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ni chi intraprende dovrà andarci. In Cina ci

sono circa un miliardo e mezzo di persone

da far innamorare della nostra cultura. Non

possiamo non provarci!”

Quali sono i piani di sviluppo relativi ai for-

nitori?

“La ricerca non si ferma mai. Gli uffici di Ea-

taly sono sempre alla ricerca di piccoli produt-

tori di altissimo valore da poter inserire nei di-

versi negozi distribuiti in tutta Italia. Cercan-

do si scopre che sono in moltissimi a lavorare

bene e viene davvero voglia di coinvolgerli

tutti. Alcuni vanno aiutati nel packaging, al-

tri nella comunicazione del loro prodottoma

per tutti Eataly può essere un canale formida-

bile per farsi conoscere dal mondo”.

Si è parlato nei mesi scorsi di una possibile

vostra quotazione. Quali sono gli attuali

piani d’azione?

“Non sarò io a decidere quale sarà il mo-

mento giusto. Oggi, nel gruppo, abbiamo

dei professionisti capaci di prendere questo

tipo di decisioni meglio di me, tra questi

Gianni Tamburi in prima linea. La sfida è

molto interessante perché ad oggi Eataly è

l’unica azienda globale del settore agroali-

mentare ad andare in borsa. Vedremo mol-

to presto questi cambiamenti”.

Chiudiamo con Expo Milano 2015, allesti-

to di fronte ai padiglioni di Fiera Milano a

Rho e di cui il gruppo Fiera è partner. Qual

è il bilancio di Eataly, protagonista dell’E-

sposizione universale?

“Il bilancio dello spazio Eataly a Expo è

molto positivo, abbiamo servito più di 10

mila pasti al giorno tutti i giorni e siamo

molto orgogliosi del fatto che i visitatori

del nostro padiglione abbiano apprezza-

to le installazioni che abbiamo realizzato

sulla biodiversità italiana: quella del pa-

esaggio, quella umana, quella artistica e,

naturalmente, quella agroalimentare. Ab-

biamo ospitato la mostra ‘Il Tesoro d’Italia’

curata da Vittorio Sgarbi che ha offerto

gratuitamente la visita tra 350 opere, da

Tiziano a Gaetano Pesce. Le persone so-

no venute da Eataly Expo per mangiare e

poi hanno goduto dell’incredibile oppor-

tunità di visita della mostra, oppure sono

venute apposta per le opere d’arte e poi

si sono fermate a mangiare da noi. È stato

un circuito virtuoso funzionante che spero

si possa replicare in progetti futuri”.

@filippo_poletti

novembre 2015

Il Parlamento ha varato nel 2015 la riforma

scolastica. A quando la centralità dell’edu-

cazione alimentare sui banchi scolastici?

“Bella domanda. Auguriamoci il prima

possibile! L’educazione alimentare deve di-

ventare una materia fondamentale per la

promozione, esattamente come l’italiano.

Eataly ospita ogni anno migliaia di bambini

delle scuole primarie che seguono laboratori

didattici gratuiti dedicati a diventare man-

giatori più consapevoli. Quindi, siamo già in

piena sintonia con il lavoro di sensibilizzazio-

ne nei confronti di questi temi che le scuo-

le italiane devono continuare a inserire nei

programmi in modo anche più massiccio di

come hanno fatto fino ad ora. I bambini di

oggi sono gli adulti di domani e per questo

devono crescere con una consapevolezza

che può essere insegnata anche attraverso il

gioco e il laboratorio, non necessariamente

e solo con lezioni frontali in aula. Un luogo

come Eataly, e di certo come molti altri, può

diventare il teatro per momenti educativi

importanti e ricchi di argomenti culturali”.

Guardando all’estero, dopo Brasile, Corea,

Germania e Russia, avete intenzione di

conquistare altre nazioni?

“Certo! Nel mondo ci sono 194 nazioni e

possiamo arrivare a tutte, è solo questione

di tempo. Possiamo farlo non per merito

nostro ma per merito della meraviglia della

biodiversità italiana, e del fatto che la cuci-

na italiana è nata domestica, non nei risto-

ranti. Questo fa sì che sia la più desiderata

al mondo perché la si percepisce come buo-

na, sana e replicabile. Sfruttiamo questo

vantaggio e condividiamo con tutto il mon-

do la nostra cultura enogastronomica”.

La Cina è vicina o lontana?

“È ancora lontana, ma incomincia a vedersi

all’orizzonte: nei prossimi tre o cinque an-

marchio unico italiano i nostri prodotti di

eccellenza destinati all’estero e, al contem-

po, creare maggiori incentivi all’esportazio-

ne. E per finire sogno un mondo del lavoro

con meno enti di controllo, che, pur facen-

do il loro lavoro seriamente, a volte rendo-

no troppo farraginosi i nostri meccanismi.

A volte la competitività è anche questione

di tempo”.

In che misura l’eccellenza alimentare ita-

liana può aiutare a farci uscire dall’attuale

crisi economica e finanziaria?

“Dobbiamo raddoppiare le esportazioni

del nostro comparto agroalimentare di

eccellenza. In agricoltura, ad esempio,

c’è ancora molto spazio per lavorare. In

questi ultimi anni l’Italia è scesa a 14 mi-

lioni di ettari coltivati su 17 coltivabili,

inoltre meno del 20% delle terre italia-

ne sono dedicate all’agricoltura ‘ricca’,

cioè ai prodotti di eccellenza figli della

nostra straordinaria biodiversità. Questo

significa opportunità di lavoro per centi-

naia di migliaia di persone. Io, se fossi un

giovane, ci penserei. E poi, l’ho già detto,

vorrei che si lavorasse sul progetto di un

marchio unico”.