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La stampa 3D rivoluziona le suole delle scarpe fashionERT

Sin dall’inizio della sua avventura imprenditoriale nel 2003, Prosilas ha scelto di non specializzarsi in un settore produttivo particolare preferendo proporsi come service a clienti dei settori più diversi. Così, l’azienda capitanata da Vanna Menco ha mantenuto una flessibilità che si è dimostrata particolarmente vincente quando, nel passaggio da service di prototipazione ad alleato di produzione, è stata commissionata la suola di una scarpa per il brand del fashion Philipp Plein.

Quando è iniziata la collaborazione con Philipp Plein, nel 2020, Prosilas ha abilitato per la prima volta l’utilizzo del materiale gommoso TPU, creando una suola stampata tutta in 3D. L’obiettivo era quella di creare delle capsule collection di calzature estremamente ricercate, dedicate solo a una nicchia specifica della clientela del marchio, con sede a Lugano. Al centro del lavoro non c’era dunque un modello bensì il risultato che si voleva ottenere in termini di prestazioni, adeguando il materiale allo stile e alle preferenze.

Ovviamente, la suola è uno degli elementi cruciali di una calzatura e uno dei più stressati dall’utilizzo. È stato quindi condotto uno studio dettagliato e un profondo lavoro su design e processo per garantirne la replicabilità. Anche per questo motivo, Prosilas ha affiancato l’azienda che avrebbe poi realizzato la calzatura finale, affrontando e risolvendo insieme problematiche specifiche di lavorazione che abitualmente non riguardano chi realizza i prototipi.

Innanzitutto, si è riusciti ad ottenere una suola non piena, bensì a reticolato, completamente fuori dagli standard di un suolificio tradizionale. Si è trattato di un’occasione unica di innovare lo stile grazie alle possibilità offerte dalla stampa 3D. In questo modo, la strada è stata spianata per realizzare pezzi unici, impensabili (o infinitamente più costosi) quando tutto il procedimento di creazione deve passare da uno stampo iniziale.

In un tipo di lavoro come questo si crea un progressivo bagaglio di know how completamente nuovo ma spendibile in tutti gli esperimenti successivi. Così, ad esempio, per le scarpe Philipp Plein, sono state condotte diverse prove sulla tenuta dei colori delle suole, in particolare il bianco – che non deve ingiallire – e il nero – che non deve stingere, quindi non può essere verniciato.

Determinante l’approccio aziendale improntato al problem solving. “Non esistono porte chiuse”, spiega la CEO Vanna Menco, “In questo l’imprinting di mio padre è stato fondamentale, perché – continua – “adora spaccarsi la testa sui problemi” e non a caso guida ancora il reparto Ricerca e Sviluppo. Il nostro passaggio da fornitori ad alleati è stato reso possibile da un know how sviluppato per affiancare il cliente in tutte le fasi della produzione e mettere a sua disposizione l’abilità nella valutazione, oltre alla competenza nella stampa 3D. Così, siamo passati dalla consulenza in fase di prototipo alla consulenza per tutto lo sviluppo del prodotto, mettendo a disposizione anche le conoscenze su specifici passaggi, ad esempio il blend del materiale da utilizzare per ottenere un certo risultato.