Otto artisti internazionali, acciaio trasformato in opere d’arte, uno spazio virtuale dove le opere rivivono così come esposte nella mostra promossa da Marcegaglia che ebbe luogo in Triennale nel 2009. Il progetto ideato da Studio Chiesa porta online la cultura d’impresa e una nuova modalità per (ri)vivere l’arte.
Da un lato un materiale unico: l’acciaio. Dall’altro un’azienda che ha fatto la storia italiana dell’industria del settore: Marcegaglia. Un connubio indissolubile che portò nel 2009 alla nascita di Steellife la prima mostra internazionale di arte contemporanea dedicata proprio all’acciaio realizzata e promossa per festeggiare i 50 anni di attività di Marcegaglia. Le opere esposte erano riflesso di culture e latitudini differenti, vere installazioni ambientali legate all’acciaio, alle sue caratteristiche e peculiarità, capaci di coinvolgere il visitatore attraverso la mirabile espressività di otto artisti internazionali, selezionati dalla curatrice Elisabetta Pozzetti.
Steellife Digital Re-life Experience. La mostra nel 2021. Viviamo “onlife”
Oggi la mostra torna a nuova vita grazie al progetto Steellife Digital Re-life Experience di Studio Chiesa, l’agenzia di comunicazione, partner da quasi 40 anni di aziende italiane B2B Industrial. Nel 2009 Studio Chiesa aveva curato il concept e la realizzazione della grande mostra sull’acciaio, oggi l’agenzia, sempre all’avanguardia nel cercare nuove soluzioni per vivere e comunicare l’arte, ha studiato un’esposizione virtuale che vive “onlife” integrando perfettamente la realtà aumentata del virtual tour con le immagini reali della mostra del passato.
La mostra Steellife trova oggi un nuovo spazio sostenibile e fruibile in ogni momento e da qualsiasi luogo, un virtual-tour che trasporta il visitatore proprio nelle sale di Triennale Milano che nel 2009 ospitarono le opere, una navigazione facile e intuitiva, accompagnata dalla voce della curatrice che invita a soffermarsi davanti a ogni installazione e a immergersi nelle immagini che le ritraggono. Per vivere un’esperienza immersiva.
Pozzetti, la curatrice: “Proponiamo una nuova narrativa per i progetti culturali”
“Digital Re-life Experience non nasce da una mera volontà mnemonica o archivistica di ciò che è stato, ma scaturisce piuttosto dall’esigenza di rigenerare l’incanto dello sguardo mediante un’esperienza similare, certamente affine, ma nuova e totalmente rinnovata e potenziata grazie agli strumenti di approfondimento e di scoperta digitali” afferma la curatrice Elisabetta Pozzetti. “Questa modalità si addice a ri-animare i progetti culturali conclusi e dare a essi nuova linfa per essere fruiti in un tempo potenzialmente infinito, ma diviene pure una strategia allestitiva e narrativa per creare quelle mostre che nella realtà non hanno potuto vivere o quegli archivi o collezioni che non possono essere manifesti al grande pubblico. Si tratta dunque di una straordinaria opportunità narrativa ed espositiva”.
Studio Chiesa. Un modo sostenibile per fare cultura di impresa
“Il nuovo progetto Steellife non è solo una riedizione di una mostra del recente passato” afferma Enrico Chiesa, founder dell’agenzia Studio Chiesa, “ma una proposta ricca di valori che possono ampliare la visione contemporanea di un’azienda, un elemento di novità e di commitment, un approccio sostenibile, un’esperienza “phygital” per dare valore alla cultura d’impresa di Marcegaglia, rafforzandone la visione e l’identità”.
“Steellife rappresenta al meglio anche il nostro rapporto con l’arte” aggiunge Rossella Roncaia, co-founder di Studio Chiesa, “come stimolo ineguagliabile di ricerca creativa per il team della nostra agenzia e fonte di ispirazione e confronto per i progetti di più alto profilo”.
Gli artisti e le opere
Nel virtual tour Steellife Digital Re-life Experience si incontrano le opere degli otto artisti coinvolti nel progetto che hanno interpretato con originalità e spregiudicatezza le molteplici valenze estetiche dell’acciaio, materiale di difficile manipolazione ma di grandi potenzialità espressive.
Magdalena Fernandez Arriaga (Caracas, 1964). Le opere dell’artista venezuelana si caratterizzano per la leggiadria formale capace di restituire levitas a un materiale solitamente metafora di solidità, robustezza, tenacia strutturale. Le sue installazioni vibrano al mutare atmosferico di luce e spazio, individuando nell’interazione con lo spettatore un mezzo ulteriore del divenire fenomenico.
Julia Bornefeld (Kiel, 1963). L’artista “agisce” nello spazio attraverso delle opere dinamiche, capaci di coinvolgere tre dei cinque sensi: la vista, il tatto e l’udito. Ogni installazione diviene luogo di transito e di riflessione, una profonda valenza semantica, che potrebbe sfociare nella polemica se non fosse sorretta da un’irriducibile componente immaginifica.
Tetsuya Nakamura (Chiba, 1968). L’artista giapponese attinge dal mondo dei cartoons e crea macchine futuribili, navicelle spaziali, che saettano nell’infinito, con le quali traghettare i nostri migliori sogni, vestite di smalti psichedelici e connotate da una plasticità fanta-scientifica.
Luc Mattenberger (Ginevra, 1980). L’artista svizzero crea macchine rabbiose, luciferine e provocatorie. Realmente funzionanti, attraverso la cinetica, il rumore e l’odore, affermano perentoriamente e in maniera un po’ impertinente la loro “vitalità robotica”.
Adeela Suleman (Karachi, 1970). Dal Pakistan la visionaria artista concilia l’estetica del riciclo ora all’invenzione di forme ambigue, scarnificate ora alla traduzione fantastica della cultura d’origine, creando dei copricapi policromi, poliformi devoti alla tradizione orientale e alla genialità creativa dell’artista.
Francesco Bocchini (Cesena, 1969). L’artista italiano lavora sapientemente la lamiera recuperata, riconoscendole una nuova vita attraverso la costruzione di funambolici macchinari a manovella e generando un mondo di stravaganti soggetti, attinti da un bacino fantastico alimentato da una sensibilità ludica, ironica e profondamente poetica.
Subodh Gupta (Khagaul, 1964). L’artista indiano “contamina” gli spazi attraverso maestose installazioni, dall’impatto imponente si costituiscono in realtà di oggetti di uso comune che, decontestualizzati, acquisiscono un’autorità e un’immanenza scultorea.
Zhang Huan (An Yang City, 1965). Dalla Cina Huan concentra sul corpo le proprie attenzioni facendo di esso il luogo della soggettività e il tempio della spiritualità. Per Steellife realizza un’opera inedita nella quale la rievocazione diviene strumento per una nuova profonda riflessione non solo sul mondo orientale, ma sul mondo intero.