprese, alle sofisticate sonde per la ricerca astrofisica, ai satelliti per telecomunicazioni, alla Stazione Spaziale Internazionale; tutti programmi legati a mega-progetti e a mega-commesse, fuori della portata di una PMI o di una start-up. Invece lo scenario attuale riserva sorprese e apre spazi (il termine è particolarmente calzante…) anche per iniziative e soggetti di piccole dimensioni.
Da un lato perché anche nei grandi programmi spaziali ci sono tante esigenze specifiche, che richiedono soluzioni ad hoc frutto di competenze speciali e di capacità produttive più consone a una realtà di nicchia che a un grande player. Dall’altro perché si stanno facendo strada, ed è la situazione meno conosciuta, le mini imprese spaziali, destinate a popolare lo spazio di mini e nano-satelliti.
Tra questi i più noti sono identificati come Cube-Sat, dove il prefisso Cube sta a indicare gli standard di riferimento di questa classe di satelliti ‘cubici’ delle dimensioni di 10 cm di lato e con una massa di circa 1 kg. Se ne parla ormai da qualche anno e celebri università, come il MIT di Boston e quelle del Texas di Austin e della California di Berkeley, come pure importanti centri Nasa come il Jet Propulsion Laboratory (JPL), l’Ames, il Goddard hanno elaborato o selezionato progetti di Cube-Sat predisposti per dimostrazioni tecnologiche, ricerche di tipo educational o vere e proprie missioni scientifiche.
Per chi vuole conoscere le ultime novità, basterà segnalare due eventi in programma nei prossimi mesi: il “13th Annual CubeSat Developer’s Workshop”, dal 20 al 22 aprile a San Luis Obispo (California) e il “5th Interplanetary CubeSat Workshop – iCubeSat 2016”, il 24 e 25 maggio nel campus universitario di Oxford (UK).
L’idea si era sviluppata a partire dalla constatazione che spesso il carico utile dei veicoli spaziali non esaurisce la capacità di lancio del razzo vettore e c’è posto per altre apparecchiature; la Nasa ha perciò iniziato a riservarsi la possibilità di completare il carico con un certo numero di moduli più piccoli dei normali satelliti. È nato così il programma pilota Cube-Sat e nel 1999 è stato messo a punto lo standard che prevede le dimensioni sopra indicate. Questa possibilità tecnica è venuta incontro all’esigenza diffusa di poter far partecipare direttamente alle missioni spaziali piccoli centri di ricerca e università, che non potrebbero affrontare imprese più impegnative. Le caratteristiche tecniche dei piccoli moduli permettono di ridurre molto i costi e i tempi di produzione e di coinvolgere nello sviluppo di satelliti anche soggetti piccoli, fino a realtà amatoriali e, potremmo dire, artigianali.
E le potenzialità possono aumentare con lo sviluppo di nuovi modelli. Una volta aperta una pista tecnologica, si sa, l’inventiva degli ingegneri e dei progettisti non si ferma. Infatti già c’è chi ha pensato all’idea dei Chip-Sat, ancor più piccoli ma con un favorevole rapporto superficie/massa che consentirebbe loro di ottenere prestazioni impossibili agli altri satelliti. I Chip-Sat potrebbero essere messi in orbita dai Cube-Sat o addirittura sparati da questi nelle orbite più alte tramite opportuni sistemi propulsivi.
In tutto questo non è difficile immaginare le opportunità che si offrono per nuovi sistemi di automazione e per raffinate soluzioni di strumentazione.
In foto: Un modello di Cube-Sat (Credit: Nasa)
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