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novembre 2015

preposti a rappresentare l’UE. Così l’Europa

nel suo insieme paga questo scotto quando

si confronta con le altre potenze quali Cina,

Stati Uniti, Russia ecc. Chiaramente, avere

un mercato veramente libero e omogeneo,

con politiche non solo monetarie ma anche

fiscali piuttosto che di politica industriale

più coordinate sarebbe un beneficio per

l’Europa. Quindi sicuramente sarebbe de-

siderabile un’Europa più unita e più consa-

pevole del proprio ruolo nel mondo, dove

rischiamo di restare emarginati rispetto ai

grandi fenomeni di evoluzione mondiale.

Un esempio di questo è nel piano sul mani-

fatturiero per l’Europa 2020: il commissario

Antonio Tajani ha fatto un lavoro notevo-

le che si scontra purtroppo, come dicevo,

con la capacità reale di interlocuzione e di

attuare una politica industriale comune, di

tradurre questi progetti in azioni. Penso ad

esempio al nostro settore siderurgico, al te-

ma della CO

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, delle tasse ambientali. Penso

all’Ilva, all’idea del salvataggio o dello svi-

luppo della siderurgia nazionale. La prote-

zione del nostro patrimonio industriale e

manifatturiero dovrebbe passare innanzi-

tutto per un riconoscimento del suo valo-

re in Europa, con una coesione di politica

industriale per l’Europa che sia concreta e

pragmatica, e non solo teorica”.

Per far fronte al rallentamento del merca-

to interno, in Cina il Governo punta ora su

PMI e innovazione. Cambierà il paradigma

di un Occidente con alto costo dellamano-

dopera che sviluppa prodotto hi-tech e un

Orientale con basso costo di manodopera

che sviluppa prodotti low-cost?

“Direi che questo paradigma è già cam-

biato. Conosco la Cina, perché abbiamo lì

degli investimenti importanti e abbiamo

vissuto l’esperienza di installare un nuovo

stabilimento ex novo di notevoli dimensio-

ni: a Yangzhou, nella provincia di Jiangsu,

abbiamo realizzato il più grande investi-

mento in Cina dai tempi dell’Iveco, con cir-

ca 230 milioni di euro di capitale investito.

Ebbene non condivido l’immagine della

Cina come di Paese basico dove l’elemen-

to competitivo è la manodopera a basso

costo. Il Paese è una potenza sotto tutti

i punti di vista, con ambizioni di leader-

ship mondiali sotto il profilo economico,

politico, finanziario, militare, e sotto altri

campi. Per cui non è corretto vedere la Ci-

na come un Paese che sul basso costo della

forza lavoro basa la sua competitività: ha

investito molto anche grazie alla tecnolo-

gia europea, giapponese, coreana, anche

nel nostro settore. Una seconda conside-

razione: non vi è dubbio che l’interscam-

bio commerciale tra la Cina e il resto del

mondo andrà necessariamente un po’

rallentando, perché quel Paese non può

vivere solo di esportazioni e dovrà sem-

pre più puntare a uno sviluppo anche in

termini qualitativi del proprio mercato in-

terno, che è enorme, evolvendo il tessuto

imprenditoriale.

Ritengo pertanto che non solo il modello

cambierà, ma che gli impatti di questo di

questo cambiamento sono già fattoriz-

zati nel nostro sistema. Tecnologie cinesi

vengono impiegate in investimenti cine-

si all’estero, magari non tanto in Europa

quanto più in Africa, in alcuni Paesi asia-

tici. La Cina si muove con un sistema che

è fatto di propri capitali, di proprie risorse

manageriali e anche di propria tecnologia.

Siamo già quindi in questo trend: l’indu-

stria europea, e italiana in particolare, po-

trà e dovrà difendersi non con delle pro-

tezioni in termini di dazi e di tutela della

propria industria, anche se ci sono forme

di concorrenza sleale che vanno combat-

tute fortemente, però concettualmente

dobbiamo sempre più fattorizzare che sia-

mo in un sistema globale dove gli interes-

si, gli incroci, i flussi commerciali e finan-

ziari si devono sinergizzare”.

@lurossi_71

Un’azienda in evoluzione

Il Gruppo Marcegaglia cresce anche da un punto di vista organizzativo. Il progetto di

riorganizzazione societaria, che si conclude proprio in questo periodo, vede suddividere in tre

diverse società i principali business dell’attività che oggi sono conglomerati nella Marcegaglia SpA.

Ognuna delle tre nuove società avrà una sua specializzazione, per tipologia di segmento, per

poter rendere eventualmente più agevole ed efficiente un percorso di crescita a medio termine.

Resteranno tutte nello stesso perimetro di riferimento, con la stessa patrimonializzazione e lo

stesso controllo totalitario della famiglia Marcegaglia. La strategia, varata alcuni anni fa, si fonda

su due capitoli. Il primo è nella focalizzazione e rafforzamento sul core business: la trasformazione

dell’acciaio e un graduale alleggerimento della presenza nei settori diversificati. Il secondo capitolo

riguarda la crescita, da protagonisti, nel settore in Europa anche aggregando eventuali altri

soggetti, con la possibilità di aprirsi a delle collaborazioni industriali dove il Gruppo però intende

tenere rigidamente in mano la maggioranza.