La digital transformation e le nuove aspettative delle giovani generazioni stanno cambiando il lavoro dei manager HR. Così, mentre il tema dell’engagement dei lavoratori diventa centrale nelle strategie delle Risorse Umane, i manager HR sono portati a focalizzarsi sempre di più su employer branding e gestione dei talenti, con una particolare attenzione verso quell’esigenza di flessibilità, nei modelli organizzativi e nei flussi di lavoro, che oggi è rappresentata in larga parte dall’attivazione di policy legate allo smart working. A segnalare questo trend sono gli stessi Direttori Risorse Umane interpellati per la ricerca “Future of work and HR Tech 2020” realizzata da Business International (divisione Fiera Milano Media – Gruppo Fiera Milano) e Osservatorio Imprese Lavoro Inaz nel corso del Rome Business Summit, l’evento organizzato da Business International per coinvolgere e mettere a confronto i professionisti delle aree Finance, Procurement e HR.
La survey, che ha coinvolto oltre 100 direttori HR di aziende italiane ed è stata curata da Fabrizio Lepri, docente di Ingegneria Gestionale presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, delinea le priorità delle aziende, le maggiori aree di investimento in ambito risorse umane, gli obiettivi e le competenze richieste, e presenta inoltre un focus sulla gestione del talent management e dei piani di successione nelle imprese.
Giunta alla seconda edizione, l’analisi fa emergere novità significative rispetto a quella del 2018. Se infatti lo smart working viene ancora indicato come prima priorità fra le iniziative da introdurre in ambito HR (64% delle risposte), immediatamente dietro, e in crescita, troviamo il welfare (indicato dal 60% dei rispondenti), il performance management (60%) e il digital learning (57%).
“Se l’anno scorso il principale tema emerso dalla ricerca era quello della digitalizzazione, quest’anno a essere sotto i riflettori sono i cambiamenti che i Millennial e i giovani della Generazione Z portano nel mondo del lavoro” spiega Linda Gilli, presidente e amministratore delegato di Inaz. “Le imprese infatti devono confrontarsi sempre di più con richieste quali un migliore equilibrio fra vita personale e lavorativa, maggiore attenzione alla diversity, necessità di strumenti di lavoro e collaborazione basati su web e cloud, nuove piattaforme per il welfare, percorsi di life-long learning e metodi migliori per valutare, riconoscere e valorizzare le competenze“.
Viene riconosciuto quindi il valore strategico del talent management, ma c’è una contraddizione: alla domanda su come vengono prese le decisioni critiche in questo ambito, solo il 7% degli intervistati risponde che in azienda vengono utilizzati in modo sistematico e strutturato i dati relativi alla performance e al potenziale. Decisioni strategiche, dunque, vengono spesso prese in modo molto soggettivo e senza un lavoro di analisi sui dati. “È qui che emerge il ruolo chiave che la funzione HR deve assumere nell’accompagnare i manager di linea, ruolo che deve essere supportato con dati il più possibile oggettivi e con la conoscenza approfondita dei collaboratori” conclude Gilli. “Chi si occupa di HR è chiamato a trovare il giusto equilibrio tra tecnologia e persone, per uno sviluppo armonioso dell’azienda. In Inaz sappiamo bene che rendere fluidi i processi, abilitare la collaborazione in ogni sua forma, navigare i dati e trarne indicazioni strategiche, mettere a disposizione strumenti che supportano lo smart working e la conciliazione vita-lavoro sono tutte leve importantissime per favorire engagement, motivare, stimolare i collaboratori. E, quindi, per crescere ed essere competitivi in un mercato dove a contare, sempre di più, sarà la “human energy” che le organizzazioni saranno in grado di generare e valorizzare”.
Lo studio, infine, prosegue chiedendo ai direttori HR di indicare gli obiettivi della loro area per i prossimi 3 anni. Al primo posto c’è l’innovazione dei modelli di organizzazione del lavoro (64%), mentre il secondo obiettivo (60% delle risposte) è legato all’attrattività per i talenti: un’indicazione che si riflette anche nelle risposte alla domanda successiva, sulle competenze che l’area HR deve acquisire, e che vede al primo posto proprio “lavorare sull’employer branding” e “maggiore comunicazione interna ed esterna” a pari merito con il 57% delle risposte. Un’indicazione chiara, questa, di come la capacità comunicativa oggi sia fondamentale per porre l’uomo al centro di un processo evolutivo sempre più improntato verso il digitale. Un percorso che si rende cruciale, sia per il futuro delle nuove generazioni di professionisti, sia per la crescita delle aziende, in un mondo nel quale la digitalizzazione pervade ogni ambiente e settore, e la creatività e la capacità di empatia rappresentano la vera chiave per un successo capace di dare vita a una nuova cultura manageriale e d’impresa.
La ricerca completa è scaricabile qui