Quattro consigli per avere successo nel 2022

Pubblicato il 25 novembre 2021

La fine dell’anno è quel momento in cui ci si guarda indietro per analizzare quello che si è fatto negli ultimi dodici mesi, ma anche il momento in cui si cerca di vedere il più lontano possibile. È il momento delle previsioni, di cercare di capire quale strada si può prendere per raggiungere al meglio i propri obiettivi. La pandemia ha dato un forte impulso alla trasformazione digitale e questa ha caratterizzato gli ultimi due anni. Proprio per questo motivo, forse, dovremmo fare un passo indietro. Dovremmo osservare con attenzione dove ci ha portato la trasformazione digitale e concentrarci su come capitalizzare quello che abbiamo imparato, per progettare nuove strategie vincenti.

Ecco quindi quattro consigli per ottimizzare la trasformazione digitale e altre aree di business nel 2022.

Focalizzarsi sull’esperienza dei dipendenti per sfruttare a pieno i benefici del lavoro ibrido
A inizio anno, probabilmente, il pensiero e la previsione più comune era “il lavoro ibrido è il futuro”. Le aziende si sono rese conto che i dipendenti, desiderosi di maggiore flessibilità nella loro vita lavorativa, non avrebbero più tollerato ambienti in cui il lavoro da remoto non fosse praticabile e, di conseguenza, sono stati sperimentati diversi modelli di lavoro ibrido. Nel 2022, vedremo quali organizzazioni capitoleranno e quali miglioreranno a causa del lavoro ibrido. Per garantire il successo dei modelli di lavoro ibridi, le aziende dovrebbero concentrarsi sull’esperienza dei dipendenti tanto quanto sull’esperienza del cliente. Le organizzazioni che riusciranno in questo prospereranno, mentre le altre perderanno talenti e capacità. L’esperienza del dipendente riguarda il modo in cui le persone accedono e possono muoversi tra le informazioni e le soluzioni di cui hanno bisogno per essere coinvolte e produttive. Con un solo click, i dipendenti dovrebbero essere in grado di interagire con tutte le funzioni dell’azienda (non solo l’IT) da un unico pannello di controllo, ed essere così sollevati da attività banali grazie a workflow automatizzati. I dipendenti ​​ricevono così supporto ogni volta che ne hanno bisogno, ovunque si trovano.

Utilizzare il low code
Il low code permette alle persone senza capacità tecniche di creare soluzioni digitali utilizzando piattaforme apposite. I dipendenti hanno a disposizione un’ampia gamma di workflow digitali e possono utilizzarli senza la formazione che hanno ricevuto gli sviluppatori di software. La conoscenza del business permette loro di identificare più problemi e le piattaforme di sviluppo low code consentono di implementare soluzioni a valore aggiunto molto rapidamente. Nel frattempo, il personale tecnico può così concentrarsi sull’innovazione in senso vero e proprio, creando un ambiente significativamente più agile di quello esistente.

Prepararsi all’iperautomazione
Nel 2020 un sondaggio McKinsey ha rilevato che il 31% delle organizzazioni di tutto il mondo aveva completamente automatizzato almeno un processo aziendale e un altro 35% disponeva di progetti pilota. Ma mentre l’automazione ha una comprovata efficacia nella semplificazione dei workflow, nel 2022 dovremmo richiedere una visibilità sui processi di livello superiore. L’iperautomazione unisce l’automazione dei processi di base con la business intelligence e l’integrazione per creare un workflow di trasformazione digitale incentrato sull’ottimizzazione. La metodologia richiede di fare un passo indietro rispetto al proprio istinto di automazione, per esaminare il quadro aziendale più ampio e il modo in cui ogni workflow incorpora persone, processi e sistemi. L’iperautomazione richiede di identificare in maniera intelligente i processi per l’automazione. Nel frattempo, l’integrazione consente la visibilità delle dipendenze tra i sistemi. Il pensiero critico umano sarà fondamentale nel decidere se automatizzare un’attività, digitalizzare un processo o inviare un elemento dell’azienda per ulteriori analisi. Adottare questo approccio significa diventare più agili che mai.

 

Filippo Giannelli, Responsabile ServiceNow per l’Italia



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