PTC e IMA Group annunciano un accordo strategico in ottica IIoT e digitalizzazione

Durante lo scorso Liveworx, la soluzione IIoT di PTC ThingWorx è stata oggetto di importanti annunci. Le sue potenzialità hanno permesso a IMA Group, noto costruttore di macchine automatiche, di implementare un'innovativa piattaforma di advanced machine analytics

Dalla rivista:
Automazione Oggi

 
Pubblicato il 9 luglio 2020

In questo periodo di pandemia alcune aziende fra le più lungimiranti stanno approfittando del momento di stasi nella produzione per ampliare gli orizzonti di business, sviluppare idee, focalizzarsi sul futuro e aumentare la competitività. Fra queste sicuramente IMA Group, nato all’inizio anni ’60 e ora noto a livello internazionale come costruttore di macchine automatiche per svariati settori, fra cui in primis il farmaceutico e l’alimentare, e PTC. Le due realtà, che da tempo collaborano alla realizzazione di progetti in linea con il concetto di Industry 4.0 e digitalizzazione, sono infatti arrivate a siglare una partnership strategica biennale che “porta la nostra collaborazione a un livello superiore, un sodalizio a 360 gradi, in particolare per l’Industrial IoT” ha sottolineato Paolo Delnevo, Vice President SER&GM Italy di PTC. Occasione per ufficializzare la notizia, l’incontro web live intitolato ‘Un caffè con PTC’, al quale abbiamo avuto il piacere di prendere parte ieri, un modo per tornare a una ‘moderata’ normalità e condividere un momento conviviale restando rigorosamente ‘a distanza’.

Gli ingredienti di un buon progetto pilota di digitalizzazione
Partiamo dalla digitalizzazione: le analisi di due società come Deloitte e McKinsey rivelano come meno di un terzo dei progetti pilota lanciati dalle aziende in un’ottica di digital transformation abbia raggiunto gli obiettivi che si erano prefissi, solitamente relativi a un recupero di efficienza del 10% rispetto al costo totale del prodotto. Molti dei fallimenti che si registrano si devono al fatto che questi progetti si concentrano spesso solo sulla tecnologia e non sull’impatto della loro implementazione a livello di business, quindi in un’ottica più ampia: “Nel momento in cui implemento un progetto pilota per validare l’adozione in azienda di un tecnologia, ammesso che poi si sia capito davvero su quale tecnologia convenga concentrarsi, di solito si perde di vista il valore complessivo del piano, che è un driver fondamentale” ha sottolineato Delnevo. “Sono tre gli ingredienti chiave del successo di un progetto di digital transformation: impatto, velocità e scalabilità. Per quanto concerne l’impatto, i progetti devono partire con una chiara analisi, puntuale, del miglioramento atteso, prendendo in considerazione i KPI più significativi, per esempio asset utilization, costi, revenue addizionali, recupero di efficienza ecc. In quest’ultimo caso, devo decidere come impiegare al meglio le ore d’impianto ‘risparmiate’ grazie alla maggiore efficienza; se utilizzarle per esempio per produrre altro. È un’analisi che va fatta in via preventiva, coinvolgendo il top management aziendale”.

Ha quindi proseguito Delnevo: “Se pensiamo alla velocità: un errore che si fa spesso è selezionare l’impianto da digitalizzare anziché i singoli componenti. Occorre infatti prima di tutto valutare quale sia il collo di bottiglia della specifica applicazione per intervenire efficacemente, in quanto in un impianto vale la regola per cui la velocità globale va misurata sul componente più lento. E questo collo di bottiglia varia da linea a linea, da impianto a impianto; se un’azienda ha più impianti produttivi, non è sempre lo stesso in tutti, per cui se il test vale in uno stabilimento, può non valere per un altro. Occorre dunque identificare i colli di bottiglia specifici e focalizzarsi su di essi per migliorare l’intera linea produttiva.
Infine pensiamo alla scalabilità: non è per lo più pensabile né compatibile con i tempi imprenditoriali impostare un progetto di digital transformation in modo sequenziale, ovvero: progetto pilota, messa in produzione, altro progetto pilota, messa in produzione nello stabilimento 2 ecc… questo perché i tempi di payback dell’investimento non sarebbero sostenibili. Meglio dunque adottare fin dall’inizio una strategia di roll out scalabile su più stabilimenti, avendo una chiara governance di progetto”.

Ai tempi del Covid-19
In questi tempi di Covid-19 le aziende sono riuscite a mantenersi operative grazie alle nuove tecnologie, allo smart working, al controllo da remoto. Questo ha spesso stravolto le priorità dei progetti in campo industriale portando molti a una diversa vision: “Ho visto aziende o progetti ordinari, necessari ma non strategici in un momento di crisi, perdere la priorità o scendere di livello nel ranking delle priorità aziendali, e progetti straordinari, visionari, con importanza strategica ma non in tempi immediati, assumere un’accelerazione inaspettata con il Covid-19, a volta una vera impennata” ha concluso Delnevo. “È anche il caso di IMA. Certo l’iniziativa ‘IMA digital’ nasce ben prima di questo progetto ed è molto più articolata, ma negli ultimi 12 mesi in cui abbiamo lavorato a stretto contatto con IMA, abbiamo visto un notevole aumento di interesse per questo progetto, che è salito nel ranking delle priorità del Gruppo. Ora la sigla di questo accordo biennale ha una valenza strategica: è opinione dei leader di entrambe le aziende che sia questo il momento perfetto, nell’incertezza, per creare un legame ancora più stretto fra le due realtà, che già condividono molto: dalla fiducia nelle partnership alla visionarietà nell’introduzione di nuove tecnologie, che ritengono elementi fondamentali della loro competitività futura nei rispettivi mercati di riferimento”.

Valore aggiunto per le macchine
Con un totale di 6.200 dipendenti, di cui 2.400 fuori dall’Italia, e un fatturato 2019 pari a 1 miliardo e 600 milioni di euro di cui più del 90% realizzato all’estero, IMA presidia diversi settori merceologici. Nasce come costruttore di macchine per il settore del tè, ma oggi vanta una posizione di vertice in molti altri comparti, annoverando fra i suoi clienti i più noti marchi a livello mondiale. IMA ha stabilimenti produttivi in 45 Paesi e offre un servizio di supporto alla vendita e post vendita distribuito capillarmente il 80 Paesi: “Personalizzazione è la parola chiave, che racchiude il segreto del nostro successo” ha sottolineato Pier Luigi Vanti, ICT and Industry 4.0 Corporate Director di IMA Group. “Nel nostro mondo la produzione di serie è un’eresia e la tendenza alla standardizzazione è un sotto obiettivo non perseguibile fino in fondo”. Da qui già ben si comprende l’importanza che la digitalizzazione la possibilità di attivare produzioni flessibili e custom oriented sia essenziale per IMA. Senza contare che “a oggi il mondo dei servizi che fa da corollario ai nostri prodotti vale già il 30% del nostro business, percentuale oltretutto in crescita, soprattutto negli ultimi anni” ha proseguito Vanti.

Nel 2016 la proprietà ha deciso di dare vita al progetto ‘IMA digital’, volto a ricercare, selezionare e abbracciare tutte le soluzioni tecnologiche utili disponibili dai partner, con l’obiettivo di recepire tecnologie ed expertise per aumentare il valore della propria offerta. “Il progetto si è articolato in quattro macro categorie: smart machine (volto all’arricchimento delle macchine tradizionali con soluzioni innovative, laddove le macchine di IMA sono sempre state molto digitalizzate, ma non erano connesse, né in grado di colloquiare con altri sistemi né di far analizzare i dati che venivano raccolti); smart service (ovvero migliorare i servizi esistenti e crearne di nuovi, abilitati dalle nuove tecnologie; smart factory (in linea con il concetto di Industria 4.0, applicato a fabbriche e processi di business); organizzazione (ovvero recepire la digital transformation a livello di business internamente, nell’organizzazione).

Questo ha dato vita complessivamente a 24 progetti” ha spiegato Vanti. “Abbiamo per esempio abilitato le nostre macchine a colloquiare con altri sistemi in modo standardizzato, per poter raccogliere in modo efficiente ed efficace tutti i dati semilavorati o grezzi che già erano disponibili e creare servizi a valore aggiunto. Grazie ai dati e attraverso la Digital Room realizzata grazie alla tecnologia ThingWorx di PTC, già offriamo un servizio di assistenza preventiva e fra poco arriveremo a una manutenzione predittiva. Possiamo così forire informazioni ai clienti basate sui dati raccolti dalle nostre macchine, il tutto con un sistema di cybersecurity integrato per mitigare le problematiche relative alla sicurezza delle connessioni, del cloud e di Internet” ha esemplificato Vanti.

Indubbio però che per cogliere i frutti dell’innovazione digitale al tecnologia non basti, occorre un nuovo ‘mindset’, ha sottolineato Martina Stefanon, Business Development Director for Service Innovation di IMA Group, responsabile del progetto Dna Map: “Si parla di ‘digital mindset’, un insieme di atteggiamenti, comportamenti, attitudini che rendono le persone capaci di vedere le opportunità intorno a loro. E se la parte tecnologica è la più entusiasmante, non è sufficiente a fare la differenza fra successo o meno. Ciò che serve per iniziare il viaggio dell’innovazione è sapere andare incontro e abbracciare il cambiamento, lavorare con un approccio collaborativo, imparare a sperimentare, superando gli ostacoli che certamente non mancano” ha esordito Stefanon. “Occorre pensare a business model innovativi non solo per differenziarsi dai competitor ma anche per creare nuove opportunità di business con la tecnologia quale fattore abilitante.

Un primo passo compiuto da IMA, per esempio, è stato passare da sevizi basati sul prodotto a servizi dove al centro è il cliente e questa è la base dei sevizi ora in corso. In tal modo, sviluppiamo ancora più il rapporto con il cliente, partendo dai servizi base che offriamo, per esempio legati all’assistenza tecnica, dove la classica relazione cliente-fornitore si evolve in vera e proprio ‘consulenza’, diventiamo un interlocutore in grado di consigliare strategie vincenti per migliorare i processi produttivi. Fino ad arrivare a servizi ancora più evoluti, dove si può pensare di contrattualizzare l’efficienza che le macchine devono raggiungere in base ai KPI del cliente, oppure dove viene misurato l’output della macchina. Intendiamo procedere in questa direzione, tendendo sempre a un rapporto che diventi partnership strategica” ha continuato Stefanon. “E questo business model porta valore anche al business più tradizionale, ancora basato sul prodotto, credo per una questione di fiducia, che è alla base di ogni rapporto con il cliente e che si incrementa grazie ai servizi digitali”.
La costante ricerca del nuovo e la passione per l’eccellenza ha portato IMA e PTC ad abbracciare il ‘potere dei dati’: le potenzialità in questo sono innumerevoli, molte ancora da esplorare.

Digitalizzazione dei servizi
Entrando nello specifico dei servizi digitali offerti da IMA, le macchine connesse possono avere il supporto della Digital Room, cioè un team di esperti che 24/7 verificano lo stato di salute della macchina analizzando e monitorando tutti i parametri rilevanti per un efficiente andamento del processo produttivo. In caso di fermi e allarmi, vengono inviati degli alert, generati automaticamente, sia agli operatori IMA sia al cliente. Dna Map permette invece ai clienti di monitorare in autonomia le condizioni della macchina e analizzarne le perdite di efficienza, determinandone anche le cause per prevedere azioni migliorative. Mette inoltre sempre a disposizione tutti i dati rilevanti per ottimizzare i processi produttivi, in ogni momento e luogo e su tutti i tipi di device: conoscere in modo più approfondito i processi produttivi vuol dire anche migliorare le performance.

“Questi due servizi rispondono a esigenze diverse e complementari del cliente” ha illustrato Stefanon: “la Digital Room è importante perché, oggi più che mai, ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale che ci sia sempre qualcuno da remoto pronto a intervenire in caso di necessità; in questi tempi di Covid-19, il monitoraggio da remoto di fabbriche e impianti ha permesso a molte aziende, nonostante le restrizioni nei viaggi e le quarantene, di continuare a operare. Dna Map, d’altra parte, soddisfa il bisogno di autonomia e indipendenza: avere un bagaglio di informazioni che permetta, in modo autonomo, all’utente di migliorare ed efficientare i processi produttivi. Dunque, con Dna Map, per fare un esempio, un direttore di produzione potrebbe, anche da casa, seguire l’andamento della produzione e reagire a eventuali criticità, avvalendosi del supporto, sempre da remoto, degli esperti IMA tramite la Digital Room” ha spiegato Stefanon.

Dna Map raccoglie dati grezzi dalla macchina e li trasforma in informazioni a valore aggiunto.

“L’operatore in campo, per esempio, ha a disposizione un elenco ‘intelligente’ di suggerimenti da seguire per migliorare l’efficienza della macchina; il tecnico dispone di dati statistici per armonizzare le macchine di una linea; il direttore di linea può visualizzare le performance medie per pianificare le attività ecc. La piattaforma è aperta, per cui può collegarsi ai vari sistemi aziendali e a tutti i tipi di macchina, sia di IMA sia di fornitori esterni al gruppo” ha proseguito Stefanon. “Infine, è disponibile una app per smartphone con due sezioni: una legata all’efficienza, facile e intuitiva, per capire dove si sta perdendo efficienza; poi un navigatore per seguire l’andamento produttivo di un lotto e sapere con chiarezza come stata andando la produzione, quali sono i tempi per arrivare alla fine del processo ecc.”.

Obiettivi del progetto e coinvolgimento di PTC
Per Dna Map IMA ha scelto di utilizzare la piattaforma ThingWorx di PTC, le cui funzionalità hanno permesso il rapido sviluppo della soluzione garantendo: sicurezza, a partire dal dato grezzo della macchina fino al cloud; affidabilità, ovvero resilienza, stabilità e affidabilità dell’applicazione; scalabilità per supportare volumi di dati anche ampi mantenendo una visibilità in realtime sul processo.
“Il progetto Dna Map di IMA risale al 2016, quando ha avuto inizio la ricerca delle tecnologie utili e delle possibili realtà da coinvolgere; PTC è stata scelta come partner a inizio 2017” ha ricordato Stefanon “poi si è passati allo sviluppo, che è proseguito con vari passaggi e release. Le prime macchine collegate sono state disponibili sul mercato da settembre 2017, quindi la soluzione non ha mai finito di evolversi, poiché questi progetti non hanno un termine, evolvono con la tecnologia e anche con un lavoro di co-innovazione con il cliente, che è sempre al centro, con sue esigenze”.

Oltre ai servizi di PTC la soluzione si avvale dell’infrastruttura Microsoft Cloud Azure in modo da garantire i più elevati standard di sicurezza.
“In futuro continueremo a percorrere la strada di una maggiore interazione fra esseri umani e piattaforma, aumentando le funzionalità di Map” ha concluso Stefanon. “Verranno integrate tecnologie, come la realtà aumentata, per abilitare nuovi strumenti e servizi; svilupperemo le funzioni della Digital Room per renderle più potenti ed evolute; implementeremo su larga scala le soluzioni di ‘anomaly detection’ e servizi aggiuntivi legati a nuovi algoritmi di Analytics, con il supporto di PTC; avremo una suite di servizi digitali avanzati che il cliente potrà scegliere, creando un suo personale livello di servizio.
La trasformazione digitale è un viaggio continuo: la scelta del partner giusto con cui condividerlo è di vitale importanza”.

Ilaria De Poli @depoli_ilaria