Nell’attuale ‘era dei dati’, il ‘valore’ di una rete industriale non è ormai più valutabile in base a parametri legati all’aumento della produttività o alla velocità di reazione, ormai ‘passati di moda’: le vere ‘parole chiave’ del futuro sviluppo delle reti sono altre, in primis standardizzazione e interoperabilità. È quanto emerso in occasione del Main Event 2024 di Consorzio PI Italia, giornata di formazione e networking che si è tenuta agli inizi di aprile a San Vito di Bedizzole, in provincia di Brescia. Molti i temi toccati dai relatori, dai finanziamenti di Industria 4.0 e Transizione 5.0 a “Robotica e cybersecurity: creiamo una fabbrica autonoma e protetta”, il titolo dell’evento (per guardare le video-interviste e leggere il resoconto della giornata basta scansionare i QR Code in fondo a questa pagina). Ma fra tante considerazioni, sono quelle due parole ad aver catturato la mia attenzione. Ovvio che si parlasse di standard, essendo il Consorzio promotore di più di uno di essi, Profibus e Profinet, con le loro specifiche – si pensi a Profisafe -, ma anche IO-Link e Omlox… oggi però la standardizzazione assume un’importanza ancora più rilevante che in passato. Siamo di fronte, infatti, a una connettività sempre più ‘inclusiva’, dove si vogliono collegare alla rete quanti più dispositivi e asset possibili, per estrapolarne i dati più reconditi e ricavarne informazioni utili a migliorare processi, prodotti e servizi, grazie anche alle capacità di elaborazione portate dall’AI, ora dalla GenAI, anche all’edge. Per arrivare a questo occorre affidarsi a tecnologie consolidate, dove l’adesione a uno standard certifica la capacità della rete di ‘lavorare’ con qualsiasi sistema e apparato, indipendentemente dal fornitore, garantendo la retro-compatibilità con le versioni precedenti della tecnologia, data la longevità dei sistemi industriali, di gran lunga superiore a quella dei protocolli. Gli standard offrono affidabilità nel tempo a salvaguardia degli investimenti, garantiscono prospettive di sviluppo future, dettano linee guida utili da seguire in un panorama tecnologico complesso – si pensi per esempio al campo della security – e dove trovare skill e competenze è sempre più difficile. L’altro aspetto, strettamente connesso al primo, quello dell’interoperabilità, mira a consentire la comunicazione con quegli apparati che non rispondono allo standard. ‘Interoperabilità’ è stata la ‘parola magica’ all’epoca della ‘guerra dei fieldbus’, dove fra tante ‘lingue’ parlate, l’esperanto dell’interoperabile rappresentava la giusta via d’uscita per potersi destreggiare fra i diversi protocolli, specifici per ciascun sistema o applicazione. Ora, per la legge dei corsi e dei ricorsi, eccola riapparire, man mano che le esigenze di connettività si espandono per comprendere trasversalmente ogni ambito del processo produttivo, ogni sistema e dispositivo, anche quelli per ora ‘fuori’ dagli standard. E quando tutto sarà ‘in rete’? A cosa ci sta portando questa connettività sempre più spinta, questa ‘corsa’ alla raccolta minuziosa di ogni dato possibile, accelerata dallo sviluppo dell’AI generativa e dalla sua capacità, non solo di processare l’enorme mole di dati che verrà a crearsi, ma soprattutto di rendere immediatamente fruibili informazioni che fino a poco tempo fa rischiavano di restare inutilizzate, grazie alla creazione di nuove interfacce ‘user friendly’ e intuitive, e di realtà virtuali parallele che prendono vita rendendo possibili simulazioni di ogni sorta. Oggi si può: raccogliere dati, processarli e grazie all’AI ricavarne informazioni utili da dare in pasto ad altri sistemi di AI, per il miglioramento continuo dei processi, con impatti positivi sui prodotti, personalizzati e ad hoc per l’utente, dal vestito alla medicina; sulla sostenibilità, perché processi ottimizzati riducono, per esempio, i consumi di energia e di risorse; sulla qualità del lavoro e della vita, grazie all’impiego di soluzioni a supporto dei lavoratori, per esempio di robotica collaborativa. È bello pensare a un futuro che la tecnologia renderà migliore, ma non dimentichiamo che ogni nuova soluzione tecnologica è e resta solo uno strumento: è l’uso che ne farà l’uomo il vero nodo da sciogliere.