Pronti per la terza rivoluzione industriale?
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Accusato da taluni di superficialità e ambiguità, l’economista Jeremy Rifkin continua a far discutere. Soprattutto in Europa. In un recente incontro a Berlino tra Rifkin e alcuni dei massimi rappresentanti delle istituzioni europee, Angela Merkel, Jean Claude Juncker e Werner Hoyer, si è parlato di innovazione e competitività.
Secondo Rifkin l’Europa deve puntare con decisione sull’Internet delle Cose come infrastruttura digitale a supporto di quella che lui chiama “terza rivoluzione industriale”, ovvero un nuovo modello di sviluppo basato sul passaggio dall’economia del carbonio alle energie rinnovabili, sulla tecnologie dell’idrogeno, sulle smart grid e sulla e-mobility.
All’interno di questo paradigma l’Internet of Things si svilupperebbe su 3 piani convergenti: Internet dell’Energia, Internet delle Comunicazioni e Internet dei Trasporti.
Nell’economia digitale, le imprese e le persone collegate all’Internet of Things potenziata potranno utilizzare strumenti come Big Data, modelli 3D e algoritmi per l’efficienza energetica per aumentare la produttività e ridurre drasticamente il costo marginale di beni e servizi, in un contesto di Sharing Economy.
Già oggi, grazie alla nascente Internet delle Cose, è possibile produrre, consumare e scambiare energia rinnovabile a costo marginale quasi nullo. È anche possibile produrre e condividere contenuti virtuali (musica, notizie, video, social media, ebook ecc.) o beni e servizi fisici (car sharing, giocattoli, vestiti, strumenti e altri oggetti di uso comune) riducendo al minimo l’impiego di risorse e inaugurando un’economia di tipo circolare.
La transizione verso l’economia digitale e la terza rivoluzione industriale comporterà un salto di produttività ben superiore a quello introdotto dalla seconda rivoluzione industriale nel ventesimo secolo. Cisco Sistemi prevede che entro il 2022 l’Internet delle cose genererà risparmi e ricavi pari a 14.400 miliardi di dollari. Un recente studio di General Electric prevede che gli aumenti di produttività determinati dall’Industrial Internet interesseranno ogni settore economico e potrebbero contribuire al Pil europeo con valore globale di circa 2,2 trilioni di euro entro il 2030.
In sintesi, gli investimenti per realizzare tale infrastruttura porteranno all’Europa nuove opportunità di business e di occupazione, in uno scenario di economia condivisa, più produttiva ed ecologicamente sostenibile. Per l’Unione Europea la sfida è enorme, ma – sostiene Rifkin – i benefici lo saranno altrettanto. Siete d’accordo?
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