Automazione Plus

Il futuro della manifattura è ‘kaizen’ERT

La manifattura del futuro è digitale, basata sui dati e su un’innovazione ‘kaizen’, ovvero umano-centrica e volta al miglioramento continuo di prodotti, processi e servizi, con un occhio alla sostenibilità

Trasformazione digitale, convergenza IT-OT, automazione: questi i temi focali dell’evento organizzato da Omron, in collaborazione con i partner FasThink e Kaizen Institute, presso il proprio Innovation Lab (Ilab) a Milano, intitolato ‘Sfide e soluzioni per guidare l’industria verso flessibilità ed efficienza’. Obiettivo della giornata era riflettere sul futuro del manifatturiero, laddove, oggi, fabbriche e aziende non possono che evolversi per migliorare prodotti, processi e servizi. “L’innovazione non rappresenta più un ‘plus’ per le aziende, bensì un’esigenza per mantenersi competitive” ha subito sottolineato Luca Fraticelli, system integrator manager di Omron. “Per produrre in modo più efficiente, riducendo i costi e ottimizzando le risorse, l’unico modo è innovare abbracciando la digitalizzazione”. Lungi dall’essere delle ‘dark factory’, dove l’uomo è relegato a comparsa, “le fabbriche del futuro” ha proseguito Fraticelli “sono modulari, fatte a ‘isole’ capaci di produrre in modo autonomo e indipendente le une dalle altre, per potersi allineare rapidamente all’evolversi delle esigenze della mass customization. Queste fabbriche ‘smart’ devono saper gestire in modo efficiente lotti pari a 1, con processi di riconfigurazione veloci e l’uso di tecnologie abilitanti che si adeguino alle esigenze degli operatori facilitandone i compiti, per consentire loro di svolgere attività a maggiore valore aggiunto, di gestire al meglio i flussi e l’organizzazione del lavoro”.

Una trasformazione umano-centrica

La trasformazione digitale deve porre il lavoratore al centro: è da lui che la digitalizzazione deve partire, dalle sue necessità e dagli aspetti che egli individua come aree di potenziale efficientamento: “L’approccio ‘kaizen’, parola che significa ‘cambiare in meglio’, nasce in Giappone in relazione all’organizzazione del lavoro adottata negli stabilimenti Toyota degli anni ’80” ha spiegato Bruno Fabiano, managing director & founding partner di Kaizen Institute, società consulenziale attiva a livello internazionale, che punta ad aiutare i clienti a migliorare le performance industriali in maniera sostenibile, ponendo le persone al centro del cambiamento e sfruttando la tecnologia come supporto. “Le elevate prestazioni produttive di quello stabilimento derivavano dall’ottimizzazione del processo decisionale interno, aspetto legato in larga ai dati, alla loro definizione e alla capacità di interpretarli”. Oggi, saper raccogliere i dati giusti, nel modo giusto, e saperli analizzare e trasformare in informazioni utili da far arrivare alla persona giusta, nel momento più opportuno, è la ‘ricetta’ per elevare la qualità del processo produttivo e decisionale. Per farlo, occorre in primis individuare i parametri di riferimento dello specifico processo, e capire così dove intervenire per poterne sfruttare appieno le potenzialità, adottando le tecnologie più confacenti. L’obiettivo è raggiungere un’efficienza di flusso che, come ha spiegato Fabiano, “significa mantenere l’efficienza soddisfacendo una domanda reale, ovvero una domanda con un mix, con delle variazioni, delle personalizzazioni, mettendo insieme tempi e produttività”. Nella logica Kaizen, i lavoratori stessi sono chiamati a farsi carico dell’innovazione in un’ottica di partecipazione attiva al cambiamento aziendale verso il miglioramento della qualità del loro stesso lavoro, che si traduce poi in produzioni più efficaci ed efficienti. “Il punto di partenza è sempre l’uomo: bisogna motivarlo e coinvolgerlo nel processo di innovazione per individuare gli interventi da fare; è il lavoratore stesso, infatti, a doverli condividere e ad adattarvisi, pena l’insuccesso della trasformazione” ha proseguito Fabiano. “Quindi il processo di innovazione/miglioramento prosegue per piccoli step, adattamenti, avanzamenti e ripensamenti applicati a progetti pilota che, una volta assestati, potranno essere ampliati all’intera fabbrica, proseguendo per gradi, inserendo poco alla volta le tecnologie e i cambiamenti all’interno dei flussi produttivi, tenendo sempre sott’occhio l’organizzazione del lavoro”. Sono le persone a dover ‘assorbire’ il cambiamento, e per questo devono essere accompagnati nel tempo nel processo di adattamento, per cui i produttori devono prestare particolare attenzione a non creare momenti di ‘abbandono della sfida’ e a realizzare un’automazione e una trasformazione digitale sempre ‘accessibili’, facendo dialogare le diverse generazioni di lavoratori, cogliendo il meglio dalle ‘vecchie’ così come dalle ‘nuove’. Lo insegna anche l’esperienza descritta da Bticino: “Per la trasformazione dello stabilimento produttivo Legrand di Bergamo abbiamo seguito il criterio della gradualità” ha illustrato Paolo Cortinovis, responsabile Area Industriale Protezione e Potenza. “L’esigenza iniziale era quella di migliorare la performance, la flessibilità e, di conseguenza, aumentare la competitività dell’azienda sul mercato. Il percorso di cambiamento, iniziato 6 anni fa, ci ha condotto a un ripensamento dei processi produttivi, mettendo al centro il flusso di lavoro e i team coinvolti, puntando alla soddisfazione del cliente finale. Siamo arrivati a un’organizzazione per celle di produzione, dove ogni gruppo è focalizzato su una famiglia di prodotti, di cui segue l’intero iter produttivo, occupandosi anche del miglioramento, circostanza che rende ciascuno più responsabilizzato e maggiormente coinvolto. L’approccio verso la digitalizzazione e i progetti 4.0 è stato progressivo, inserendo un’automazione ‘light’ a supporto del lavoro umano, creando un contesto in cui la tecnologia è fattore abilitante e porta vantaggi sia al processo, sia al lavoro delle persone su fattori quali sicurezza, qualità, informazione e conoscenza” ha concluso Cortinovis.

La cultura del dato

“Il dato giusto, al momento giusto, alla persona giusta” ha riassunto Franceschini. “I dati nel manufacturing richiedono analisi e modellazione in base alle specifiche applicazioni, devono essere rielaborati e ‘puliti’ per ottenere i migliori risultati possibili” ha illustrato Giovanni Broggiato, CEO di Cosmelux, eccellenza nel settore della laccatura e della metallizzazione UV di packaging per la cosmetica. Un progetto di data science, poi, non può avere successo senza un obiettivo chiaro. “Per noi il controllo dei Big Data si è rivelato fondamentale. In particolare, per permetterci di identificare quelle produzioni che si prestavano a delle automazioni, era vitale raccogliere in maniera affidabile i dati dal campo”. La qualità del dato è fondamentale per eseguire analisi corrette e ricavare informazioni utili a migliorare il processo o la gestione della macchina. Occorre dunque, di volta in volta, decidere come raccoglierlo: “Ogni processo – si pensi, per esempio, al farmaceutico – presenta dei dati critici, dei parametri di riferimento e dei valori che non devono essere alterati, pena la qualità del prodotto finale. È quindi fondamentale basare ogni iniziativa di innovazione sui giusti indicatori” ha sottolineato Marco Marella, general manager di FasThink, società nativa digitale, nata nel 2010, che affianca le aziende nel passaggio verso la digitalizzazione con soluzioni ‘dell’ultimo miglio’, che mettono in connessione lo shop floor con i sistemi informativi aziendali di livello superiore, per una migliore ‘orchestrazione’ dei processi. “Il concetto di flexible manufacturing è in costante evoluzione per abilitare flussi di lavoro flessibili, che possono passare senza soluzione di continuità da un prodotto all’altro, reggendo al contempo la sfida del risultare economicamente vantaggiosi. La trasformazione digitale, il collegamento sempre più forte tra il mondo OT e IT e l’automazione saranno, quindi, una chiave indispensabile per ottimizzare i costi di gestione e mantenimento degli impianti, ma non a scapito delle persone. Le macchine sapranno elevare le capacità e il potenziale umano ancora più di prima” ha evidenziato Fraticelli.

Innovare nella sostenibilità

E non è tutto, perché la trasformazione digitale porta verso la sostenibilità, come dimostra l’esempio di Cleca, azienda che è punto di riferimento nel settore alimentare: “Da processi basati sui principi di efficienza e di ottimizzazione della capacità produttiva, siamo gradualmente passati alla sostenibilità intesa come linea guida di tutto il nostro percorso evolutivo” ha rivelato Michele Franceschini, COO di Cleca. “L’attenzione ora è rivolta verso l’efficienza energetica, la riduzione degli sprechi e la lean production: sono queste le leve che, a loro volta, scatenano l’innovazione”. La riduzione del consumo di energia e di materia prima e la diminuzione degli sprechi e dei rifiuti ha infatti un impatto positivo sui ricavi, da qui l’obiettivo di raggiungere una produzione sostenibile a guida del processo di innovazione aziendale. Il traguardo è raggiungibile attraverso molteplici strumenti digitali, che però non possono prescindere da una connessione: quella tra strumenti OT, fisici e IT, ecosistemi che possono rimanere separati, ma che vanno necessariamente collegati nell’ottica della digitalizzazione della fabbrica. Per favorire questo Omron propone il concept ‘iAutomation’, dove la i sta per ‘integrato, intelligente e interattivo’, logica condivisa con distributori e system integrator partner. “Il trend della digitalizzazione richiede la creazione di servizi avanzati, che noi chiamiamo i-belt, fondati sulla data science, che integrano nell’ecosistema Omron uomo, macchina e digitale” ha concluso Fraticelli.

FasThink – www.fasthink.com Kaizen Institute – https://it.kaizen.com Omron – https://industrial.omron.it

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