In crescita l’economia mondiale, rallenta quella americana
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La Cina, per esempio, ha chiuso il secondo trimestre con una crescita dell’11,3%, ai massimi da oltre un decenno. La decelerazione attesa non si presenta affatto drammatica: gli indicatori OCSE, infatti, hanno continuato a migliorare in molte aree a maggio, anche se la flessione dell’indice statunitense, insieme a quella dei Paesi dell’area del dollaro (Canada e Australia), ha determinato una lieve discesa dell’indice generale.
L’inflazione sta salendo un po’ ovunque, per effetto dei passati rincari del petrolio e delle materie prime di base. Secondo lo studio di Capitalia, tuttavia, si può innescare una accelerazione dei prezzi duratura. In un contesto globalizzato, l’inflazione non può essere un fenomeno determinato solo dalle condizioni interne: essa, al contrario, tende sempre di più a dipendere dal resto del mondo e, in particolare, dall’enorme capacità inutilizzata ancora esistente a livello mondiale. Questo significa che le spinte verso l’alto provenienti dalle materie prime dovrebbero comunque essere compensate dalle pressioni verso il basso provenienti dai beni prodotti nei Paesi a basso costo del lavoro; in tale contesto, anche l’aumento del costo del lavoro appare improbabile. In prospettiva, pertanto, l’inflazione dovrebbe rimanere sotto controllo e potrebbe iniziare a decelerare nel prossimo anno, quando la velocità di crescita della domanda è attesa che si riduca.
Nel frattempo, il ritorno di tensioni geopolitiche – stavolta il Medio Oriente, con gli attacchi degli Hezbollah e la risposta di Israele, e la Corea del Nord – e le sue conseguenze sul prezzo del petrolio, che ha segnato nuovi massimi, potranno far sentire i loro effetti per qualche tempo.
Negli Stati Uniti, gli indicatori congiunturali più recenti confermano i segnali di rallentamento della crescita già emersi in precedenza, sebbene alcuni dati in controtendenza attenuino le preoccupazioni sull’entità e la rapidità di tale decelerazione. L’economia sembra in realtà attraversare, come asserito dallo stesso Bernanke nella sua audizione semestrale al Congresso, una fase di transizione verso un tasso di crescita più sostenibile (nel secondo trimestre 2006 la crescita dovrebbe attestarsi a circa il 2,8% t/t annualizzato dal 5,6% del trimestre precedente).
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