Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un crescente interesse da parte dei settori relativi alla logistica ed alla supply chain management nei confronti della tecnologia RFID (Radio Frequency IDentification), ed in particolare, quella passiva in banda UHF compatibile con lo standard internazionale EPC Class1Gen2. La percezione di riuscire ad ottenere indubbi benefici dall’utilizzo di tali soluzioni, capaci di garantire un ottimo compromesso tra costo e performance, ha stimolato la comunità dei ricercatori ad investigare l’utilizzo della stessa tecnologia RFID anche in altri ambiti applicativi, molto lontani da quelli canonici sostanzialmente legati alla logistica. Un esempio molto interessante riguarda il monitoraggio animale.
La sfida tecnologica relativa a definire innovativi sistemi di tracking degli animali suscita notevole interesse da parte di quelle discipline scientifiche, come medicina, farmacologia e biologia, che focalizzano la loro attenzione sull’analisi del comportamento degli animali per lo studio di alcune patologie e per testare gli effetti di nuovi farmaci e vaccini destinati all’uomo.
L’analisi comportamentale finalizzata alla ricerca medica è sostanzialmente focalizzata sull’utilizzo di animali di piccole dimensioni, come topi e ratti, in ambienti indoor molto circoscritti (per esempio gabbie). Attualmente, le tecniche di tracking esplorate in letteratura riguardano per lo più animali di grosse dimensioni che si muovono in ambienti outdoor, quindi non risultano adeguate a soddisfare gli stringenti requisiti degli scenari precedentemente menzionati, in cui è necessaria una granularità della misurazione dell’ordine del centimetro ed in cui i dispositivi utilizzati devono essere poco invasivi e di piccole dimensioni. In letteratura scientifica è possibile ritrovare già alcune proposte che mirano ad utilizzare la tecnologia RFID per il tracking di animali. Ad esempio, Kritzler et alii propongono un sistema basato su tecnologia RFID in banda LF (Low Frequency) capace di realizzare però un “semi-natural environment”. In altre parole, il sistema, proprio perché basato su tecnologia RFID in banda LF, è capace di tracciare il movimento delle cavie solo e unicamente forzando quest’ultime a transitare in percorsi obbligatori, Inoltre, tale soluzione non è in grado di leggere contemporaneamente più animali taggati nella stessa posizione. Questi vincoli purtroppo vanno ad alterare l’efficacia dello strumento di analisi comportamentale.
Una recente attività di ricerca applicata condotta dai due laboratori IDA Lab e EML2 del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento (Lecce) in collaborazione con il Dipartimento di Farmacologia dell’Istituto Superiore di Sanità (Roma) ha permesso di definire e sviluppare un innovativo sistema di tracking prototipale basato su tecnologia RFID passiva in banda UHF, capace di monitorare ed analizzare il comportamento di animali da laboratorio, come topi e ratti, senza in alcun modo influenzare il normale comportamento, e quindi riuscendo a realizzare uno smart natural environment. Ipotesi fonadamentale è stata quella di impiantare in modo sottocutaneo ai topi tag RFID commerciali passivi in banda UHF di tipo Near Field.
Il sistema proposto è composto da due macro-componenti: (i) una hardware, rappresentata da un sistema di antenne RFID opportunamente progettate capace di garantire un’accurata localizzazione (cella elementare 12cm x 12 cm) dei topi che si muovono nella gabbia e (ii) l’altra, software, caratterizzata a sua volta da un sistema di acquisizione, un algoritmo correttivo ed una Web application che fornisce un cruscotto statistico completo capace di sintetizzare significativamente l’analisi comportamentale degli animali nella smart gabbia sotto osservazione. Primi test funzionali e prestazionali hanno dimostrato elevata efficacia ed efficienza del sistema proposto. Inoltre, si è potuto dimostrare che l’impianto di tag passivi RFID nelle cavie non crea problemi o disagi agli stessi animali oltre al fatto che continuano a funzionare perfettamente.
Qui di seguito vi proponiamo la versione estesa in inglese di questo articolo pubblicato sul numero di Giugno 2014 di Automazione e Strumentazione.
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