Il mercato italiano dell’Internet of Things continua a crescere a ritmi sostenuti anche nel 2018, raggiungendo il valore di 5 miliardi di euro, con un aumento del 35% rispetto al 2017, spinto sia dalle applicazioni che sfruttano la “tradizionale” connettività cellulare (2,8 miliardi di euro, +27%), sia da quelle che utilizzano altre tecnologie di comunicazione (2,2 miliardi, +47%). La crescita del mercato italiano è in linea con quella degli altri paesi occidentali, dove oscilla fra il +25% e il +40%, trainata soprattutto dai servizi abilitati dagli oggetti connessi, che coprono ormai il 36% del mercato, pari a 1,8 miliardi di euro e in aumento del 44% rispetto all’anno precedente.
Le soluzioni di smart metering e smart asset management per le utility si confermano il principale segmento dell’Internet of Things, con il 28% del mercato e un valore di 1,4 miliardi di euro (+45%), per effetto soprattutto degli obblighi normativi che hanno portato all’installazione nel 2018 di 4 milioni di contatori del gas connessi e 5,2 milioni di contatori elettrici intelligenti di seconda generazione. Il secondo ambito più sviluppato è costituito dalle smart car, che valgono poco più di 1 miliardo e rappresentano il 21% del mercato (+37%), con 14 milioni di veicoli connessi, un terzo del parco auto circolante in Italia. I veicoli connessi sono nel 69% dei casi dotati di box GPS/GPRS per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida con finalità assicurative, ma la crescita è trainata principalmente dalle auto nativamente connesse (31%): il 70% dei veicoli immatricolati nel 2018 è dotato di sistema di connessione SIM o Bluetooth fin dalla produzione.
Seguono le applicazioni per lo smart building (600 milioni di euro, +15%), principalmente per la videosorveglianza e la gestione dei consumi energetici all’interno dell’edificio, le soluzioni IoT per la logistica utilizzate per la gestione delle flotte aziendali e per antifurti satellitari (465 milioni, +29%) e le soluzioni per la smart city (395 milioni, +24%). Poi viene la smart home (380 milioni), l’ambito con la crescita più elevata, pari al +52%, le applicazioni di smart asset management (270 milioni, 25%), la smart factory (250 milioni, +40%) e l’agricoltura smart (100 milioni di euro, 2% del mercato).
L’offerta di soluzioni IoT è molto dinamica e in continuo sviluppo anche grazie alle start-up. Sono 665 le nuove imprese innovative attive a livello internazionale, di cui 540 finanziate da investitori istituzionali, per un totale di 13,5 miliardi di dollari di finanziamenti raccolti nel triennio 2016-18 e un investimento medio di 43 milioni di dollari nel 2018 (+67% rispetto al 2017, +114% rispetto al 2016).
Sono i principali risultati della ricerca dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentata a Milano. “Il mercato italiano dell’Internet of Things è in pieno sviluppo” afferma Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things: “Prosegue a ritmi sostenuti la crescita del mercato in termini di valore e maturità dell’offerta, evolvono le tecnologie e si espandono le reti di comunicazione LPWA (Low Power Wide Area) a cui si affiancano le sperimentazioni 5G. Proliferano le start-up e nascono nuove opportunità di mercato, ad esempio con In-Thing purchase e approcci design-driven”.
“In un mercato in grande fermento diventa sempre più strategica la capacità di estrarre valore dai dati raccolti” afferma Angela Tumino, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things. “I dati possono infatti abilitare nuove opportunità di business per le imprese e permettere di integrare l’offerta con nuovi servizi a valore aggiunto. Proprio i servizi rappresentano un forte traino per il settore IoT, con il 36% del mercato: accanto a servizi ‘semplici’ e consolidati, come la gestione dei dati in cloud, affiorano alcune applicazioni più evolute, come la manutenzione predittiva dei macchinari all’interno delle fabbriche o il monitoraggio dello stato di occupazione dei singoli parcheggi in città”.
La crescita e le previsioni
I segmenti che registrano la crescita più significativa sono la smart home (+52%), trainata dagli speaker per la casa connessa, e l’Industrial IoT (+40%), grazie anche agli incentivi previsti dal Piano Nazionale Industria 4.0. Crescono del 25% le applicazioni di smart asset management in contesti diversi dalle utility, principalmente per il monitoraggio di gambling machine utilizzate per il gioco d’azzardo, di ascensori e distributori automatici. Anche la smart city registra un buon tasso di crescita (+24%) con applicazioni consolidate come la sicurezza, il trasporto pubblico, l’illuminazione e nuovi progetti di raccolta rifiuti, gestione dei parcheggi e monitoraggio dei parametri ambientali.
Secondo le previsioni dell’Osservatorio, la crescita del mercato italiano IoT continuerà anche nel 2019, concentrata prevalentemente nei segmenti smart metering, smart car, smart home e Industrial IoT. Nei prossimi mesi saranno installati altri 4 milioni di smart meter gas e 5,8 milioni di contatori elettrici di seconda generazione. Inoltre, a partire dalla fine del 2020 anche i contabilizzatori di calore di nuova installazione dovranno essere gestibili da remoto e dal 2027 l’obbligo riguarderà tutti i contatori in uso.
Inoltre, è prevista una crescita significativa anche delle smart car, con l’entrata in vigore da marzo 2018 per le nuove omologazioni dell’obbligo legato all’eCall (l’allerta automatica per attivare servizi di soccorso in caso di incidente) e per l’offerta dei nuovi servizi abilitati dalla connettività, come la manutenzione preventiva basata sul monitoraggio dei componenti e l’integrazione degli smart speaker nelle auto, che consentiranno agli utenti di interagire con il proprio veicolo tramite la voce. Sul fronte della guida autonoma siamo invece ancora in fase sperimentale: Modena e Torino sono tra le prime città che, nel corso del 2018, hanno permesso alle aziende di iniziare a testare anche in Italia queste soluzioni.
Gli assistenti vocali saranno anche il principale motore della crescita delle soluzioni per la smart home, con grandi investimenti in marketing promossi dall’arrivo sul mercato degli OTT e con l’effetto traino sulla vendita di altri oggetti smart per la casa. L’Industrial IoT, infine, beneficerà degli incentivi per formazione, super ammortamento e iper ammortamento previsti nell’ultima Legge di Bilancio, con un’attenzione spostata però dalle grandi imprese alle PMI, che finora ne hanno sfruttato meno i vantaggi fiscali. Nel 2019 si prevede anche un’evoluzione dei progetti avviati dalle grandi imprese, soprattutto in termini di utilizzo dei dati raccolti, ancora poco sfruttati rispetto al loro potenziale.
L’Industrial IoT
Il 95% delle imprese ha sentito parlare almeno una volta di soluzioni IoT per l’Industria 4.0, ma il reale livello di conoscenza è ancora limitato (con un punteggio di 6,5 su 10) e insufficiente fra le PMI (5 su 10). È quanto emerge dal sondaggio condotto dall’Osservatorio Internet of Things su 129 aziende italiane. Anche il livello di diffusione dei progetti cambia a seconda della dimensione aziendale: il 58% del campione ha avviato almeno un progetto di Industrial IoT nel triennio 2016-2018, ma la percentuale sale al 73% fra le medie e grandi aziende e scende al 29% fra le piccole.
Le applicazioni più diffuse sono legate principalmente alla gestione della fabbrica (smart factory, 62% dei casi) per il controllo in tempo reale della produzione e la manutenzione preventiva o predittiva, seguite da quelle a supporto della logistica (smart logistics, 27%), focalizzate sulla tracciabilità dei beni internamente al magazzino e lungo la filiera, e dallo smart lifecycle (11%), per l’ottimizzazione del processo di sviluppo di nuovi modelli e aggiornamento prodotti. Più della metà dei progetti (58%) si trova ancora in fase pilota o di analisi preliminare. Una delle principali direzioni di sviluppo dell’Industrial IoT è l’analisi e gestione dei dati raccolti, ma soltanto il 33% del campione ha già iniziato a farlo (e chi lo fa è sempre soddisfatto dei benefici).
I principali fattori che spingono le aziende ad avviare progetti di Industrial IoT sono la possibilità di ottenere benefici di efficienza (75%) e di efficacia (58%), ma sono ancora tante le aziende che indicano come barriere all’adozione la mancanza di competenze (59%) e la capacità di comprendere a priori il valore delle soluzioni offerte (51%). Nonostante ciò, solo il 39% delle imprese intende sviluppare in futuro competenze IoT al proprio interno attraverso l’assunzione di personale specializzato o opportuni programmi di formazione indirizzati ai dipendenti già presenti in azienda. Al terzo posto tra i fattori che spingono le aziende all’avvio dei progetti, gli incentivi del Piano Nazionale Industria 4.0 (45%), che ha svolto negli ultimi due anni un’importante funzione di acceleratore per gli investimenti in digitalizzazione delle imprese.
“L’Industrial Internet of Things in Italia è in grande crescita, ma il percorso è ancora agli inizi” analizza Giovanni Miragliotta, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet of Things. “Occorre lavorare di più sulle piccole imprese, che devono trovare la giusta chiave di lettura per l’adozione di soluzioni I-IoT. Le aziende poi devono ancora comprendere come analizzare al meglio i dati raccolti e riuscire a costruire su di essi servizi a valore aggiunto, anche se stanno nascendo alcuni progetti interessanti”.
La Smart City
Oltre un comune italiano su tre (il 36%) ha avviato almeno un progetto di smart city negli ultimi tre anni (2016-2018), in calo del 15% rispetto al triennio 2014-2016. L’80% dei progetti si ferma alla fase di sperimentazione, ma allo stesso tempo emerge la volontà di adottare soluzioni più innovative, che portino benefici tangibili per le comunità. È quanto rivela il sondaggio condotto dall’Osservatorio su 112 comuni italiani con più di 15.000 abitanti.
“La Smart City in Italia mostra timidi segnali di risveglio” commenta Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things: “Anche se complessivamente diminuisce il numero di progetti avviati, questi divengono più robusti e innovativi, con iniziative più strutturate, avviate con un approccio integrato e con progetti che vedono la collaborazione di diversi comuni. Pubblico e privato devono fare gioco di squadra per rendere le città più intelligenti. La creazione di opportuni ecosistemi che generino valore per l’intera comunità è il vero snodo cruciale su cui fare leva per il rilancio della smart city in Italia”.
La mancanza di competenze è la prima barriera all’avvio di progetti di smart city, indicata dal 65% del campione, seguita dalla carenza di risorse economiche (62%). I comuni conoscono poco le novità tecnologiche e non hanno consapevolezza di come poterle sfruttare nell’offerta di servizi di valore: il 60% non sa dell’esistenza di reti IoT LPWA, adatte per le loro caratteristiche a supportare applicazioni per la smart city. La terza barriera più frequente è la difficoltà di coordinamento tra i diversi attori coinvolti all’interno di un progetto smart city (27%). La governance risulta spesso complessa: l’alternarsi di amministrazioni diverse nell’arco di pochi anni e la presenza di una moltitudine di enti proprietari degli asset presenti sul territorio rendono complicata la collaborazione tra attori eterogenei, pubblici e privati. Da un’analisi su 22 comuni e 43 aziende, inoltre, emerge come il livello di maturità dei comuni sia giudicato ancora insufficiente nel 97% dei casi, con un divario molto ampio rispetto alla maturità degli operatori dell’offerta (sufficiente nel 47% dei casi). Inoltre, i comuni faticano a utilizzare le informazioni raccolte sia internamente (il 78% segnala che i dati raccolti non sono rielaborati) sia esternamente (l’80% indica che non è presente alcuna forma di collaborazione con attori privati).
Le tecnologie
I protocolli di comunicazione a corto raggio evolvono lentamente e si diffondono sul mercato con soluzioni eterogenee senza che emerga uno standard prevalente. Più rapida l’evoluzione e la diffusione delle tecnologie di connettività a lungo raggio, con le soluzioni LPWA che puntano sempre più sull’ampliamento del portafoglio di prodotti e servizi supportati, come la geolocalizzazione dei dispositivi senza l’ausilio del GPS. Gli operatori Telco stanno invece concentrando i loro sforzi sull’aumento della copertura delle reti NB-IoT e sulla sperimentazione del 5G.
“La strada verso l’interoperabilità è ancora lunga, anche se si stanno delineando alcune alternative promettenti che passano dal cloud, da framework applicativi definiti da alleanze e consorzi, oltre che da sistemi operativi embedded” commenta Antonio Capone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet of Things. “La diffusione degli assistenti vocali ha spinto negli ultimi mesi diversi produttori di dispositivi connessi a rendere compatibili i loro sistemi con Amazon Alexa e Google Home, servizi cloud di terzi e piattaforme IoT, facendo nascere ecosistemi composti da dispositivi IoT multi-vendor, che costituiscono il primo passo verso una completa integrazione tra dispositivi eterogenei. Tale approccio presenta però alcuni limiti, come la dipendenza dalla connettività Internet e la limitata profondità dell’integrazione”.
Oltre alla smart home, anche altri ambiti IoT stanno diventando terreno di conquista degli assistenti vocali, con l’obiettivo di estendere l’accesso ai servizi anche al di fuori delle mura domestiche. Amazon, ad esempio, ha introdotto sul mercato Echo Auto, che usa l’applicazione Alexa sullo smartphone per la connettività, collegandosi all’impianto audio dell’automobile per la riproduzione via Bluetooth o tramite cavo. Google sta invece puntando a una integrazione nativa del suo assistente vocale con i sistemi di intrattenimento presenti a bordo delle automobili, lavorando su partnership con le principali case automobilistiche.
IoT e Intelligenza Artificiale
Sono sempre più numerose le soluzioni IoT che integrano piattaforme avanzate di analisi di dati e algoritmi di Intelligenza Artificiale (AI) molto evoluti. L’intelligenza artificiale può giocare un ruolo fondamentale nel mercato IoT, aprendo nuove opportunità di valorizzazione dei dati raccolti con l’obiettivo di anticipare i bisogni di aziende e consumatori. In primo luogo, l’AI può agire all’interno degli oggetti connessi, migliorandone le funzionalità e aumentandone l’autonomia decisionale grazie alla maggiore potenza di calcolo. I sistemi di AI consentono inoltre di semplificare l’interazione tra l’utente e gli oggetti intelligenti attraverso l’uso della voce, con la possibilità di introdurre gli assistenti vocali in molte applicazioni, dalla casa all’auto. L’AI può infine diventare un supporto gestionale in molti contesti, fungendo da centro di controllo per governare ad esempio il traffico in una città o la gestione di una fabbrica.