La produzione industriale a luglio è cresciuta dello 0,8% su mensile e di ben il 7% rispetto a un anno prima. Da inizio anno (7 mesi) il progresso è del 17,9%. Sono questi dati Istat che confermano ulteriormente che la ripresa economica italiana è in atto, e con un livello raggiunto che ora supera quello pre-Covid, circa 1,5% in più rispetto a febbraio 2020, mese usato a riferimento proprio perché precede quello che in cui ha avuto inizio la crisi pandemica.
La spinta viene un po’ da tutti i settori industriali, particolarmente evidente quella di settori come gli apparati elettrici, meccanica e macchinari, tessile-abbigliamento. Negativo invece il settore automotive, penalizzato come sappiamo dalla carenza di chip e forse anche dall’annuncio dei propositi Ue verso lo stop alle immatricolazioni auto diesel e benzina dal 2035, fatto proprio a luglio scorso. Complessivamente il settore auto registra un calo della produzione del 7% che però non ha inciso particolarmente su quello della componentistica che vola con un +28%.
La manifattura è il settore che più sta giovando delle esportazioni. Ci si aspettava un rimbalzo rispetto al 2020, ma non di questa portata (+52%) e soprattutto il record in termini assoluti, 132,2 miliardi nel secondo trimestre, 6 in più dello stesso periodo del 2019.
I dati Istat evidenziano anche un aumento congiunturale del Pil nel secondo trimestre del 2,7%, un aumento delle ore lavorate, un numero di lavoratori a luglio superiore a quello febbraio 2020 (anche se il totale degli occupati è inferiore di 265 mila unità) e l’inflazione acquisita nei primi 8 mesi dell’anno dell1,8%, con aspettative da parte degli operatori economici per un nuovo incremento.
Il buon andamento dei primi mesi ha portato diversi analisti a rivedere le stime di crescita del Pil italiano nel 2021. Quelli di Intesa San Paolo per esempio hanno aggiornato il dato al 5,7% rispetto al precedente 4,6%. Secondo l’economista Paolo Mameli “la crescita oggi è trainata dai servizi che a differenza dell’industria hanno ancora ampi margini di recupero rispetto ai livelli pre-crisi”.
Franco Metta