Prosegue la generalizzata promozione di prodotti definiti sostenibili ma nella realtà non facilmente riciclabili, frutto di una filosofia di pensiero che nel medio termine non paga ma al contrario posticipa, complicandolo, il problema. In una parola, aleggia nell’aria senza mezzi termini il tanto temuto quanto diffuso greenwashing. Ecco perché Relicyc ha pensato bene di accendere i fari su un emblematico caso di studio, dopo aver esaminato un campione di materiale pubblicizzato come ecologico e sostenibile apparentemente riciclabile ma, di fatto, composto da polimeri plastici solo per il 56%. Una varietà di sostanze e miscele eterogenee che rendono il prodotto impossibile da riciclare diffusamente e con facilità perché impoverito, appunto, nella sua miscela iniziale. In tale contesto il closed loop, da concetto originariamente lodevole, rischia oggi di essere utilizzato per mascherare un’ecologia che invece dovrebbe finire nel secco indifferenziato.
Relicyc compie allora un ulteriore passo in avanti, con una forte attenzione alla garanzia e trasparenza dei suoi prodotti, per poter dimostrare ancora una volta, attraverso azioni concrete, la vocazione di ridurre gli sprechi, risparmiare risorse e tutelare l’ambiente, ridisegnando i processi produttivi per renderli più efficienti, con benefici per tutte le parti coinvolte.
Nel continuo braccio di ferro tra open e closed loop, Relicyc propone infatti in maniera sempre più convinta una prospettiva completamente inedita per ripensare i criteri di sostenibilità ambientale e di business prevedendo che il suo fiore all’occhiello – il pallet in plastica Logypal – debba mantenere almeno le caratteristiche della materia prima utilizzata, così da poter essere reimpiegato anche in altri settori, come accade per il 25% della loro produzione di macinato plastico in scaglia.
“Molte aziende che mischiano plastiche e altri materiali dichiarano di essere riciclabili in closed loop, il che è vero ma al tempo stesso limitante secondo la nostra visione aziendale – precisa il CEO di Relicyc Alessandro Minuzzo – perché il materiale deve essere selezionato e utilizzato al meglio per poter poi essere nuovamente riciclato diffusamente, cioè presso tutte le aziende del settore. Il nostro prodotto può essere riciclato da tutte le aziende che stampano pallet ma, al contrario, non tutti i pallet in plastica riciclata che noi attualmente ritiriamo possono essere riutilizzati per il nostro prodotto, come ho mostrato all’evento del marzo scorso. Per questo consideriamo tali articoli un “closed loop”, riutilizzabili solamente, e con qualche personale forte punto di domanda, da chi è possesso della stessa tecnologia del produttore, molto meno diffusa e performante della nostra, oppure da chi è disposto a degradare ulteriormente un materiale già “povero”. Ecco perché ci sentiamo convinti sostenitori dell’open loop, secondo cui un articolo è prodotto con caratteristiche tali da renderlo diffusamente riciclabile. Ormai stanco di vedere sul mercato prodotti di fatto non facilmente riciclabili, esorto chi può fare la scelta a informarsi, prima di acquistare prodotti sostenibili soltanto nell’idea e non nella pratica”.
Un approccio aziendale, quello di Relicyc, che si focalizza non soltanto sul prodotto ma anche sul suo riutilizzo, puntando tutto sulla sensibilizzazione del mercato e sulla trasparenza di certificazioni che rappresentano un punto fermo imprescindibile. A completare questo perfetto circolo virtuoso, la tecnologia Blockchain come contenitore di informazioni per la massima trasparenza su azienda e prodotto e il sistema Impresa cliente-fornitore-cliente, per un prodotto 100% riciclabile da prodotto 100% riciclato.