La servitizzazione ha in sé la capacità di fidelizzazione i clienti e chi servitizzerà bene avrà tutti gli strumenti per controllare il tasso di abbandono (churn rate) ai servizi, cui normalmente si accede e poi, per motivazione differenti, si lascia. Questo è quanto emerso dalla ultima presentazione del libro: ‘La servitizzazione’ (Guarini editori, 2021) di Roberto Siagri, avvenuta a Milano presso l’Iot Zone, di Innovability.
Infatti, il passaggio dall’economia del possesso di un bene a quella dell’uso del servizio erogato dal bene, richiede di avere a disposizione il gemello digitale del bene da servitizzare.
Questo significa avere a disposizione una grande quantità di dati che descrivono il comportamento del bene e di come è usato. Più dati si hanno a disposizione migliore sarà la qualità del servizio che si andrà ad erogare e al contempo si disporrà di più informazioni per fidelizzazione i clienti, che accederanno a quel tipo di servizio. Pur non essendo possibile determinare a priori quale sarà la nuova percentuale di churn rate, sicuramente, come afferma l’autore Siagri: “La servitizzazione porterà una maggiore fidelizzazione del cliente al servizio, questo è inevitabile. Perché grazie a molti più dati si avranno più metodi per gestire e mitigare il churn rate”.
“La servitizzazione per definizione permette di elevare la fidelizzazione di un cliente, rispetto alla vendita del prodotto, ma questo non elimina il churn rate. Quello dipenderà dalla capacità delle imprese di erogare un buon servizio” sottolinea Siagri. “Dunque, il tasso di abbandono dal servizio diventa solo più controllabile e più misurabile. In conclusione, per vendere servizi bene e con basso churn rate è necessario ‘voler bene’ ai clienti, cosa che invece succede più di rado con la vendita del prodotto”.
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