Un modello ibrido per l’analisi ed il controllo di magazzini automatici

 
Pubblicato il 14 dicembre 2012

I magazzini automatici per lo stoccaggio e la distribuzione merci sono presenti in molte realtà industriali e commerciali di produzione e/o distribuzione. I problemi di controllo per siffatti sistemi si occupano del sequenziamento ottimale delle missioni di movimentazione, ciascuna delle quali consiste nel trasporto di una SKU (unità di movimentazione) da un determinato punto dell’impianto a una locazione d’immagazzinamento o viceversa.

Generalmente l’architettura di un magazzino automatico prevede un certo numero di corridoi, ognuno dei quali servito da un trasloelevatore, un sistema d’interfaccia, lungo il quale si spostano dei veicoli che movimentano le SKU, postazioni di prelievo (dette baie di picking) e buffer d’ingresso.

L’approccio classico nel modellare magazzini automatici è quello di considerare le loro prestazioni come legate unicamente a quelle dei trasloelevatori, che si assumono essere indipendenti dalle performance del sistema d’interfacciamento. Per questo motivo, in fase di progettazione, si ricorre all’utilizzo della norma FEM 9.851. L’assunzione alla base di tale scelta è che il tempo medio del viaggio necessario per trasportare la SKU dal buffer d’uscita del corridoio (buffer d’uscita della baia di picking) al buffer d’ingresso della corrispettiva baia di picking (buffer d’ingresso del corridoio) è trascurabile rispetto alla durata del ciclo macchina (in altre parole, un trasloelevatore non deve mai attendere per poter caricare/scaricare una SKU). Inoltre, la prestazione è basata unicamente sul calcolo del tempo del viaggio tra opportuni punti del corridoio.

Questo non è più vero quando le dimensioni del sistema d’interfaccia crescono e il numero di punti di interfacciamento con le baie aumentano. In tal caso gli eventi di “stop & go” dei veicoli diventano maggiormente frequenti con il conseguente aumento del tempo necessario per portare una SKU dall’area di picking a quella dei trasloelevatori, diminuendone le prestazioni.

Il caso di studio considerato è un magazzino automatico a pallet in esercizio presso la A. Capaldo di Atripalda (AV) realizzato da Stöcklin, famoso gruppo svizzero operante nell’ambito della realizzazione di soluzioni per la logistica. Tuttavia, pur trattandosi di un’azienda tra i protagonisti di questo settore, la maggiore attenzione è stata dedicata alla qualità della realizzazione da un punto di vista elettromeccanico, mentre l’aspetto dell’ottimizzazione e del controllo è stato posto in secondo piano. 

L’impianto analizzato è stato offerto al cliente per prestazioni di circa 450 prese/ora supportando l’analisi delle prestazioni sulla norma FEM 9.851, certamente adatta per un dimensionamento di massima dell’impianto, ma ormai non più adatta per la valutazioni delle prestazioni di complessi magazzini automatici. Effettuare analisi e sintesi del controllo di magazzini automatici senza basarsi su un modello dinamico è una prassi piuttosto comune ancora oggi.

Obiettivo di questo lavoro, disponibile in esclusiva su Automazione e Strumentazione eXtra, è non tanto la diffusione di metodologie accademiche, ma soprattutto motivare la necessità dell’introduzione delle stesse nella progettazione di siffatti sistemi evidenziando che le prestazioni reali possono altrimenti differire anche fino al 50% da quelle attese. In particolare si propone l’utilizzo di reti di petri ibride colorate modificate per tener conto, in sistemi complessi, delle suddette dinamiche tempo continue oltre a quelle ad eventi.

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