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Meccanica italiana: le aziende lavorano di più, ma con costi sempre crescentiERT

Il neopresidente Anima Ettore Riello: “Le imprese non si sono lasciate influenzare da una situazione politica ancora incerta. Molte delle riforme che ci aspettavamo non stanno arrivando, ma abbiamo fiducia nel lavoro di Confindustria e del presidente Montezemolo”.

Sulle criticità dovute ai costi sostenuti dalle aziende “è ormai chiara la necessità di una politica energetica europea che favorisca lo sviluppo sostenibile e la certezza dell’approvvigionamento.
Una sua definizione e il raggiungimento di un’equa valutazione delle materie prime permetterebbero alle imprese di passare dalle idee geniali, che spesso le contraddistinguono dai concorrenti europei, alla realizzazione dei prodotti”.

La congiuntura è favorevole, le aziende lavorano e i carnet di ordini sono rassicuranti, ma i costi da sostenere sono troppo alti e i margini sempre più limitati. Questo il quadro della meccanica varia italiana che emerge dall’indagine trimestrale Anima – Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica varia ed Affine di Confindustria – relativa ai mesi di luglio, agosto e settembre 2006.

“In un trimestre fisiologicamente più debole degli altri – e quest’anno particolarmente delicato dal punto di vista politico – le nostre aziende hanno dimostrato serenità e impegno” commenta Ettore Riello, neoeletto presidente di Anima “Le imprese non si sono lasciate scoraggiare da una situazione politica ancora incerta con una Finanziaria che è loro sfavorevole per alcuni versi, come il TFR, ma che per altri sta creando grandi attese, in particolare il cuneo fiscale. Molte delle riforme che ci aspettavamo non stanno arrivando, ma abbiamo fiducia nel lavoro di Confindustria e del presidente Montezemolo che ha ben presente le nostre preoccupazioni e sta difendendo chi, come noi, produce ricchezza nel Paese. Il fatto di aver penalizzato le aziende al di sopra dei 50 dipendenti risulta in contrasto con la raccomandazione che viene rivolta alle aziende perché crescano per meglio competere con avversari forti sui mercati internazionali”.

Analizzando i dati elaborati dalla Federazione su un campione di quasi 400 aziende associate, emerge che tra luglio e settembre 2006 il saldo tra le aziende che denunciano una situazione di fatturato ‘migliorata’ e quelle che invece la giudicano ‘peggiorata’ rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente segna un +47,1. Il 58,7% delle aziende ritiene ‘migliorata’ la situazione del fatturato del terzo trimestre 2006 rispetto allo stesso periodo del 2005 (quando la percentuale era 55,4%); per il 29,7% il fatturato è rimasto ‘invariato’ (30% nel 2005) e per il 11,6% è ‘peggiorato’ (14,6% nel 2005). L’incremento è stato registrato in misura analoga sul mercato nazionale (50,9%) e su quello estero (53,9%).

La crescita rispetto al 2005 era attesa dagli operatori, così come non ha stupito la flessione rispetto al secondo trimestre 2006, dal momento che il terzo trimestre dell’anno normalmente risente delle chiusure estive di molte produzioni.

Rispetto al trimestre precedente il saldo tra le aziende che denunciano una situazione di fatturato ‘migliorata’ e quelle che invece la giudicano ‘peggiorata’ mantiene il segno positivo ma passa da +45,6 (II trimestre 2006) a 14,6 (III trimestre). Il 38,3% delle aziende ritiene ‘migliorata’ la situazione del fatturato rispetto al trimestre precedente (quando la percentuale era del 54,7%); per il 38% il fatturato è rimasto ‘invariato’ (era 36,2%) e per il 23,7% è ‘peggiorato’ (9,1% nel II trimestre). Le performance migliori provengono dai mercati esteri (saldo +17,6) mentre il mercato italiano risente di una certa inerzia (saldo +3).

“La debolezza del settore è dovuta principalmente a due criticità che compromettono la produzione: l’alto costo dell’energia e quello delle materie prime. Un esempio: secondo gli ultimi dati dell’Istat l’indice di prezzo alla produzione dell’energia è passato da 131,9 di gennaio a 144,2 di settembre. Lo stesso indice un anno fa era a 116,1. Lievitazioni indiscriminate di costi come questa pregiudicano la crescita” spiega Ettore Riello “così come i rincari delle materie prime legati quasi sicuramente a manovre speculative. Gli incrementi dei costi sono difficili da trasferire alla clientela. I costi delle materie prime sostenuti dalle nostre aziende dai comparti “valvolame per riscaldamento” e “articoli casalinghi” incidono per oltre il 40%. La riduzione di questi costi ci consentirebbe di reinvestire in fattori di sviluppo. Ciò che i prezzi in aumento non hanno frenato è la voglia di crescita delle aziende della meccanica italiana. È ormai chiara la necessità di una politica energetica europea per favorire lo sviluppo sostenibile e la sicurezza dell’approvvigionamento. Una sua definizione e il raggiungimento di un’equa valutazione delle materie prime permetterebbero alle imprese di passare dalle idee geniali, che spesso le contraddistinguono dai concorrenti europei, alla realizzazione dei prodotti. In questo percorso la Federazione svolge un importante ruolo di guida delle imprese italiane, sia dal punto di vista della competitività internazionale che da quello della rappresentatività e tutela del sistema imprenditoriale a livello italiano ed europeo”.

Per quanto riguarda gli ordini del terzo trimestre, la situazione è positiva, soprattutto tenendo conto della presenza di due mesi delicati come luglio e agosto: il carnet di ordini medio ha fornito alle aziende 3,2 mesi di lavoro assicurato. Un buon risultato se paragonato a quello del terzo trimestre del 2005, quando i mesi di lavoro assicurati erano 2,8.

Buone le prospettive per il quarto trimestre dell’anno. Secondo il 43,1% delle aziende intervistate la situazione del fatturato è infatti prevista “in aumento” rispetto al terzo trimestre, “stabile” per il 48,6% e “in calo” per l’8,3%. I risultati più consistenti dovrebbero arrivare dal mercato estero (secondo il 41,3% delle aziende), ma anche sul fronte nazionale la situazione è prevista in rialzo dal 35,8% degli intervistati. L’occupazione non dovrebbe presentare particolari variazioni (l’81,3% giudica la situazione “stabile”), così come gli investimenti (il 77,3% non si aspetta cambiamenti).