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Strategie di controlloERT

Per controllare il processo in ogni fase si ricorre spesso a tecniche di modellizzazione e ad algoritmi che migliorano le prestazioni, con un risparmio tra il 2 e il 6% dei costi operativi

Una delle sfide più avvincenti che ultimamente coinvolge ingegneri e manager addetti ai processi industriali è la riduzione dei costi variabili e il miglioramento continuo della qualità del prodotto. Il controllo di processo è la tecnologia più avanzata per raggiungere questo obiettivo, soprattutto negli impianti. Gli altri fattori da considerare sono rappresentati dall’affidabilità degli strumenti software e hardware e dall’interfaccia alle macchine, che deve essere tale da consentire un trasferimento dell’informazione industriale efficiente e affidabile. L’argomento è piuttosto complesso e richiede nozioni di automatica, statistica e analisi matematica; la trattazione che segue è perciò puramente discorsiva. Le metodologie descritte sono applicate in diversi settori industriali, dall’aerospaziale alla robotica, dai sistemi di guida dei veicoli all’ambito del processo e manifatturiero.

Le regole di base

Il primo passo essenziale per migliorare il processo è costituito dalla modellizzazione dello stesso, che deve essere quanto più accurata possibile. Poi occorre impostare la tecnica di controllo: l’algoritmo PID (Proporzionale, Integrale e Derivato) può essere considerato un controllore; esistono comunque altre strategie più sofisticate per il miglioramento del processo di controllo, dagli algoritmi adattativi, ai controllori predittivi, sino alle reti neurali. La progettazione di una strategia di controllo segue generalmente due approcci: il primo si basa su modelli non lineari ‘a scatola chiusa’, come le serie temporali non lineari e le reti neurali; il secondo approccio è di tipo analitico e considera la modellizzazione chimico-fisica del processo. La scelta fra i due è influenzata anche dall’evoluzione tecnologica, dalla disponibilità di elaboratori moderni in grado di processare grandi moli di dati complessi e dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale, oggi utilizzata in numerose applicazioni industriali. La considerazione di fondo più importante da percepire è che i controlli locali, a livello di macchina o di linea di produzione, sono ormai integrati da schemi di monitoraggio, supervisione e ottimizzazione, quindi risiedono a un livello superiore nella gestione dell’informazione industriale e nella gerarchia di controllo. Esiste dunque un collegamento diretto tra gli obiettivi generali dell’impianto e le operazioni locali in ogni unità dello stesso.

La modellizzazione del processo

Dal punto di vista dei requisiti di controllo un modello deve contenere le informazioni necessarie per permettere di prevedere le conseguenze causate dalla modifica dei parametri operativi; in questo contesto, il modello può essere una descrizione sia matematica, sia statistica di alcuni aspetti del processo. Se quest’ultimo è completamente noto e le caratteristiche sono ben definite, allora si può adottare il modello meccanicistico: il comportamento dinamico è descritto utilizzando un sistema di equazioni differenziali. Generalmente questo approccio sfrutta la fisica e la chimica che regolano il processo. A seconda del sistema la struttura finale del processo può coinvolgere un parametro, oppure un insieme di parametri. Nel primo caso il modello è descritto da equazioni differenziali ordinarie, come nel caso in cui si vuole descrivere il comportamento del sistema in una dimensione: il tempo, il livello di un liquido in un serbatoio, ecc. Nel secondo caso si utilizzano equazioni differenziali alle derivate parziali. Il modello ha così più dimensioni, per esempio il profilo della temperatura di un liquido miscelato in un serbatoio. Ovviamente, le equazioni differenziali alle derivate parziali sono più complesse da analizzare e la soluzione è meno robusta. Spesso, allora, si descrive lo stesso sistema con uno costituito da equazioni differenziali ordinarie facendo particolari assunzioni e i parametri, generalmente non lineari, sono linearizzati per favorire la trattazione analitica. Considerazioni finanziarie e legate ai tempi di sviluppo giocano spesso a sfavore del modello meccanicistico, soprattutto quando il processo non è completamente noto e il sistema di equazioni risultante non è risolubile; in questi casi i dati dell’impianto a disposizione permettono la costruzione di modelli empirici o black-box (a scatola chiusa). I modelli empirici, infatti, descrivono semplicemente delle relazioni funzionali tra i dati d’ingresso e quelli di uscita dei sottosistemi. I parametri utilizzati non hanno significato fisico (calore, temperatura, ecc.) come nei modelli meccanicistici e questo è certamente uno svantaggio. Tuttavia, se lo scopo è semplicemente rappresentare la tendenza del comportamento del processo, allora i modelli empirici sono comunque efficaci; inoltre, i costi e i tempi di sviluppo per essi sono di qualche ordine di grandezza inferiore a quelli dei modelli meccanicistici.

I modelli empirici possono essere lineari e non lineari; dei primi, le serie temporali e le funzioni di trasferimento sono le più utilizzate (l’unica differenza è che si impiegano le serie temporali in presenza di variabili casuali, se non esistono variabili casuali i modelli si equivalgono), mentre la tecnica più diffusa per individuare i parametri di processo dai dati a disposizione è quella dell’algoritmo dello scarto quadratico medio minimo. Nei modelli non lineari le serie temporali considerano gli elementi non lineari del processo pesando opportunamente le variabili di processo con combinazioni di coefficienti (le variabili sono di grado superiore). Esistono alcune circostanze per cui la natura del processo è limitata a particolari condizioni operative, oppure la fisica che descrive il processo mostra dei limiti: in questi casi le discontinuità presenti non rendono utilizzabile la descrizione matematica ed è necessario ricorrere a modelli qualitativi. Così, per descrivere il comportamento del sistema si seguono semplicemente delle regole, una delle quali è del tipo ‘if-then-else’, ossia al verificarsi di una condizione come deve reagire il sistema. Le regole possono essere impostate da esperti del processo o create da algoritmi genetici. I modelli più frequenti per il monitoraggio e per il controllo sono basati sulle funzioni di trasferimento qualitative che descrivono la relazione funzionale tra le variabili d’ingresso e quelle di uscita e considerano l’aspetto temporale del comportamento del processo. Le tecniche che sfruttano la logica fuzzy per rappresentare il sistema, per esempio, utilizzano elementi di algebra e regole probabilistiche. Sono utilizzate anche nelle lavatrici, nelle macchine fotografiche reflex con autofocus, ecc. I processi in cui esiste un grado d’incertezza sono il campo di applicazione dei modelli statistici, tecniche che si basano sull’analisi dei dati, sulla teoria dei giochi e su quella delle decisioni. Essi non riescono a tener conto della dinamica di un sistema, ma hanno un ruolo decisivo nel supporto alle decisioni, nel monitoraggio di processo, nell’analisi dei dati e naturalmente nel controllo statistico di processo. I modelli probabilistici, invece, sono caratterizzati dalla funzione di densità delle variabili e adottano generalmente la distribuzione normale per prevedere la probabilità con cui una variabile assume un determinato valore. I modelli più complessi, poi, sfruttano funzioni di densità multivariate, sconsigliate quando si trattano più di due variabili per le difficoltà di modellizzazione; mentre i modelli a correlazione cercano di quantificare il grado di similarità di due variabili analizzando le loro varianze.