Va detto che di questa edizione italiana 2009 ultimamente se ne sono dette e sentite un po’ su tutti i fronti. “Nel bene o nel male, purché se ne parli”: da gran prima donna qual è, la Emo non si è certo sottratta a questa regola. Anzi è sembrata proprio alimentarsene. A partire dalle difficoltà -a volte devastanti- che hanno interessato il mercato e i suoi protagonisti, per proseguire con la caduta della tanto discussa e controversa clausola 7.1 (il divieto per gli espositori Emo di presentare in altre manifestazioni gli stessi prodotti in un arco temporale ben definito, N.d.R.), passando per i ‘gossip’ relativi alle presenze confermate e alle rinunce, per finire con lo sbarco su facebook e YouTube e la messa a punto da parte degli organizzatori di un pacchetto low-cost per favorire la partecipazione delle piccole aziende, soprattutto nazionali, mediante una formula di presenza ‘all-inclusive’ a costi estremamente competitivi.
Le aziende nazionali, abbiamo poc’anzi detto: proprio qui sta il punto nodale della questione. Perché se una verità vera su tutto ciò che si è detto finora della Emo esiste, ebbene questa è proprio quella che riguarda la partecipazione del plotone italiano, che ahimè si è incredibilmente assottigliato con una defezione di circa 200 unità sul totale delle 600 presenze che avevano caratterizzato la Emo milanese di sei anni fa.
Ma che succede: ora che abbiamo il mondo a portata di mano (non vorremmo sbagliarci, ma è un dato di fatto che ben oltre il 50% dei visitatori proviene dai paesi esteri così come oltre il 70% degli espositori), ora che dobbiamo più che mai contrastare con i fatti e non con le parole l’avanzata dei produttori asiatici (tanto per gradire Cina e Taiwan in questa edizione raddoppiano il numero degli espositori!) battiamo in ritirata, e proprio in casa nostra!
Beninteso, la situazione la conosciamo tutti benissimo, visto che tutti quanti la stiamo vivendo: le difficoltà stanno accomunando indistintamente qualsiasi azienda nella ricerca di tutte le possibili forme di ottimizzazione e risparmio. Però, mettere sullo stesso piano dei costi (da tagliare) un investimento come la Emo e le spese di catering per l’annuale open day aziendale, ebbene francamente non è comprensibile.
Un’esortazione è dunque rivolta a tutte le aziende che ancora non si fossero iscritte: pensate bene a ciò che state facendo. Vorreste forse uscire da casa vostra lasciandola sguarnita e per di più con la porta aperta? Se sì però non lamentatevi se qualcuno entrerà a rubarvi l’argenteria.