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marzo 2014

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Sul tema del lavoro è andato in scena in Italia in questo ultimo periodo uno

scontro che rimanda indietro nella storia, ai richiami alle lotte sindacali e al-

le battaglie ideologiche che hanno segnato parte del ‘900. È chiaro che non

basta da solo il Jobs Act a innestare magicamente la marcia della riparten-

za dell’economia del nostro Paese. Lo sguardo strategico deve volgere ora a

un taglio drastico, e coraggioso, del cuneo fiscale su lavoro e imprese. La de-

tassazione è l’unica vera terapia d’urto, insieme a una moderna riforma del

mercato del lavoro, per creare occupazione attraverso una nuova stagione di

investimenti.

Resta però sullo sfondo di questa battaglia, anche cruenta, un dibattito a trat-

ti ideologico. È il continuo sguardo rivolto al passato, a un passato spesso so-

cialmente immutabile e rigidamente schematico, che ha portato alla cristalliz-

zazione di un mercato del lavoro identificato comunemente come uno dei più

garantisti e tutelato al mondo. Ma che nella realtà non è sempre così.

Occorre dirci con franchezza che la legislazione del mercato del lavoro in Italia

finora ha brillato di luci ma ha riecheggiato anche di coni d’ombra. Occor-

re dirci con franchezza che spesso nelle sue dinamiche è uno dei più duali e

contrapposti, distante dalle rivendicazioni di prospettiva delle giovani gene-

razioni e dalle necessità di competitività delle nostre imprese. Gravato da una

mastodontica farraginosità legislativa e annichilito da una tassazione tra le

più alte, il mercato del lavoro in Italia è arrivato ad essere tra i più devastati

dal sommerso, tra i meno attrattivi per gli investimenti di capitali stranieri ma

anche nostrani, tra i più diseguali per il cambio generazionale togliendo la

stabilità ad almeno tre generazioni di giovani. Con un welfare disegnato negli

anni 70, e che nel tempo si è talvolta rivelato più a misura di pochi e senza una

vera lungimiranza. È ora di guardare avanti.

Riforma del lavoro,

guardare avanti

Labor reform,

looking forward

On the subject of the work, Italy has recently

experienced a clash that takes us back in

history, back to the labor struggles and

ideological battles that markedmuch of the

20th century. It is clear that the Jobs Act is not

enough by itself tomagically engage the gear

to restart the economy of our country.The

strategic viewmust turn now to drastic and

courageous cuts to the tax burden of labor

and business. Tax relief is the only real shock

therapy, along with amodern reformof the

labor market, to create jobs through a new

period of investment.

However, there remains in the background

of this bloody battle a sometimes ideological

debate. It is the constant looking to the past,

a past often socially immutable and rigidly

schematic, which led to the crystallization of

a labor market commonly identified as one of

the most protected in the world. But in reality

that is not always the case.

We need to honestly acknowledge that the

legislation of the labor market in Italy so far

has shone with brilliant light but has also cast

some deep shadows. We need to admit that its

dynamics make it one of the most dualistic and

oppositional, far frombeing able to satisfy the

future prospects of the younger generation and

the need for competitiveness of our businesses.

Burdened by amammoth legislative jumble

and annihilated by some of the world’s

highest tax rates, the labor market in Italy

has come to be one of the most devastated by

the blackmarket, among the least attractive

for investment of both foreign and local

capital, one of the most unequal in terms of

generational change, denying stability to at

least three future generations of young people.

With a welfare systemdesigned in the ‘70s,

which over time has often proved to be more

suitable for smaller numbers andwithout any

real vision. It’s time to look forward.

@lurossi_71

luca.rossi@fieramilanomedia.it