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L’
‘energy harvesting’, anche conosciuto come ‘power
harvesting’ o ‘energy scavenging’, rappresenta il pro-
cesso per il quale l’energia, proveniente da sorgenti al-
ternative, viene catturata e immagazzinata. Per forme
di energia alternative si intendono tutte quelle sorgenti
comunemente disponibili nell’ambiente, inesauribili e pronte per es-
sere opportunamente convertite in energia elettrica, direttamente
utilizzabile. I recenti progressi nella microelettronica, nei sistemi
micro-elettro-meccanici Mems (Micro-electro-mechanical systems)
e nelle comunicazioni a radiofrequenza (RF) hanno permesso lo
sviluppo di sensori e di sistemi integrati compatti e ricchi di funzio-
nalità, nei quali è spesso presente un’interfaccia di comunicazione
wireless. L’eliminazione dei tradizionali collegamenti via cavo per i
sensori comporta indubbi vantaggi, tra cui riduzione d’ingombro, peso
e relativi costi, maggiore mobilità dei dispositivi, fino alla completa
portabilità e utilizzabilità in spazi chiusi incompatibili con soluzioni
cablate. Tuttavia, con la rimozione dei cavi, il tradizionale percorso
per l’approvvigionamento energetico dei dispositivi viene meno. Ciò
comporta la necessità di soluzioni alternative e di nuove architetture
di sistema. La soluzione più diffusa è costituita dall’utilizzo di sorgenti
di alimentazione a bordo, tipicamente costituite da batterie primarie
o ricaricabili. Mini celle a combustibile e microgeneratori a
combustione sono, a oggi, limitati allo stadio di ricerca. In
ogni caso, batterie e sorgenti sopra citate sono comunque
fonti a energia finita, che richiedono periodiche procedure di
sostituzione e smaltimento o di ripristino mediante ricarica.
Ciò rappresenta un notevole problema tecnico ed economico,
che è attualmente considerato tra le principali limitazioni alla
diffusione di sistemi di misura e dei sensori wireless.
Ricavare energia dall’ambiente
Un’alternativa consiste nell’energizzare il sensore per via
elettromagnetica durante l’interrogazione da parte di un’u-
nità esterna di lettura del segnale. Si tratta dello stesso prin-
cipio utilizzato nei dispositivi passivi Rfid (Radio Frequency
Identification). Il limite di questo approccio è che, in assenza
di energia a bordo immagazzinata in batterie o superconden-
satori, il sensore è operativo solo in prossimità dell’unità di
lettura. A fronte di tutto questo, un approccio completamente
diverso consiste nel ricavare l’energia necessaria all’alimentazione di
sensori e sistemi elettronici prelevandola direttamente dall’ambiente
circostante. Il recupero di energia (energy harvesting) viene effet-
tuato con opportuni convertitori, che prelevano l’energia da sorgenti
ambientali e la trasferiscono nel dominio elettrico per alimentare il
modulo sensore. Quest’ultimo, in questo modo, diventa autonomo,
ossia energeticamente autosufficiente, e acquisisce un’operatività nel
NOVEMBRE 2013
FIELDBUS & NETWORKS
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Fieldbus & Networks
Building
blocks
(
)
SOLUZIONI DI ENERGY
HARVESTING
CON ENERGY HARVESTING SI INTENDE
L’ALIMENTAZIONE DEI NODI DI UNA RETE DI SENSORI
WIRELESS, SENZA UTILIZZO DI CAVI
di Stefano Maggi
Esempio di schema a blocchi delle funzionalità del nodo sensore
Fonte: www.r3magazine.co.uk
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