Se le competenze non bastano: l’importanza dei soft skills
Torno ancora sul tema della formazione, a valle dell’IFAC Workshop on Internet Based Control Education che si è tenuto a Brescia a inizio novembre e che ha visto la partecipazione di più di 50 esperti dell’insegnamento dei controlli automatici provenienti da tutto il mondo. Nel corso del convegno sono stati mostrati molti strumenti efficaci soprattutto per la realizzazione di laboratori virtuali e remoti che permettono allo studente di comprendere al meglio concetti teorici e favoriscono l’apprendimento di metodologie di forte rilevanza industriale.
Una delle discussioni più interessanti ha riguardato tuttavia l’impiego di tecniche di insegnamento (o, sarebbe meglio dire, di apprendimento) che si possono definire di tipo innovativo e per le quali la rete gioca un ruolo determinante. Ad esempio, la flipped classroom, che prevede che gli studenti si documentino individualmente su un certo argomento prima della lezione (mediante libri, o soprattutto video preregistrati e disponibili su web) e sfruttino in seguito le ore di presenza del docente al fine di chiarire i dubbi e risolvere problemi. Oppure l’utilizzo di sondaggi effettuati durante la lezione per sapere in tempo reale se un argomento è stato capito da un’ampia percentuale degli studenti o se un esercizio assegnato è stato svolto correttamente.
In generale, è evidente come questi strumenti siano efficaci soprattutto nel momento in cui il loro utilizzo serva per coinvolgere maggiormente lo studente nel processo formativo. D’altro canto è emerso anche – e questa è anche la mia esperienza personale – come molto spesso gli studenti siano riluttanti nell’essere coinvolti in prima persona durante le lezioni (ad esempio se vengono chiamati a svolgere esercizi di gruppo) e preferiscano un approccio più tradizionale in cui, in modo passivo, seguono la classica spiegazione alla lavagna.
Spostando il discorso su un piano parallelo, probabilmente più interessante per l’industria, e semplificando forse oltre il lecito, noto che negli studenti vi è frequentemente una dicotomia tra quella che è la voglia (quasi sempre presente) di imparare la materia e quella di imparare quei soft skills (capacità di parlare in pubblico, di lavorare in gruppo, conoscenza delle lingue, ecc.) che sono al giorno d’oggi sempre più importanti per poter competere nel mercato del lavoro, ma la cui coltivazione è spesso trascurata.
In questo contesto anche le aziende di automazione, che quasi quotidianamente (per fortuna!) mi chiedono di segnalare loro bravi ingegneri neolaureati per possibili assunzioni, a volte preferiscono persone con specifiche competenze da inserire subito in una determinata posizione senza necessità di ulteriore formazione. Altre invece preferiscono una persona che, pur in assenza di conoscenze particolari, sia più capace di imparare e quindi maggiormente adatta ad un lavoro più flessibile.
È quindi indispensabile continuare a riflettere su questi aspetti e che il dibattito e l’investimento sulla formazione sia continuo e soprattutto condiviso tra università e aziende, al fine di migliorare la qualità delle risorse umane che rappresentano comunque la vera ricchezza di un sistema. Sicuramente un ruolo importante per questo fine lo possono giocare quelle associazioni culturali come ad esempio ANIPLA in cui le due realtà convivono efficacemente.
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