Non si arresta la corsa del mercato italiano dell’Internet of Things. Nel 2023 ha raggiunto un valore di 8,9 miliardi di euro, +9% rispetto al 2022. Tra i diversi ambiti, la fetta più grande del mercato è rappresentata dalla Smart Car, con un fatturato di oltre 1,5 miliardi di euro, 18% del totale. Al secondo posto, le applicazioni IoT nel mondo utility (Smart Metering e Smart Asset Management) con 1,38 miliardi di euro (+1%).
Nel 2023 sono stati installati altri 750.000 contatori gas connessi, portando la diffusione all’87% del parco complessivo, e 1,7 milioni contatori elettrici di seconda generazione, raggiungendo quota 71%. Novità arrivano anche sul fronte idrico, con 850.000 contatori smart installati nel 2023 (raggiunta quota 17% del totale) e prospettive di crescita per il futuro.
Seguono Smart Building (1,3 miliardi, -1%), Smart City (950 milioni, +15%), Smart Factory (905 milioni, +16%), Smart Home (810 milioni, + 5%), Smart Logistics (770 milioni, +8%), Smart Agricolture (570 milioni, +6%) e Smart Asset Management (330 milioni, +7%).
Gli oggetti connessi attivi in Italia sono 140 milioni, poco più di 2,4 per abitante. A fine 2023 si contano 41 milioni di connessioni IoT cellulari (+5% rispetto al 2022) e 100 milioni di connessioni abilitate da altre tecnologie di comunicazione (+17%). Tra queste, una spinta importante arriva dalle reti LPWA (Low Power Wide Area) che vedono una crescita significativa, passando da 2,4 milioni a 3 milioni di connessioni.
Parallelamente, l’offerta di soluzioni IoT continua a evolvere, con un numero crescente di aziende in grado di raccogliere grandi quantità di dati dagli oggetti connessi, grazie ai quali è possibile integrare la propria offerta con nuovi servizi di valore. Questo approccio ha un impatto diretto sui numeri del mercato: i servizi raggiungono quota 4 miliardi di euro (+14% vs 2022).
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano.
“Se si considera la riduzione degli incentivi legati al Piano Transizione 4.0 e al Superbonus nel corso dell’anno, il risultato è particolarmente positivo – afferma Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio IoT -. Guardando al futuro, una prima grande sfida da cogliere riguarda la valorizzazione dei dati raccolti dai dispositivi. Da un lato, l’utilizzo dei dati può migliorare le performance del business attuale tramite, ad esempio, l’efficientamento delle operations o il miglioramento dell’offerta. Dall’altro, permette alle imprese di espandere il proprio business o modificarne la natura, abilitando servizi aggiuntivi per i propri clienti e nuovi modelli di business basati sulla servitizzazione. Su questi temi c’è ancora molta strada da fare, anche se iniziano ad arrivare sul mercato nuove soluzioni sempre più avanzate in grado valorizzare concretamente i dati raccolti”.
“Altre due grandi sfide che il mercato dovrà affrontare riguardano l’integrazione tra IoT e Intelligenza Artificiale da un lato, e un maggior focus sulla sostenibilità (in primis ambientale) dall’altro – osserva Angela Tumino, Direttrice dell’Osservatorio IoT –. E’ infatti proprio grazie all’effettiva capacità di sfruttare l’enorme potenziale derivante dall’integrazione tra IoT e AI che si porranno le basi per lo sviluppo del mercato futuro, grazie a nuovi scenari di utilizzo e ai numerosi benefici derivanti dall’impiego di dispositivi sempre più intelligenti. Anche la sostenibilità è sempre più al centro dell’attenzione di imprese e cittadini, e l’IoT può giocare un ruolo importante. Occorre però saper sbloccare questo potenziale, con il contributo di imprese, enti regolatori e pubbliche amministrazioni”.
Nonostante la crescita del valore di mercato, nel 2023 si assiste a un rallentamento nel lancio di nuovi progetti Industrial IoT sul territorio italiano: il 18% delle grandi aziende ha avviato progetti nel corso dell’ultimo anno, dato in diminuzione rispetto al 31% del 2022 e al 21% del 2021.
“Questo calo è da imputare in primis al dimezzamento degli incentivi – evidenzia Giovanni Miragliotta, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things – che da alcuni anni hanno ormai un impatto diretto sull’avvio di nuovi progetti. A testimonianza di ciò, quasi la metà delle imprese (48%) ha attribuito un ruolo chiave agli incentivi nella decisione di attivare progettualità di Smart Factory in passato. Nel biennio 2024-25, grazie al nuovo Piano di Transizione 5.0 che prevede lo stanziamento di 6,3 miliardi di euro, ci si augura che questa tendenza potrà essere finalmente invertita. Oltre all’acquisto di beni strumentali materiali o immateriali 4.0, i fondi dovranno essere destinati anche a beni necessari per l’autoproduzione e l’autoconsumo da fonti rinnovabili e alla formazione del personale in competenze per la transizione verde.”
La metodologia di calcolo degli incentivi pone l’efficientamento energetico al centro delle progettualità portate avanti dalle imprese. Già oggi 8 grandi aziende su 10 dichiarano un impegno significativo verso la tutela dell’ambiente e verso gli obiettivi ESG (Environmental, Social and Governance). Anche le azioni intraprese finora per ridurre la propria impronta ecologica si legano con gli obiettivi di efficientamento e di ottimizzazione indicati dal piano Transizione 5.0: ai primi posti la riduzione dei consumi energetici (86%, con impatti sia sull’ambiente sia sulla riduzione dei costi) e l’utilizzo di energia pulita (85%). Seguono l’utilizzo di materie prime riciclate e materiali di recupero (58%) e la riduzione delle emissioni inquinanti (57%).
Considerando invece le aziende produttrici di macchinari operanti in Italia, il 60% delle imprese coinvolte ha una conoscenza discreta o elevata delle soluzioni IoT e quasi 1 azienda su 2 (46%) connette la maggior parte (31%), se non tutti (15%), i macchinari che realizza. Percentuale che aumenta ulteriormente se si include anche chi connette solo una piccola parte dei macchinari prodotti, arrivando a toccare quota 75% (3 aziende su 4). Se la percentuale di aziende che produce macchinari connessi è già oggi rilevante, anche in questo caso è invece necessario lavorare di più per sfruttare realmente il potenziale dei dati raccolti: quasi 1 azienda su 2 (49%) non ha accesso ai dati generati dai macchinari in uso dai clienti. Inoltre, tra coloro che li utilizzano, più di 1 su 2 (58%) non sfrutta i dati per sviluppare versioni migliorative del macchinario/impianto o non sa se sono effettivamente impiegati per questo scopo. Del restante 42%, soltanto nel 10% dei casi le aziende utilizzano i dati raccolti per sviluppare versioni migliorative sfruttando la tecnologia Digital Twin.
Risulta invece positivo l’approccio dei produttori verso i nuovi servizi: la maggior parte delle aziende che ha venduto macchinari connessi ha abbinato anche servizi aggiuntivi (64%), quali la manutenzione preventiva (36% del campione) e di tipo informativo (26%).
Rimane grande l’interesse verso le potenzialità di impiego del 5G per supportare le applicazioni IoT. Con il venticinquesimo anniversario della nascita del 3GPP (3rd Generation Partnership Project) arriva a completamento la definizione della Release 18 del 5G. “Questa specifica ha l’obiettivo di migliorare le prestazioni di rete in termini di qualità del segnale e data-rate – spiega Antonio Capone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things – e di fornire supporto a nuove applicazioni e use case. Il 5G Advanced, inoltre, introduce miglioramenti che consentono una maggiore differenziazione della qualità del servizio sulla rete, utili per le applicazioni di realtà virtuale e aumentata, il positioning indoor e le reti di sensori industriali”.
Sul fronte dell’interoperabilità, aumenta il numero di reti pubbliche e private a supporto delle applicazioni. In particolare, è in aumento il numero di installazioni di Mobile Private Network (MPN), principalmente in ambienti industriali e in grandi aree prive di connettività pubblica. Tra le applicazioni più diffuse spiccano la robotica collaborativa, il monitoraggio e controllo degli asset in tempo reale, nonché soluzioni di assistenza remota/e-learning con realtà virtuale e aumentata. Complessivamente, però, i numeri delle installazioni MPN sono ancora contenuti: meno di dieci in Italia e qualche centinaio su scala globale.
L’integrazione dell’Intelligenza Artificiale e – in alcuni casi – della Generative AI nelle soluzioni Internet of Things costituisce una delle sfide cruciali per i produttori di dispositivi smart. Se opportunamente colta, può generare importanti benefici sia per le aziende che per i consumatori. Ad esempio, in ambito consumer l’integrazione della Generative AI negli smart home speaker apre la strada a interazioni più intuitive, conversazionali e naturali con i dispositivi. Oltre che negli ambienti domestici, anche nelle auto connesse la Generative AI può essere impiegata per creare automaticamente contenuti multimediali, come playlist musicali personalizzate o la diffusione di annunci vocali contestualmente rilevanti in base allo scenario di guida. Nei contesti B2b, l’Intelligenza Artificiale si configura come un valido alleato, ad esempio, durante l’installazione di asset o contatori connessi nel contesto Utility, o di macchinari industriali in quello manifatturiero. In ambito industriale, le tecnologie AI assumono un ruolo chiave anche in processi di manutenzione – specialmente quella predittiva e prescrittiva – generando avvisi e raccomandazioni in tempo reale e consentendo alle aziende di intervenire prima che si verifichino guasti critici.