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14 | NOVEMBRE-DICEMBRE 2023 AUTOMAZIONE OGGI 450 Attualità AUTOMAZIONE OGGI Eccomi, compio 40 anni. Non sembra ma è così. Sono nata nell’83, negli anni degli yuppie, l’era dei ‘paninari’, degli scalda- muscoli, delle ‘ossessioni’ per i loghi e per le firme. Quando sono nata Vasco Rossi cantava ‘Bollicine’ e i Righeira ‘Vamos a la playa’. Al governo era stato eletto Bettino Craxi; eravamo sotto la minaccia di una guerra termonucleare; l’Occidente si doveva difendere dall’Unione Sovietica che piazzava missili a medio raggio puntati sull’Europa. Saliva l’inflazione e allo stesso tempo anche il benessere e la tecnologia. Nasceva la prima rete Internet, non certo ancora per un uso popolare, e fu inventato e commercializzato il primo telefono cellulare: un Motorola tutt’altro che maneggevole, con poca autonomia nelle chiamate. Ma io sono nata per entrare nelle fabbriche, far conoscere l’automazione e renderle più semplici da gestire…Gli anni ’80 erano gli anni della programmazione simbolica dei PLC attraverso PC, anche senza l’utilizzo di terminali dedicati. Si vedevano sul mercato i primi micro e mini PLC dedicati alle imprese che utilizzavano macchine di dimensioni ridotte per abbassare i costi e gestire fino a 8-10 I/O: ora sono un’inezia. Certo, questo nelle fabbriche più avanzate. Nelle altre c’erano tanti pulsanti, interruttori, luci da tenere sotto osservazione da addetti che finivano i loro turni mai molto sicuri di non essersi fatti sfuggire nulla. I monitor? Pochi e inguardabili e per questo fanno breccia le prime interfacce operatore, MMI - Man Machine Interface, e poi HMI - Human Machine Interface, con sistemi operativi proprietari e configurazioni rigide. È negli anni ’90 che diventano flessibili e aperti grazie alla diffusione di sistemi operativi realtime. Lo stesso vale per gli Scada, nati anche loro più o meno negli anni ’80, via via si sono modernizzati fino ad arrivare ai giorni nostri. Diciamo che sono stati i PLC ad aprire le porte a una nuova era dell’automazione. Fino agli anni ’70 i quadri elettrici eranomolto voluminosi e i relè che sviluppavano la logica di automazione di macchina impegnavano anche un intero pannello del quadro elettrico. La funzionalità dell’impianto lasciava un po’ a desiderare, si verificavano numerosi e ripetuti guasti che richiedevano frequenti interventi dei tecnici di manutenzione. Ma poi elettronica e software hanno innovato radicalmente l'automazione, regalando al mondo dell’industria i PLC. Sono stati loro a mandare in pensione i grandi armadi elettrici, i sistemi elettronici de- dicati e a scivolare verso soluzioni elettroniche riconfigurabili. Certo non è stato tutto rose e fiori. I PLC non sono stati accettati dal mondo dell’industria così facilmente come possiamo pensare ora. Era difficile far capire che una ‘scatoletta’ potesse realiz- zare quello che facevano centinaia e centinaia di relé montati e cablati in enormi armadi. Ed era ancora più difficile far capire che i PLC non erano dei PC, spesso e volentieri soggetti a malfunzionamenti e quindi ritenuti inaffidabili in campo industriale, ma che servivano invece per programmare i PLC. C’è voluto del tempo per capire che questo tipo di automazione potesse rendere più veloci i processi produttivi e soprattutto diminuire il rischio di errori dovuti all’intervento umano. Gradatamente, però, anche le aziende più piccole si sono evolute, così come si sono evoluti questi sistemi di automazione che diventavano più semplici da programmare: non servivano più esperti informatici, né sviluppatori di software, erano i tecnici che si divertivano a comporre gli schemi di flusso per il funzionamento degli impianti. Erano loro a collegarli in rete sviluppando il concetto di intelligenza distribuita o collegarli a pannelli operatore, HMI, Scada per monitorare e interagire con il processo. Il controllo da centralizzato diventa distribuito. Accanto ai PLC e molte volte in sovrapposizione, per una decina d’anni, si vedono i DCS, macchine dedicate alla gestione dei processi continui e degli allarmi, il cui monopolio era di pochissime grandi aziende. Siamo negli anni ’90 e il mercato richiede in modo pressante intercambiabilità e interconnessione tra i vari sistemi, bisogna cercare di far parlare il livello del ‘campo’ con un livello superiore di business attraverso la rete. All’inizio attraverso Ethernet, che non era però ben vista in quanto mancava di comunicazione di tipo deterministico, e poi attraverso i bus di campo o fieldbus, una comunicazione completamente digitale, in grado di ampliare ancor di più la possibilità di integrazione dal campo ai livelli superiori permettendo analisi in tempo reale, mai effettuate prima, e realizzare così attività di supervisione e ottimizzazione dell’intero processo produttivo direttamente sul campo. Questi sono anche gli anni in cui arriva il wireless nelle industrie in grado di automatizzare anche solo alcune parti d’impianto e aumentarne la sicurezza. Gli anni in cui vengono integrate le funzioni di motion e PLC in un unico drive e safety on board. Gli anni in cui all’hardware più potente, il motore, viene collegato l’inverter per regolare la velocità e avere quindi meno vibrazioni, rumori, consumi… e agli azionamenti viene aggiunta l’elettronica che ne ha permesso di incrementare notevolmente le prestazioni.

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