A cura di Ivan Stanzial, Managing Director di Archiva Group
L’iperautomazione contempla l’uso orchestrato di più tecnologie, strumenti o piattaforme, tra cui intelligenza artificiale (AI), machine learning, robotic process automation (RPA), business process management (BPM) e molto altro ancora. Ma come è possibile realizzare un progetto di iperautomazione in maniera corretta, senza rischiare di sperperare tempo e budget, con la possibilità di complicare ulteriormente attività e meccanismi aziendali?
Un punto di partenza per implementare un progetto di iperautomazione può essere la creazione di un digital workplace che riunisce i collaboratori dei diversi reparti aziendali, a prescindere da dove si trovino. Abbattere i tradizionali silos che rallentano i flussi di lavoro genera due effetti complementari, da un lato semplifica i processi incrementando la produttività, dall’altro libera il potenziale di ogni persona, che può focalizzarsi sulle proprie competenze senza essere distratta da attività dispendiose in termini di tempo. Questo facilita una crescita del livello di engagement nei confronti dei dipendenti.
Nell’ottica di aumentare l’employee engagement si possono utilizzare poi strumenti di RPA, che consentono di automatizzare quei task ripetitivi grazie all’impiego di bot capaci di replicare il comportamento umano sulle macchine. In pratica se il BPM digitalizza il workplace, i sistemi di RPA permettono di digitalizzare alcuni aspetti routinari e di scarso valore aggiunto come l’inserimento ed estrazione dei dati, i pagamenti, le transazioni periodiche etc. In questo caso l’iperautomazione aiuta a far emergere la creatività come skill trasversale, che è un elemento cardine della prestazione lavorativa.
Questo si riflette anche nel calcolo del parametro FTE (Full Time Equivalent), ovvero il numero di risorse a tempo pieno impiegate per svolgere una determinata attività. Attraverso il ricorso a una digital workforce che sfrutta la RPA si assiste a un aumento virtuale di questo parametro, poiché i dipendenti possono contare su collaboratori robotici che li sollevano da mansioni time-consuming, a favore di una dimensione creativa più umana.
Infine, è necessario automatizzare i processi documentali anche in presenza di dati non strutturati. L’intelligent document processing o IDP, infatti, lavora su email, PEC, file pdf, documenti cartacei e su tutti quei dati che non provengono necessariamente dai classici sistemi informativi interni o esterni all’organizzazione come ERP, CRM o MES. L’IDP combina una serie di tecnologie per offrire una risposta su misura completamente integrata con le architetture aziendali preesistenti. In pratica, l’intelligent document processing permette non solo di gestire qualunque tipo di documento, a prescindere dal formato e dal canale impiegato, ma anche di riconoscerlo, di capirne il tono, e di classificarlo correttamente nei workflow approvativi e di processo.