Fieldbus negli impianti di processo..

Dalla rivista:
Fieldbus & Networks

 
Pubblicato il 15 febbraio 2002

“C’è stato un ritardo sostanziale dovuto all’inerzia con la quale si è passati dall’acquisizione di dati diretta in tensione/corrente all’utilizzo dei bus di campo”, afferma Scarfì. “Tale inerzia è stata determinata da due fattori: la grossa differenza, agli inizi, nella velocità d’acquisizione e la pubblicità negativa verso i bus di campo da parte di società che proponevano, e propongono tuttora, soluzioni DCS”.
Oggi si assiste a diversi fenomeni, quali un certo allineamento in termini di prestazioni tra fieldbus e vecchie soluzioni per quanto concerne la velocità d’acquisizione; la riduzione dei tempi d’installazione e messa in opera grazie alla minore quantità di cavi da stendere; il volgersi di quasi tutte le società all’utilizzo dei fieldbus. Dunque, vengono sempre più a mancare gli iniziali motivi di obiezione all’introduzione dei bus di campo, tanto che assistiamo a una lenta ma inesorabile espansione di questi ultimi anche in settori come il petrolchimico, considerati storicamente ‘terreno di caccia’ del DCS.
“L’uso dei fieldbus nell’automazione di processo è in crescita costante, ancor più da quando è stato rimosso l’ostacolo culturale che considerava il bus di campo poco affidabile”, afferma Uggeri. Sono sempre più frequenti le richieste da parte degli utenti di soluzioni d’automazione su bus nonostante il costo ancora elevato dei dispositivi di campo. “Chi sceglie architetture fieldbus apprezza soprattutto le caratteristiche di comunicazione e di elevata disponibilità dei dati che consentono operazioni di commissioning facili, veloci e sicure, start-up e monitoraggio continuo dei guasti e delle anomalie dei dispositivi”, egli conclude.

Il requisito della sicurezza

Nel controllo di processo la sicurezza, intesa come ‘safety’, è fondamentale. In che modo questo requisito viene soddisfatto dai fieldbus utilizzati?

Per Allegro la sicurezza nel controllo di processo può essere vista da prospettive diverse: “Una rete fieldbus per il controllo di processo deve anzitutto garantire la realizzazione della comunicazione tra nodi entro intervalli temporali rigidamente rispettati. Sopraggiungono immediatamente i concetti di determinismo e ripetibilità, quest’ultima intesa come la variazione degli intervalli tra l’esecuzione di eventi ciclici”. Inoltre, particolari profili possono garantire l’esecuzione di azioni su dispositivi fail-safe con tempi di latenza ridotti rispetto ad applicazioni ordinarie. La sicurezza riguarda poi la robustezza del protocollo a errori indotti nei datagrammi ricevuti; una maggiore protezione da errori multipli si paga in termini di ‘frame overhead’ e di ‘data rate’ efficace. “La sicurezza, intesa come protezione all’esplosione, è stata spesso sottovalutata, in primis dai produttori di apparecchiature fieldbus”, afferma Villa. “Molti, infatti, hanno ritenuto fosse sufficiente garantire la sicurezza del bus e degli I/O remoti per disporre di un buon sistema, ma hanno guardato troppo al bus e troppo poco al processo”. La realtà è ben diversa: spesso negli impianti convivono differenti modalità di protezione (EEx-i, EEx-d, EEx-m) e diverse tipologie d’installazione; un buon sistema bus perciò dovrebbe essere in grado di gestire segnali da apparecchiature di ogni genere e con qualsiasi modalità di protezione, per assicurare la massima apertura e flessibilità. Da parte sua, afferma Galloni, Foundation Fieldbus non ha posto in atto alcuna attività in ambito ‘safety’ a causa dell’attuale mancanza di normative specifiche; tale situazione, infatti, non garantisce l’utente nello sviluppo e nell’adozione di sistemi di sicurezza per misure di tipo analogico (pressioni, temperature, analizzatori, ecc.).
“La sicurezza è un tema delicato, che andrebbe valutato anche nell’ottica dell’evoluzione tecnologica”, afferma Motta. “Ad esempio, in campo petrolchimico ai DCS viene tuttora richiesta la ridondanza completa degli I/O. Se questo concetto era indispensabile 20 anni fa, quando l’affidabilità dei componenti elettronici che costituivano l’hardware delle schede era decisamente bassa, oggi non lo è più”. Gli Mtbf delle schede, infatti, sono tali per cui ridondare completamente gli I/O costituisce uno spreco economico ingiustificato. Sarebbe probabilmente sufficiente ridondare quei pochi segnali veramente critici per la sicurezza e la produttività. Lo stesso concetto si può applicare alle reti: “Se siamo ormai tranquilli nell’affidare a una rete la trasmissione delle informazioni che ci permettono di condurre l’impianto in sicurezza, non dobbiamo cadere nella trappola che ci porta a voler ridondare tutto il possibile”, sottolinea Motta. “Ci sono alcuni nodi cruciali per il passaggio e la gestione delle informazioni che devono essere esaminati con cura, e la scelta della rete da utilizzare deve rispondere soprattutto a criteri di affidabilità e sicurezza in funzione del tipo d’informazione da trasmettere. Non esistono reti ‘tutto fare’; la sicurezza nella realizzazione del bus di campo è direttamente legata alla capacità di analizzare e capire le necessità di distribuzione delle informazioni nell’impianto e nel sistema di controllo”. Se siamo in grado di definire chiaramente quante sono, in quali tempi ci occorrono e quali sono le informazioni per gestire un impianto, saremo anche in grado di ‘tagliare’ l’architettura in modo adatto alla gestione dello stesso, in completa sicurezza. “Le tecnologie non mancano, presentano prestazioni elevate, sono sicure e consentono di soddisfare tutte le esigenze tecnologiche e di sicurezza necessarie”, assicura Motta.

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