Studio Porsche Consulting sull’industria agricola

Pubblicato il 23 maggio 2019

Riduzione del suolo utilizzato del 95%, consumi d’acqua minori del 70% e al contempo 80% di maggiori ricavi. Sono solo alcuni degli aspetti positivi dell’agricoltura verticale che emergono da “Future Farming”, la ricerca di Porsche Consulting sul futuro dell’industria agricola.
Entro il 2050 la sicurezza alimentare richiederà due miliardi di ettari di terra aggiuntivi, un’area delle dimensioni del Brasile. Ma non solo, considerando che il 60% dei principali ecosistemi del pianeta risulta già degradato o sovra sfruttato, esiste la concreta possibilità che entro il 2050, in assenza di radicali modifiche strutturali al nostro sistema di produzione e consumo, avremo bisogno complessivamente dell’equivalente delle risorse di oltre due pianeti.

Solo grazie alle nuove tecnologie sarà possibile assicurare contemporaneamente la quantità, la qualità e la sicurezza necessarie e per riuscire simultaneamente a diminuire gli elevati consumi di acqua. L’agricoltura è infatti responsabile del 65% dei consumi globali di acqua – consumi che nel nostro Paese sono 25% più alti della media europea. Tra le diverse applicazioni quella maggiormente innovativa e ad alto impatto sul mercato è la cosiddetta “vertical farming”, coltivazioni idroponiche in serre fuori suolo, chiuse, su più livelli, climatizzate e automatizzate.

Il tasso di produttività delle vertical farm è 75 volte maggiore quello della coltivazione tradizionale ed il consumo d’acqua è circa il 95% in meno rispetto alle coltivazioni tradizionali in campo. Un ulteriore vantaggio è che una vertical farm può essere localizzata ovunque, persino all’interno di grandi centri urbani, eliminando le lunghe tratte logistiche e assicurando al consumatore finale prodotti regionali freschi.

«Il vertical farming cambierà radicalmente anche le tradizionali relazioni tra cliente e fornitore lungo tutta la filiera agroalimentare – afferma Josef Nierling, Amministratore Delegato Porsche Consulting. I produttori di macchinari agricoli – continua Nierling – dovranno reinventare il portfolio dei loro prodotti per poter sostenere gli agricoltori “verticali”, mentre questi ultimi diventano davvero produttori a chilometro zero, eliminando l’elevato numero di passaggi presenti lungo il canale distributivo e diventando essi stessi dei supermercati/punti vendita ortofrutticoli.»

La vertical farm più grande al mondo è in costruzione a Dubai – 13.000 metri quadrati per un investimento di circa 40 milioni di dollari- e, in Russia, il fondo di venture capital TealTech sta introducendo una rete di aziende agricole verticali all’interno di aree urbanizzate che sarà in grado di produrre ogni anno circa 1 milione di kg di produzioni orticole. Il vertical farming parla anche italiano: Travaglini FarmTech sta realizzando a Milano quello che diventerà uno dei più grandi progetti di vertical farming al mondo.

«Tra le applicazioni più affascinanti c’è quella applicata al settore aerospaziale. La coltivazione a zero gravità, già sperimentata in alcune missioni, potrebbe assumere rilevanza maggiore grazie al programma Artemis recentemente lanciato dalla Nasa”. Conclude Josef Nierling: “Si prospetta addirittura una coltivazione sul suolo lunare a supporto di permanenze più lunghe, forse un giorno per insediamenti permanenti. Sembra fantascienza, ma oggi è una possibilità più tangibile che mai: il futuro è a portata di mano».



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