Fattore S, ovvero la fine del lavoro come lo intendiamo oggi
Singolarità e Sostituibilità sono, secondo alcune teorie, i due Fattori che influenzeranno l'evoluzione dell'occupazione nel prossimo futuro
Secondo il rapporto centrale del World Economic Forum del 2016, nel giro di dieci anni i robot cancelleranno 1,5 milioni di posti di lavoro in Europa. La società di consulenza internazionale Roland Berger stima che nel 2020 un robot costerà alle aziende dell’Eurozona intorno ai 10 euro all’ora, circa la metà di un operaio.
Molti studiosi, tra i quali John Lanchester, Wassily Leontief, Jeremy Rifkin, Moshe Vardi, hanno analizzato da molteplici prospettive la situazione del lavoro sotto la spinta dello sviluppo tecnologico e dell’automazione. Con risultati entusiasmanti dal punto di vista della riduzione dei costi e dell’aumento della produttività, piuttosto scoraggianti per l’occupazione. Sul palco delle seguitissime Ted Conference di Youtube si susseguono esperti che, auspicando l’universalità del reddito di cittadinanza, snocciolano grafici e tabelle che rivelano il trend progressivo e impietoso della fine del lavoro sotto la pressione dell’automazione.
Questione chiusa allora? Neanche per idea. Due autorevoli protagonisti, Alec Ross e Paul Mason, hanno recentemente arricchito la prospettiva del dibattito introducendo quelli che potremmo chiamare i due fattori S in grado di cambiare gli equilibri tra tecnologia e lavoro: Singolarità e Sostituibilità.
Alec Ross, noto consulente per l’innovazione di Obama e Hillary Clinton, nel saggio ‘Il nostro futuro’ segnala che il mercato dei robot di consumo potrebbe raggiungere i 39 miliardi di dollari entro il 2017 e quello dei robot i industriali toccare i 40 miliardi entro il 2020. A breve ci saranno robot camerieri, infermieri, badanti e automobili a guida autonoma (evoluzioni delle attuali Google Car e Tesla con funzione Autopilot) che renderanno superflui autisti e tassisti. Ma lo snodo della questione, secondo Ross, sarà la gestione della singolarità tecnologica, ovvero l’ipotetico punto temporale in cui si capirà se, come e quando l’intelligenza artificiale raggiungerà o sorpasserà quella umana.
In ogni caso l’economia basata sulla conoscenza, con i progressi nei Big Data, nelle tecnologie di rete, nelle scienze dei materiali, potrà generare nuovi tipi di lavoro ben più creativi, remunerativi e appaganti.
Paul Mason, autore del libro di grande successo ‘Postcapitalismo’, espone una tesi più controversa. Molte forme di occupazione sono e saranno sempre più ‘sostituibili’ a mezzo di macchine e intelligenza artificiale. La sostituzione del lavoro umano tenderà però a svolgersi in modo ‘strisciante’, discriminatorio e apparentemente contraddittorio rispetto alle ragioni dell’economia e dell’innovazione. Accadrà in sostanza che si distribuiranno lavori inutili, clientelari, familistici, scarsamente organizzati, precari e a bassa retribuzione per ragioni di equilibrio sociale e politico.
O forse dovremmo dire che, in certa misura, è sempre accaduto…
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