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giugno 2015
Il caso Lucchini di Piombino
Acciaio italiano salvato dai capitali algerini. È questo il caso della storica acciaieria
Lucchini di Piombino letteralmente salvata, dopo mesi di punti interrogativi sul
futuro, dal gruppo algerino Cevital. A luglio dello scorso anno la società era
defunta e a novembre sul piatto sono state presentate due proposte: una da parte
del gruppo indiano Jindhal South West e l’altra dello stesso gruppo algerino.
Secondo quanto riporta l’articolo di International Business Times, il comitato di
sorveglianza della Lucchini, in amministrazione controllata, ha accettato l’offerta
algerina. Un passo avanti, dunque, verso il salvataggio della società e del
brand ma anche un piano industriale presentato che prevedeva l’occupazione
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di competenza. Tuttavia un punto oscuro nella vicenda: il personale. Sempre
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passaggio di consegne e così uno dei poli siderurgici più importanti d’Italia è
diventato algerino. Dall’entusiasmo iniziale si è però passati ai problemi reali,
nella nota della Lucchini si parlava dell’assunzione di tutto il personale, mentre
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previsti “la realizzazione di 2 forni elettrici e un nuovo laminatoio, riassorbendo
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l’avvio della produzione di biodiesel, olio vegetale, mangimi e zucchero, nonché
la creazione a Piombino di un polo logistico per l’import-export delle attività del
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Times.
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quasi l’85% degli addetti e l’80,6% del
fatturato. In particolare, le 2.214 imprese
controllate da soggetti residenti negli Stati
Uniti impiegano oltre 263 mila addetti, con
una quota di valore aggiunto sul totale del-
le imprese a controllo estero pari al 23%.
Segue la Francia, con 1.908 imprese che as-
sorbono oltre 248 mila addetti e attivano il
17,4% del valore aggiunto e la Germania,
dove le 1.861 imprese impiegano quasi 164
mila addetti e contribuiscono al 12,6% del
valore aggiunto delle multinazionali estere
presenti in Italia.
Luci eombre sull’attrattivitàdell’Italia
Nel corso dello scorso anno si sono rin-
corse analisi e statistiche per capire come
attrarre capitali stranieri e come rendere
attrattivo il nostro Paese e le nostre im-
prese. Un segnale di attrattività, seppure
condizionato da alcuni elementi. L’Aibe,
l’associazione delle banche estere operan-
ti in Italia, misurava a marzo 2014 l’indi-
ce di attrattività al valore 33 su una scala
da 0 a 100. Secondo le indagini condotte
dall’Aibe, l’Italia è collocata nella parte
bassa della graduatoria di attrazione dei
capitali esteri, con Russia, Spagna e Fran-
cia, che occupavano le ultime posizioni.
Paesi, questi quattro, in cui il saldo attrat-
tività-non attrattività è stato per tutti ne-
gativo, mentre ai vertici si posizionavano
Stati Uniti, Germania e Cina, seguiti da
Gran Bretagna, India e Brasile, per i quali
il saldo è positivo. Il più forte scetticismo
si manifesta per tutti gli aspetti legati al
quadro normativo e burocratico (sovrap-
posizione dei vincoli normativi, incertez-
za interpretativa, tempi della giustizia).
Insieme al carico fiscale e alla flessibilità
del mercato del lavoro, si caratterizzano
come gli aspetti più urgenti di intervento
da parte delle istituzioni per le attese del
contesto internazionale - anche più del li-
vello di corruzione e del costo del lavoro
- per citare altri aspetti prioritari sondati.
Al contempo l’Italia è considerata attrat-
tiva per la qualità delle risorse umane e
anche per la solidità del sistema bancario.
Determinante per la ripresa è l’atten-
zione a liberare l’impresa, con un forte
richiamo alla incisività di un governo sta-
bile che consenta semplificazione norma-
tiva e burocratica, debelli connivenze e
modifichi “la mentalità italiana, fatta di
furbizie, vaghezze e scarso rispetto per le
regole”, secondo l’Aibe.