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S.O.S. impianto: ci pensa il busERT

Argomento forse fra i più spinosi di cui si possa discutere oggi, la sicurezza riguarda ogni ambito della vita quotidiana. Se ne parla in relazione a furti e rapine, ma anche in rapporto alla salute individuale e all’ambiente in cui si opera, soprattutto quello di lavoro. Per questo l’industria, in particolare quella europea, anche a seguito di alcune norme recentemente stabilite in seno all’Unione, sente sempre più l’esigenza di poter contare su una legislazione chiara in materia. Un recente convegno tenutosi a Bergamo per iniziativa del gruppo specialistico AEI – Automazione (GSA) ha cercato di fare il punto sulla questione, trattando gli aspetto tecnico-legali legati alla sicurezza degli impianti automatici e fornendo una panoramica delle direttive e delle normative in gioco. Nello sviluppo e nella realizzazione di un progetto di sicurezza vengono coinvolti tutti i settori della tecnica: meccanica, elettronica, elettromeccanica, termodinamica e fluidodinamica, mentre l’introduzione di PLC e bus sicuri costituisce un’innovazione recente nel settore dei circuiti di sicurezza. E’ inoltre fondamentale armonizzare questi aspetti con quelli relativi alla praticità e funzionalità delle applicazioni. Progettare un impianto sicuro significa non solo rispettare le norme in vigore e utilizzare materiale a marcatura CE, bensì anche acquisire informazioni relative all’ambiente in cui l’apparecchiatura dovrà essere installata e prendere in considerazione le caratteristiche tecniche delle altre macchine legate al processo.

La progettazione di soluzioni sicure non può prescindere dall’impiego degli apparati e degli strumenti innovativi che di volta in volta la tecnologia mette a disposizione, consentendo lo sviluppo di impianti all’avanguardia. L’introduzione massiccia dei fieldbus in ambito industriale, dunque, non poteva non portare conseguenze nel campo della sicurezza, anch’esso pressato dall’esigenza di contenere i costi massimizzando l’efficacia delle applicazioni. Per questo numerose aziende propongono bus di campo evoluti, in grado di supportare sia la comune trasmissione dati, sia quella di segnali associati a funzioni di sicurezza. Come ha sottolineato Federico Dosio, membro del CEI, vice-presidente di AEI e moderatore del convegno, sono due le principali tendenze in atto: da una parte, l’elaborazione di nuove versioni dei protocolli fieldbus standard, quindi già riconosciuti dalla normativa internazionale e gestiti da consorzi, che siano in grado d’integrare le funzioni di sicurezza; dall’altra la nascita di bus proprietari ‘sicuri’, specificatamente progettati per assolvere a tali compiti. Si tratta di un terreno ancora tutto da esplorare e dove la normativa ancora non ha detto la sua.

Si tratta di un’emergenza!

E’ ormai cosa nota che l’attività degli enti normatori si attua spesso ‘a posteriori’, ossia tende ad accettare passivamente come norma l’esistente, suffragando l’utilizzo di sistemi già ampiamente diffusi sul mercato. Questo avviene anche a causa del fatto che l’elaborazione di un apparato legislativo completo è spesso macchinosa e complicata da regole burocratiche che ne rallentano l’iter formativo. Perciò la norma è spesso in ritardo sulla realtà dei fatti, soprattutto in un campo in continua evoluzione come quello tecnologico. La regolamentazione vigente per gli arresti d’emergenza (EN 60204-1 in particolare), ad esempio, prevede (art. 9.2.5.4.2) che: “La scelta della Categoria di arresto di emergenza (ndr. – Categoria 0 o 1) deve essere determinata partendo dalla valutazione dei rischi della macchina. Quando viene usato un arresto di Categoria 0 (…), esso deve avere solo componenti elettromeccanici cablati. Inoltre, il suo funzionamento non deve dipendere dall’elettronica (componenti o software) oppure dalla trasmissione di comandi mediante una rete o linea di comunicazione. Quando viene usato un arresto di Categoria 1 per la funzione di arresto di emergenza deve essere garantita la soppressione finale dell’alimentazione di potenza degli attuatori e deve essere realizzata mediante componenti elettromeccanici”. Come ha sottolineato Dosio tale prescrizione, riportata anche nella norma EN 60204-32 sulle macchine di sollevamento, mette di fatto fuori norma i moderni sistemi basati su bus di sicurezza o quelli a trasmissione radio.

Non è escluso, tuttavia, che nelle prossime edizioni della norma questa posizione venga rivista, anche in considerazione delle richieste dei produttori. Per il momento però la decisione di utilizzare tali architetture per le funzioni di emergenza chiama in causa la responsabilità personale di chi li adotta. Si deve comunque ben distinguere fra emergenza e sicurezza, laddove la prima non può sostituirsi alla seconda, bensì integrarla. La Direttiva Macchine introduce l’obbligo di dotare di un dispositivo di arresto di emergenza ogni macchina, a prescindere dal fatto che questa debba comunque essere sicura. Questo implica, ad esempio, la necessità di progettare attentamente l’equipaggiamento elettrico della stessa, individuandone i limiti, identificando i pericoli, stimando e valutando il rischio, infine attenuando lo stesso, in modo da ridurre al minimo o eliminare tutto ciò che può essere causa di pericolo per gli addetti, o che può recare danni ai beni mobili e immobili dell’azienda.

Dalla perplessità alla ‘safety’

L’adozione di sistemi bus offre indubbi vantaggi impiantistici alle aziende, non solo in termini economici, di riduzione dei costi di cablaggio, configurazione e messa in esercizio, progettazione e manutenzione, bensì anche di funzionalità grazie alla velocità di trasmissione dei dati, alla diagnostica avanzata, alla possibilità di visualizzare report e di elaborare statistiche realtime. Come ha posto in evidenza Marco Caliari di Phoenix Contact si tratta di caratteristiche molto attraenti anche per i progettisti di soluzione d’automazione che richiedono la gestione di funzioni di sicurezza per le persone. Come è accaduto per i controllori logici programmabili, inizialmente si è guardato con una certa riluttanza alla possibilità di utilizzare la logica elettronica per la gestione di funzioni che riguardassero direttamente la sicurezza delle persone. Per anni si è continuato a confidare nella sola logica elettromeccanica, sebbene fosse chiaro che il futuro dell’automazione si sarebbe giocato sull’elettronica, anche per la sicurezza. “L’affinamento delle tecniche di gestione e controllo di tipo elettronico, accompagnato dall’evoluzione della normativa”, ha affermato Caliari, “hanno consentito a organismi di certificazione quali BG e TÜV di attestare la rispondenza dei sistemi basati sulla logica elettronica alle esigenze di sicurezza definite in diverse direttive comunitarie”. Alcuni bus di campo sono stati progettati seguendo degli accorgimenti per cui gli enti competenti ne hanno potuto certificare la conformità alle normative di sicurezza. Essi perciò possono essere impiegati per la trasmissione di segnali direttamente coinvolti nella gestione della sicurezza.