Risultati del ‘Libro Bianco sulle Scienze della Vita in Italia’ realizzato dalla Community Life Sciences di The European House – Ambrosetti: l’Italia eccelle per efficacia dell’ecosistema innovativo ma resta ferma al 14° posto per quota di ricercatori attivi e numero di laureati
In Italia l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione nelle Scienze della Vita sta diventando progressivamente più competitivo, con diverse aree di eccellenza; restano però alcune lacune che pongono il Belpaese lontano dai Paesi più avanzati. Sono i risultati emersi dal nuovo ‘Libro Bianco sulle Scienze della Vita in Italia’, che include l’Ambrosetti Life Sciences Innosystem Index 2023 (Alsii 2023), realizzato dalla Community Life Sciences di The European House – Ambrosetti, presentato nel corso della IX edizione Technology Life Sciences Forum 2023, svoltosi a Milano in settembre. L’Index misura la competitività degli ecosistemi di ricerca e innovazione nelle Scienze della Vita dei Paesi dell’Unione Europea, confrontando i 25 Paesi membri (*) in considerazione dei dati degli ultimi 8 anni, mediante l’analisi di 13 indicatori raggruppati all’interno di 4 dimensioni: capitale umano, vitalità delle imprese, risorse a supporto dell’innovazione, efficacia dell’ecosistema dell’innovazione.
Uno sguardo ai numeri
Nello specifico, con un punteggio di 4,42 su 10, lo Stivale si colloca all’8° posto della classifica su 25 Paesi dell’Unione Europea, guadagnando una posizione rispetto al 2020 (+11,7% di crescita), ma rimanendo ancora lontana dal podio, attualmente occupato da Danimarca (7,06), Germania (6,56) e Belgio (6,12); resta inoltre dietro a Svezia (5,81), Francia (5,61), Paesi Bassi (5,12) e Spagna (4,78). L’Italia eccelle per l’efficacia dell’ecosistema innovativo, per il quale si pone al 2° posto con il punteggio di 4,95, alle spalle soltanto della Germania (10); vanta poi il 2° posto in UE per numero di pubblicazioni scientifiche nelle Scienze della Vita (56.700), il 1° per citazioni delle pubblicazioni (90.700) e il 3° posto per export di prodotti farmaceutici e medicali. Le principali lacune del Paese riguardano invece: il capitale umano qualificato, per il quale si classifica solo al 12° posto; il numero di laureati nelle materie Life Science (14° posto), oltretutto contando nel complesso ancora troppo pochi laureati Stem (18,3% ogni 1.000 abitanti, contro il 29,5% della Francia e il 24% della Germania); e la quota di ricercatori attivi nelle scienze della vita, dove si posiziona al 14° posto (sono solo il 2,8%, dietro ai Paesi benchmark e ai top performer UE). A confermare l’urgenza di intervenire in modo particolare sul capitale umano sono anche i recenti riconoscimenti degli ERC (European Research Council) starting grant a supporto dell’eccellenza scientifica europea: con 57 grant nel 2023 i ricercatori italiani sono i secondi più premiati in UE, dietro ai tedeschi; tuttavia, l’Italia è l’unico tra i grandi Paesi benchmark UE ad avere un saldo netto negativo (-25 nel 2023) tra grant ottenuti per Paese e grant ottenuti per nazionalità del Principal Investigator. Un dato in continuità con quanto osservato nel 2022 (saldo complessivo degli ERC Grant pari a -38), che sottolinea la difficoltà a trattenere i migliori talenti entro i confini nazionali. Ad allontanarli dall’Italia sono soprattutto la mancanza di meritocrazia (84%) e i salari bassi e poco competitivi con il resto d’Europa (72%). “Il nuovo Ambrosetti Life Sciences Innosystem Index posiziona l’Italia all’8° posto in assoluto sui 25 Paesi dell’Unione Europea nella fascia dei Paesi con performance medio-alte, ma ancora lontana dalle prime posizioni occupate da Danimarca, Germania e Belgio. Si osserva positivamente come il Paese abbia guadagnato una posizione nel 2023 rispetto al 2020 e si posizioni all’8° posto tra i Paesi cresciuti maggiormente” commenta Valerio De Molli, managing partner e CEO The European House – Ambrosetti. “L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione nelle Scienze della Vita sta dunque migliorando negli ultimi anni, ma la distanza rispetto ai best performer europei va ancora colmata. Nello specifico, i risultati dell’Index evidenziano l’urgenza di intervenire sul capitale umano, migliorando la retention dei nostri migliori ricercatori e l’attrattività per i talenti stranieri”.
La fuga dei ‘cervelli’
Conseguenza delle carenze dell’ecosistema italiano e al contempo limite allo sviluppo del potenziale innovativo del Paese, la ‘fuga dei cervelli’ penalizza doppiamente l’Italia: dal 2013 al 2021 i laureati in uscita dal Belpaese sono cresciuti del 41,8%: nonostante i giovani ricercatori italiani siano tra i più premiati dall’UE, il nostro Paese non riesce a trattenerli. Questa mancanza di capitale umano d’eccellenza ha ripercussioni su tutto l’ecosistema dell’innovazione nel Paese e, in particolare, su quello delle Scienze della Vita, che necessita di personale altamente qualificato sia per l’industria, sia per la ricerca. Per questo, a integrazione dell’Index, la Community Life Sciences ha condotto un’indagine conoscitiva che ha avuto per protagonisti i ricercatori italiani vincitori di grant ERC nell’area disciplinare delle Life Sciences negli ultimi 5 anni, sia trasferitisi all’estero che rimasti in Italia, per mettere in evidenza i principali motivi che causano la ‘fuga dei talenti’ all’estero. Secondo l’indagine, l’86% dei ricercatori rimasti in Italia lamenta salari bassi e poco competitivi con l’estero, l’80% mancanza di meritocrazia. All’estero, invece, gli ecosistemi internazionali risultano attrattivi soprattutto per la presenza di finanziamenti (84%) e per l’alta qualità della ricerca scientifica (72%), affiancata dalla facilità di accesso e progressione nella carriera accademica (56%). “I ricercatori che sono andati all’estero” spiega De Molli “segnalano innanzitutto la presenza di fondi e finanziamenti dedicati alla ricerca nel settore, la qualità della ricerca scientifica e la facilità di progressione nella carriera accademica: si tratta di elementi determinanti nell’attrattività degli ecosistemi degli altri Paesi ed è necessario evidenziarli per consentire all’Italia di focalizzare gli sforzi negli ambiti in cui l’estero risulta maggiormente competitivo”. Tutti i ricercatori italiani all’estero si dicono soddisfatti della propria scelta e 8 su 10 ritengono improbabile un loro rientro in Italia. Per chi rimane, invece, la scelta è legata principalmente a motivi personali o familiari (86%); la seconda motivazione, distante tuttavia 29 punti percentuali dalla prima, è relativa alla qualità della ricerca scientifica italiana (57%), mentre solo un 19% per il rapporto positivo tra ricerca e industria. Emblematico, infine, il fatto che il 43% dei ricercatori rimasti in Italia, potendo tornare indietro, proverebbe una carriera all’estero. I risultati mostrano dunque una sostanziale sfiducia dei ricercatori italiani nel proprio Paese e nei confronti del Pnrr: il 76% non reputa le riforme sufficienti per rilanciare l’ecosistema.
Imprese e risorse per l’innovazione
Secondo l’Ambrosetti Index 2023, inoltre, l’Italia si posiziona indietro rispetto ai top performer e ai Paesi benchmark UE per quanto riguarda la vitalità delle imprese: è solo al 15° posto con un punteggio pari a 3,33, dietro sempre a Germania (5,20), Spagna (4,40) e Francia (3,38). Il Belpaese va male sia per quanto concerne la quota degli occupati nelle Scienze della Vita (1,7%), sia per il tasso di crescita delle imprese del settore, calcolato come media degli ultimi 3 anni in termini di Cagr (1,8%). Per produttività del lavoro delle imprese nelle Scienze della Vita l’Italia conquista invece un 7° posto, con una produttività media di 152,7 euro per addetto, poco distante dalla Germania (162,5 euro) e davanti alla Spagna (119,8 euro). A sorpresa, invece, per quanto riguarda le risorse a supporto dell’innovazione, l’Italia rientra nella Top 10 strappando un 9° posto (3,91 punti), sempre però dietro a Francia (8,36), Germania (5,97) e Spagna (4,95). Nota dolente sono gli scarsi investimenti in R&S da parte delle imprese, che investono 12,6 euro per abitante, 5 volte in meno della Germania (63,1 euro/abitante). Gli investimenti pubblici si attestano su 12,1 euro per abitante, poco distante da Germania (19,5 euro/abitante) e Spagna (18,9 euro/abitante).
Una ricetta possibile
Secondo la ricerca, tre sono le linee d’azione prioritarie per migliorare la competitività dell’ecosistema italiano dell’innovazione nelle Scienze della Vita: investire nei talenti, perché servono più laureati nelle Life Sciences e nelle materie Stem in generale, e fermare la fuga dei ricercatori eccellenti aumentando i salari e garantendo meritocrazia; quindi rafforzare la governance nazionale della ricerca, per cui è necessario monitorare la messa a terra degli investimenti del Pnrr, accelerando l’inizio delle attività dei nuovi organismi previsti in una prospettiva di lungo periodo oltre il 2026; infine, definire una strategia per il settore farmaceutico che miri a rafforzare il ruolo dell’Italia come polo produttivo e di ricerca al centro della grande ondata di innovazione che interessa globalmente il settore.
The European House – Ambrosetti – www.ambrosetti.eu
(*) Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria