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giugno 2015

io considero ‘steccati ideologici’ e che ven-

gono portati avanti da alcune sigle sindacali

che non hanno, a mio parere, la capacità di

tastare il polso alla stretta attualità. Il sinda-

cato, così come era concepito venti e più an-

ni fa, è superato, anche se fatica a riformarsi.

Certo non bisogna, però, delegittimare il

fondamentale ruolo di rappresentanza che

i sindacati ancora svolgono. E questo vale

anche per le associazioni datoriali che espri-

mono il punto di vista di chi, in Italia, vive a

stretto contatto con il mondo del lavoro e

deve essere capace di interpretarne i pro-

blemi per proporne le soluzioni. Per questo

motivo ho invitato il governo a evitare gli ec-

cessi nel soffocare la voce dei corpi intermedi,

che devono, seppur con un ruolo diverso da

quello di un passato ormai superato, conser-

vare la loro funzione di rappresentanza. Non

nella vecchia logica della concertazione ma

comunque indispensabile”.

L’Italia ha un comparto manifatturiero che

sa esprimere dei livelli tecnologici e pro-

fessionali di alto livello, e la sua azienda

è lì a dimostrarlo, ma l’imprenditore che

crea ricchezza e anche l’operaio che vi

contribuisce col suo lavoro sembrano non

essere più ‘personaggi di moda’ forse sop-

piantati da altri ‘modelli di successo’: che

ne pensa?

“Sono cambiati i modelli e si sono modifica-

ti i confini, in passato netti e invalicabili, tra

imprenditori e dipendenti. Le startup e pic-

cole e medie imprese innovative rappresen-

tano questo nuovo modo di fare impresa e

si sono affermate anche sulla scia di recenti

sviluppi politici e normativi. Un esempio su

tutti è quello dell’Investment Compact di

quest’anno. O il decreto Passera del 2012,

che ha dato il via a una nuova generazio-

ne di imprese. Ecco, a mio parere, anche le

grandi imprese beneficiano di questo ‘fiori-

re’ di nuove menti e proposte, perché stimo-

lano la competitività e danno respiro a una

nuova idea di industria, più flessibile, più

dinamica. Questo processo sta contribuen-

do al progressivo superamento del concetto

novecentesco della contrapposizione tra chi

dà e chi chiede lavoro. Ripeto sempre che i

destini e gli obiettivi sono comuni a tutti

coloro che lavorano in un’azienda. E lo sarà

sempre di più”.

Le nostre industrie vivono sempre più di

export e quindi si aprono continuamente

al mondo e a nuovi mercati, di fronte alla

crisi però serpeggiano in Europa tentazio-

ni a rinchiudersi e a erigere ‘barriere nazio-

nali’. Qual è il suo pensiero in proposito?

“Il mio pensiero è espresso piuttosto chia-

ramente dalla mia storia imprenditoriale.

Noi abbiamo deciso di internazionalizzare

il nostro business seguendo i grandi produt-

tori di automobili: dalla Cina all’India, dalla

Polonia agli Sati Uniti. Non credo che in Eu-

ropa le aziende si chiudano dietro ‘barriere

nazionali’, tutte le industrie, anche le più

piccole, stanno anzi accedendo a fondi euro-

pei, penso a Horizon 2020 e altre iniziative

europee, che aiutano le PMI a internaziona-

lizzarsi e ad aprirsi a nuovi mercati. In Italia

abbiamo anche l’ICE, l’agenzia per l’interna-

zionalizzazione delle imprese italiane che,

al pari delle omologhe europee, lavora allo

sviluppo delle aziende e dell’imprenditoria

nostrana al di fuori dei confini nazionali. C’è

ancora qualche vincolo, soprattutto cultu-

rale al pieno accesso a questi strumenti, ma

credo che siano in via di superamento defi-

nitivo. La resistenza alla novità ha sempre

caratterizzato qualsiasi processo e rappre-

senta, in un certo senso, la zavorra di tutte le

rivoluzioni economiche e culturali”.

In Italia il tasso di disoccupazione giova-

nile è al 41,2%, e la deindustrializzazione

devasta intere aree, questi dati rappresen-

tano una bomba sociale a orologeria per

la nostra economia e il nostro welfare. A

quali condizioni il sistema Italia riuscirà a

superare una così terribile strettoia?

“Credo che il nostro Paese stia imboccando

la via d’uscita. Lo abbiamo visto con le rile-

vazioni Istat dell’inizio dell’anno. Perfino

l’Ocse ha rivisto le previsioni sull’Italia, evi-

denziando, assieme alla solita Germania, la

maggior correzione al rialzo dell’intera area

euro. Ecco, la strada che si è aperta con il go-

verno Monti, quella delle riforme intendo, e

che è stata portata avanti da Enrico Letta e

dall’attuale premier Matteo Renzi è quella

giusta. La piaga della disoccupazione gio-

vanile non sarà risolta domani, c’è ancora

molto lavoro da fare sul sistema delle pen-

sioni e, più in generale, su tutto il sistema

del welfare, ma la mia opinione è che sia-

mo sulla buona strada. Sono d’accordo con

i molti che sostengono che questa crisi non

ci restituirà il mondo di prima. Sarà però do-

vere di chi fa impresa interpretare al meglio

la nuova realtà. E chi lo farà prima degli altri

avrà successo, come sempre”.

@dapascucci

Vista del Kilometro Rosso dal lago.