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APRILE 2012
Sono invece ben disposte ad ‘assumere’
personale già formato, con anni di
esperienza…. Ma questo vale per le aziende
di ogni settore? L’automazione è un’isola
felice? Ce lo siamo chiesti e abbiamo anche
iniziato una conversazione accesa nel gruppo
di Automazione Oggi su Linkedin. Sono emerse
molteplici facce della stessa medaglia che hanno
a fattor comune l’aspetto della formazione e
dell’esperienza come mix fondamentale in grado
di aggiungere valore alla ‘persona’. Soprattutto
nel campo dell’automazione, poi, dove bisogna far
comunicare in modo corretto reparti differenti della
stessa azienda, dove la tecnologia è in continuo
cambiamento, dove aumenta sempre più la difficoltà
di orientarsi tra leggi, norme, decreti, è indispensabile
la formazione e l’esperienza proprio per tutelare se
stessi, il proprio lavoro, l’azienda per cui si opera. Ma
la pensano così anche esponenti di grandi aziende? Ne
abbiamo parlato con Davide Lomagno, safety service
manager di Omron Electronics, Davide Prando, product
manager sensori di Panasonic Electric Works Italia, Paolo
De Benedetto, safety specialist di Pilz, Enrico Merati, local
business leader - Italian region sensing safety & connectivity
di Rockwell Automation, Stefano Magnaghi, safety integrated
product manager di Siemens, Gioacchino Massimiliano
Tavella e Daniele Cella, partner tecnici di Sike ed equity partner
dello studio legale associato C.T. Law di Milano.
A.O.: QUALI SONO LE NOVITÀ E I RISCHI INTRODOTTI
DALL’APPLICAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO
231/2001?
MASSIMILIANO TAVELLA
: Con il Decreto Legislativo 231 dell’8
giugno 2001, noto come ‘Responsabilità Penale delle Aziende’,
è stato introdotto un regime di responsabilità diretta a carico
dell’impresa per alcuni reati tassativamente previsti (ad esempio
in relazione alla sicurezza sul lavoro o all’inquinamento ambientale)
commessi da persona fisica legata all’ente e nell’interesse e a
vantaggio di quest’ultimo. In estrema sintesi, il Decreto stabilisce
che l’azienda sia responsabile quando venga riscontrato un deficit
organizzativo interno e, quindi, per il caso in cui non abbia adottato tutte
le misure che avrebbero potuto prevenire un reato. Per tale ragione sono
esenti da responsabilità le aziende che abbiano adottato un programma di
conformità ai requisiti del decreto stesso tra cui, in particolare, l’adozione
e l’efficace attuazione di un modello di organizzazione, gestione e controllo
con funzioni di prevenzione e contrasto, all’interno dell’azienda, dei reati
sanzionati dal decreto e l’approntamento di specifici strumenti di controllo,
tra cui l’imprescindibile organismo di vigilanza e controllo. Rispetto al testo
originale del 2001, il Decreto è stato progressivamente ampliato e il catalogo
dei reati coinvolge oggi, tra gli altri, anche i delitti informatici, il trattamento
illecito di dati, i reati societari, i reati di abuso di mercato, i reati nel trattamento
dei rifiuti e il riciclaggio. Per le aziende di ogni dimensione, tuttavia, è
particolarmente significativo l’impatto legato all’introduzione (Legge 123/07)
nel novero dei reati rilevanti ex D.Lgs. 231/2001, dell’omicidio colposo e
delle lesioni colpose gravi o gravissime, commessi in violazione delle norme
antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro. La riforma
ha dato rilievo a reati di matrice colposa di larghissima diffusione e impone
una nuova e più attenta valutazione, a ogni amministratore, sull’opportunità
di adozione del modello organizzativo in tutte le realtà aziendali nelle quali
possa verificarsi un infortunio sul lavoro o una malattia professionale. Non
meno rilevante, in tal senso, la crescente attenzione alla materia da parte
della magistratura: si registra infatti una giurisprudenza sempre più orientata
a estendere la portata applicativa della Normativa 231 (soprattutto dal punto
di vista soggettivo), sino a ricomprendere tra i destinatari della norma, ad
esempio, gli studi professionali (società esercente attività di ambulatorio
odontoiatrico) (Cass. 4703/2012), le onlus (GIP del Tribunale di Milano,
820/2011), la capogruppo (Cass. 24583/2011) e, in seguito a recente revirement,
addirittura le imprese individuali (Cass. 15657/2011).
A.O.: QUALI SONO LE CONSEGUENZE DI TALE DECRETO
SULL’ORGANIZZAZIONE DI UN’AZIENDA?
MASSIMILIANOTAVELLA
: Per un numero sempre crescente di imprese (e di
Enti ingenerale) adottare un idoneomodelloorganizzativo sulla scorta di quanto
previsto dal Decreto Legislativo 231/01 non dovrà più essere percepito come
una mera facoltà, ma una scelta quasi obbligata. Certo è che gli amministratori
non potranno esimersi, al fine di evitare le conseguenze sanzionatorie
previste dall’art. 2392 Codice Civile e dal D.Lgs. 231, dall’effettuare sempre e
comunque una concreta valutazione sulla specifica opportunità/necessità di
dotare l’ente gestito di modelli organizzativi, ovvero di implementare quelli
esistenti. Tale stima non potrà fondarsi esclusivamente sulla scorta di criteri
strettamente aziendalistici, ma dovrà considerare le implicazioni negative che
l’apparato sanzionatorio del D.Lgs. 231/2001 potrebbe comportare a carico
dell’ente. Emblematica, a questo proposito, la sentenza del tribunale di Trani
che, a seguito della morte per intossicazione di alcuni lavoratori, ha ritenuto
i responsabili aziendali colpevoli per l’omissione di cautele e di informative
in merito ai rischi legati alle mansioni in questione, giudicando sussistenti i
presupposti per la responsabilità penale degli imputati. In pratica, si legge
nella sentenza “non sono idonei a evitare la responsabilità penale della Società
altri documenti organizzativi interni finalizzati alla prevenzione degli infortuni,
né i documenti di cui agli art. 28 e 29 delTesto Unico sulla Sicurezza”. È invece
necessario che sia predisposto il modello organizzativo conforme ai parametri
previsti dal D.Lgs. 231/2001, necessariamente corredato dall’introduzione di un
puntuale sistema di controllo presidiato dall’apposito Organismo di Vigilanza.
A.O.: COME PUÒTUTELARSI UN’AZIENDA A FRONTE DITALI RISCHI?
DANIELE CELLA
: Nonostante il progressivo incremento del catalogo dei
reati presupposto, l’intervenuta obbligatorietà dei modelli in specifici ambiti e
l’attestarsi dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, non si è registrato un
aumento altrettanto consistente delle imprese che si siano organizzate in modo
NON È SEMPLICE PARLARE DI FORMAZIONE
perché
non sempre le aziende sono ben disposte a perdere ‘ore
uomo’ per training e/o pagare corsi per ‘upgradare’ il proprio
personale
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Antonella Cattaneo
Formazione fa rim